PIGNATONE GARANTISTA! - L'ISCRIZIONE SUL REGISTRO DEGLI INDAGATI NON PUÒ ESSERE UN SEMPLICE “ATTO DOVUTO” – CIRCOLARE DEL PROCURATORE CAPO DI ROMA CHE “STIMOLA” I PROPRI PM AD APPROFONDITE ANALISI PRIMA DI ISCRIVERE UN INDAGATO
Michela Allegri per il Messaggero
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L'iscrizione sul registro degli indagati non può essere un semplice «atto dovuto», ma deve essere il risultato di indagini puntuali. Perché «procedere a iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute». L'ha scritto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, in una circolare diramata il 2 ottobre ai magistrati del suo ufficio, che ogni anno alle prese con più di 350mila notizie di reato.
«Questa considerazione porta anzitutto ad escludere che l'iscrizione di un nominativo rappresenti atto dovuto - si legge nel documento - con riferimento al soggetto cui il privato o la polizia giudiziaria attribuiscono il reato nella denuncia o nella querela».
NO ALLA LETTURA MECCANICA
Per il procuratore, infatti, l'automatismo tra una denuncia e l'iscrizione è «un'errata conclusione, che talora si riscontra nella prassi». Di più: «È frutto di una interpretazione impropria dell'articolo 335 del Codice di procedura penale», cioè della norma che impone l'immediata iscrizione di colui al quale il fatto è attribuito».
Pignatone invita i magistrati romani a evitare una «lettura meccanica» delle norme sulle notizie di reato e l'iscrizione nel registro degli indagati, rispondendo solo alla logica dell'«atto dovuto». L'iscrizione, infatti, deve sempre essere «supportata da elementi indizianti di carattere specifico». La circolare è rimasta confinata ai corridoi di piazzale Clodio, finché, ieri ne ha parlato un articolo pubblicato da «Questione Giustizia», rivista di Magistratura Democratica, che ne analizza i contenuti e spiega come si tratti del primo documento su questo tema, dopo che nei mesi scorsi il capo della procura di Roma ne aveva diffuso uno analogo in tema di intercettazioni.
«CONNOTAZIONE NEGATIVA»
Il documento firmato dal procuratore capo di Roma, risponde alle disposizioni contenute nella riforma penale varata dal Parlamento e in vigore da agosto. Ma quella capitolina è la prima procura a dare concreta attuazione alla legge. Se è vero, scrive in premessa Pignatone, che l'iscrizione al registro degli indagati deve essere «assolutamente tempestiva», tanto più per una procura come quella della Capitale tenuta a «vagliare, ogni anno, oltre 350.000 notizie di reato».
Nella circolare si sottolinea che se è vero che l'iscrizione in un procedimento ha di per sé funzione di garanzia, «non può essere trascurato che la condizione di indagato è connotata altresì da aspetti innegabilmente negativi», con «effetti pregiudizievoli non indifferenti» sia sul piano professionale che di reputazione. Considerazioni che «impongono di abbandonare una concezione formalistica imperniata sull'approccio ispirato a una sorta di favor iscritionis, criterio non formalizzato ed estraneo al sistema.
«NON DECIDE CHI DENUNCIA»
L'interpretazione del capo della procura di Roma, sebbene poggiata sulla nuova legge, taglia di netto su anni di ambiguità. «Procedere a iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute», scrive il procuratore: non è vero dunque, che i pm debbano considerare atto dovuto mettere sul registro degli indagati «il soggetto cui il privato o la Polizia Giudiziaria attribuiscono il reato nella denuncia o nella querela».
Questa, anzi, è «una errata conclusione, che talora si riscontra nella prassi». «Siffatta lettura meccanica della previsione normativa contrasta con le indicazioni della Corte di Cassazione e ancor più con il sistema in quanto finisce per attribuire impropriamente alla Polizia giudiziaria - o, addirittura, al privato denunciante - il potere di disporre delle iscrizioni a mod. 21», relative cioè a notizie di reato contro noti. «Potere che, viceversa, - conclude il procuratore - non può che essere esclusivo del pubblico ministero ed al cui ponderato esercizio questo ufficio non intende sottrarsi».