POLVERE DI 5 STELLE – NEL MOVIMENTO DILANIATO DALLA GUERRA DI MAIO-CONTE, IL REGGENTE VITO CRIMI FINISCE SOTTO PROCESSO – I FEDELISSIMI DI LUIGINO (CRITICO SULLE INTESE CON IL PD) CHIEDONO UN CONGRESSO IN AUTUNNO: "SIAMO SUCCUBI DEL NAZARENO. SERVE UNA GUIDA AUTOREVOLE..." – TORNANO A SOFFIARE VENTI DI SCISSIONE, LA RESA DEI CONTI DOPO LE REGIONALI. E FORSE SARA’ QUELLO IL MOMENTO IN CUI…
Marco Antonellis per Italia Oggi
C' è una nota a piè di pagina in questa lunga storia tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, correlata da alti bassi, da stagioni calde e confortevoli (vedi il taglio dei parlamentari) e momenti gelidi ed ostili (vedi l' ultima giravolta su Autostrade). La nota come tutte le note è molto piccola, ma cela un valore simbolico e non indifferente.
Dopo gli incontri con Mario Draghi, Enrico Letta e il manager Gianni Mion e l' intervista al Foglio, il capo della Farnesina viene visto come il principale avversario di «Giuseppi» a Palazzo Chigi, in un ipotetico - ma da molti auspicato - cambio di governo; da parte sua, Conte viene invece considerato il primo contendente della poltrona di capo politico del M5s.
Fino a qualche mese fa tutto questo sarebbe stato impensabile, non tanto per il premier (già rafforzatosi nella costruzione del secondo governo con il Pd, quando si liberò delle due poltrone di vicepremier; e poi dalla visibilità esasperata avuta durante l' emergenza Covid), ma per Di Maio, finito praticamente nell' oblio dopo la disastrosa sconfitta alle regionali in Abruzzo di un anno e mezzo fa, tra i colpi del fuoco amico e dei suoi più acerrimi nemici, come del resto rivendicato da lui stesso nel discorso di congedo dall' incarico di capo dei grillini.
Nessuno avrebbe infatti mai immaginato che Di Maio riuscisse a risalire la china con così tanta forza e in così poco tempo, in un ambiente peraltro a lui culturalmente ostile (anche gli scranni di Montecitorio sanno che il centrosinistra non è la sua area di valori).
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO ANGELA MERKEL BY OSHO
Di Maio ha saputo adeguarsi perfettamente alle nuove logiche di governo, si è mostrato in grado di stringere rapporti solidi con tutti, da Zingaretti a Franceschini, passando per la De Micheli, Guerini, Renzi e Rosato, mantenendo i suoi legami storici con Giorgetti, Crosetto e non ultimo il presidente Mattarella, senza però mai perdere le origini grilline.
Su Autostrade è stato il primo esponente di governo a uscire dopo il Consiglio dei ministri, prima ancora di Conte.
Sulla Liguria il primo a mostrare perplessità verso un candidato, Ferruccio Sansa, in passato allontanato dal movimento e inviso anche a Beppe Grillo, il quale nelle ultime settimane sarebbe tornato ad avere un rapporto costante proprio con Di Maio. Insomma, è ancora Di Maio a metterci la faccia e a difendere il suo movimento da chi lo attacca.
La silenziosa rivalità con Conte è chiara a tutti, ma ciò che è meno chiaro - ed è questa la nota a piè di pagina - è che inconsciamente il deep state, inclusi i principali quotidiani che questa rivalità tra i due la raccontano - hanno iniziato ad attribuire a Di Maio capacità di leadership istituzionali che il ragazzo prima non aveva saputo mostrare con scaltrezza.
Così come è altrettanto chiaro che Di Maio pubblicamente continua a difendere Conte, dicendosi orgoglioso di averlo proposto a palazzo Chigi per ben due volte. Ciò che si comprende meno è perché Conte non abbia mai difeso Di Maio dai nemici interni al movimento che lo spinsero a lasciare la guida.
