POCHE IDEE E CONFUSE - ARMATA BRANCALEONE CONTRO MATTEO – PATTO DEI GOVERNATORI ANTI RENZI: EMILIANO (PUGLIA) E ROSSI (TOSCANA) INSIEME AL BALLOTTAGGIO POI ANDREA ORLANDO A PALAZZO CHIGI – OPPURE, IL MINISTRO APPRODA ALLA SEGRETERIA PER EVITARE SCISSIONE A SINISTRA DEL PD
Amedeo La Mattina per la Stampa
Dovevano esserci i tre anti-Renzi all' ex Casa del Popolo e del Pci, ora sede dell' Arci, nel rione periferico Cintola di Firenze. Nella città del segretario, a parlare di un altro Pd, di un altro leader, di un' altra linea politica, c' erano Enrico Rossi e Michele Emiliano, i due governatori della Toscana e della Puglia che hanno indossato l' elmetto. Non c' era Roberto Speranza (non stava bene) ma ha mandato un messaggio nel quale ha smontato tutto quello che ha fatto il governo Renzi: dal Jobs act, alla buona scuola, alle politiche fiscali e alle riforme istituzionali.
Tutto sbagliato (tranne le unioni civili), con la conseguenza di aver fatto perdere al Pd la fiducia di milioni di italiani. «Abbiamo sommato rotture a rotture e perso un pezzo del nostro popolo. Ora si tratta di capire, a partire dalla direzione, se siamo in grado, tutti insieme, di mettere il treno sui binari ed evitare che questo straordinario patrimonio di energie che è il Pd perda definitivamente la sua anima». Speranza dovrà trovare un accordo con i due governatori presenti ieri all' incontro dal titolo evocativo «può nascere un fiore, di nuovo la sinistra».
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI
Un fiore che è anche un candidato unitario al congresso in grado di sfidare Renzi. Le ipotesi che circolavano ieri erano diverse. Il candidato con maggiori chance, se non di vincere ma di fare un buon risultato, è Emiliano. Ieri le circa 300 persone che hanno affollato la sala erano entusiaste quando ha parlato il governatore pugliese.
Applausi a scena aperta quando ha chiesto il permesso di usare un' espressione fuori moda. «Siamo gli eredi della Resistenza, la Costituzione incarnata, e non possiamo pensare di usare una legge elettorale per sequestrare il Parlamento e il partito». Poche ore prima a RaiNews24 aveva detto che «una campagna elettorale fatta con l' immagine di Renzi per noi sarebbe una rovina».
Poi una battuta che apre ad altre ipotesi. «Anche le correnti che lo hanno sostenuto sanno che Renzi non può continuare a guidare il partito. Sanno di avere un leader che normalmente sbaglia le scelte e ci porta alla sconfitta». Ecco allora aprirsi uno scenario che vedrebbe protagonista Andrea Orlando. Se alla direzione l' ex premier dovesse costringere il partito ad un congresso in primavera e far precipitare il Paese ad elezioni a giugno, provocando la scissione, Orlando è pronto a passare con la sinistra dem.
Emiliano si augura che il ministro lo sostenga nella corsa alla segretaria. Addirittura ieri c' era chi immaginava questo scenario: se Emiliano dovesse diventare segretario, Orlando sarebbe indicato come candidato premier.
Scenari che venivano disegnati ieri in quella periferia di Firenze. Desideri che però devono fare i conti con Renzi. Rimane il fatto che ieri in quella casa del Popolo c' era un grande fermento attorno alle candidature congressuali. Senza escludere che alla fine a correre potrebbero essere in due: Emiliano o Speranza da una parte e Rossi dall' altra.
Due candidature che poi, al ballottaggio delle primarie, unirebbero le forze. Al governatore toscano non piace infatti la «santa alleanza» di tutti gli oppositori: sarebbe una regalo a Renzi. E lui si candida parlando di socialismo e di rottura dell' equilibrio tra capitalismo e democrazia. Emiliano ha usato un linguaggio che ha riscaldato la platea: «Ci siamo dimenticati degli ultimi, di chi non conta niente mentre siamo stati più attenti ai petrolieri, i banchieri, i finanzieri e, ultimamente, ai golfisti».
Tutti hanno invocato una sola squadra e una sola candidatura. Lo hanno chiesto i due organizzatori dell' incontro, il deputati Francesco Laforgia e Filippo Fossati. No ad un «congresso lampo», ha detto Laforgia, che ha consigliato di lasciar governare Gentiloni fino a scadenza naturale.
Francesco Boccia ha attaccato le scelte di Renzi, sottolineando di non aver visto molta sinistra «quando è stato consentito a JP Morgan di decidere i vertici di Mps salvo poi scoprire che toccava allo Stato intervenire mentre i banchieri d' affari scomparivano». Allora via alla guerra del congresso.
Secondo Rossi bisogna andarci con una segreteria di garanzia, come fu quella di Epifani. «Renzi non ci prepari un piatto pronto». Il direttore dell' Unità Sergio Stajno era venuto ad ascoltare, poi è andato via sconsolato. «La gente che c' era qui, e temo non solo qui, è molto più arrabbiata con Renzi degli stessi oratori, ed è tutto dire