Perché Conte non ha ancora detto che non ambisce ad assumere il ruolo di capo dei grillini? Perché nei giorni scorsi c' è chi ha attaccato pesantemente Di Maio sui suoi incontri e non ha profuso parola sulle telefonate tra Conte e Silvio Berlusconi?
Sono trame di un M5S in evoluzione, che molti raccontano verso la scissione e sul quale oggi c' è molta nebulosità.
La debole leadership di Vito Crimi sta evidenziando limiti di ogni genere. Senza un leader forte, è da tempo il gruppo parlamentare a prendere il sopravvento, con conseguenze disastrose sui territori, ormai in guerra perenne con il gruppo dirigente.
Insomma, Conte fa leva sulla poltrona di palazzo Chigi per dirottare M5s a sinistra, Di Maio continua ad ascoltare i territori che vogliono M5s al centro, nel terzo polo, e il gruppo parlamentare ha solo una preoccupazione: mantenere la poltrona. Che in politichese si traduce in un sostegno incondizionato allo status quo, dunque a Conte.
Alle prossime regionali si arriverà alla prova dei fatti. Il voto sarà anche un voto sull' alleanza giallorosa. E vedremo come i territori risponderanno agli eletti a Palazzo. Forse sarà quello il momento in cui la base incoronerà nuovamente Di Maio capo politico. Un Di Maio che oggi, diversamente da ieri, parla con Draghi e il Colle.
CRIMI SOTTO PROCESSO
EMILIO PUCCI per il Messaggero
Tornano a soffiare venti di scissione in M5S. Il fuoco cova sotto la cenere, l'ala contraria ad accordi presenti e futuri - con il Pd ha messo nel mirino Crimi. I big pentastellati evitano di scontrarsi apertamente, lo stesso Di Maio resta fuori dal ring. Ma i suoi fedelissimi in Parlamento si muovono.
«Siamo succubi del Nazareno. Basta essere subalterni. Serve una guida autorevole. Ed è inspiegabile questo pressing nelle regioni per chiudere intese con i dem», il ragionamento. Gira voce di un documento contro il capo politico. La richiesta è quella di convocare subito gli Stati generali, di stoppare qualsiasi operazione che punta a rinviarli nel 2021.
in prima fila roberto speranza nicola zingaretti luigi di maio giuseppe conte 3
E soprattutto di evitare che M5s viri a sinistra, che cambi pelle sotto la regia dell'asse tra il premier Conte e il fondatore M5s Grillo. La guerra per la leadership è partita da tempo ma per ora nessuno è sceso in campo. Però il sospetto di deputati e senatori vicini al ministro degli Esteri è che si voglia congelare tutto. Lo stesso Di Maio, critico sul nome di Sansa il Liguria, non nasconde con i suoi il pericolo che M5S possa perdere la sua anima.
Le Regionali sono un banco di prova ma è sulla prospettiva in vista delle prossime Politiche che si accende lo scontro. Tra chi ormai crede in un asse strutturale con il centrosinistra con Conte punto di riferimento e candidato premier e chi, invece, e' sordo alle sirene dem. Battaglia sui numeri (Con Di Maio a palazzo Madama sono rimasti in cinque o sei, afferma un senatore governista) e tensioni sui dossier sul tavolo. Mentre Di Battista scalda i motori e pensa di rilanciare battaglie identitarie per prendersi il Movimento.
La partita si gioca ora sul voto del 20 e 21 settembre. Con l'ipotesi che le alleanze nelle Marche e in Puglia possano essere decise con un voto sulla piattaforma web, idea che potrebbe essere rilanciata al Villaggio Rousseau organizzato da Casaleggio a Milano il 25 e il 26 luglio. E intanto al Senato il gruppo ha modificato con un voto il regolamento interno. L'assemblea diventa deliberante. I senatori potranno presentare proprie mozioni, la linea politica non sarà più decisa solo dal capo politico «sentiti i capigruppo». «Introduciamo un principio democratico e partecipativo», spiega Dessì promotore dell'iniziativa.
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