DIES IRAN - CHIUDERE LO STRETTO DI HORMUZ SAREBBE UN SUICIDIO PER TEHERAN, E LO FAREBBE SOLO IN CASI ESTREMI - MA IL GIOCO A CHI CE L’HA PIÙ LUNGO CONTINUA: DOPO LE MINACCE DI IERI, OGGI UNA 'PORTAEREI AMERICANA E' STATA INDIVIDUATA' DALLE FORZE IRANIANE DURANTE LE LORO MANOVRE MILITARI VICINE ALLO STRETTO - ISRAELE SA BENISSIMO DI NON POTER DISTRUGGERE TUTTI I SITI NUCLEARI DI AHMADINEJAD, E ABBASSA I TONI: “UN IRAN CON LA BOMBA ATOMICA NON È NECESSARIAMENTE UNA MINACCIA PER IL NOSTRO STATO”, HA DETTO IL CAPO DEL MOSSAD…
1- IRAN: HORMUZ, TEHERAN INDIVIDUA PORTAEREI USA IN ZONA MANOVRE...
(Adnkronos/Aki) - Una ''portaerei americana e' stata individuata'' dalle forze iraniane in una zona vicina allo Stretto di Hormuz in cui sono in corso le manovre militari di Teheran. Lo ha affermato il vice comandante della Marina iraniana, contrammiraglio Mahmoud Mousavi, citato dall'agenzia di stampa Irna, mentre crescono le tensioni per la minaccia di Teheran di passare dalle parole ai fatti e chiudere lo Stretto di Hormuz, da cui passa gran parte del petrolio prodotto dagli Stati che si affacciano sul Golfo.
La portarei, ha detto Mousavi, e' stata ''individuata'' da un aereo da ricognizione che pattugliava la zona delle esercitazioni navali. ''Questo dimostra - ha aggiunto - che la Marina iraniana segue con attenzione i movimenti di tutte le forze nella regione e controlla le loro attivita'''. Le manovre iraniane, iniziate sabato scorso, si concluderanno il 3 gennaio.
Dopo la minaccia di Teheran di chiudere lo Stretto di Hormuz, gli Stati Uniti hanno parlato di una mossa che sarebbe intollerabile. Duro il monito del Pentagono: ''Interferenze con il transito delle navi attraverso lo stretto di Hormuz non saranno tollerate'', ha dichiarato ieri il portavoce, George Little.
2- LA COREOGRAFIA Ã LA SOLITA. L'IRAN MINACCIA, L'OCCIDENTE AMMONISCE
Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"
La coreografia è la solita. L'Iran minaccia, l'Occidente ammonisce. Il prezzo del petrolio sobbalza sotto gli effetti delle notizie. E si studiano le opzioni, anche le peggiori.
A rendere tutti nervosi il guanto di sfida - peraltro non inedito - lanciato da Teheran. «Se ci saranno altre sanzioni contro di noi, bloccheremo lo stretto di Hormuz», ha avvertito martedì il vice presidente iraniano Mohammad Rahimi.
Ieri si è pronunciato, con una mezza smentita, il comandante della Marina, Habibollah Sayyari: «Sarebbe facile per noi chiuderlo. Come bere un bicchiere d'acqua. Ma non è necessario farlo perché già lo controlliamo». E fonti del ministero del Petrolio citate dal Washington Post hanno lasciato capire come la pensino: «Sarebbe un suicidio». Segnali che fanno pensare a una marcia indietro bilanciata dalla copertura mediatica delle estese esercitazioni iraniane nel Golfo Persico.
I fulmini lanciati da Teheran non potevano però essere ignorati. Il Pentagono ha risposto con un comunicato della V Flotta, quella che ha la sua base in Bahrein. «Qualsiasi atto per interrompere il traffico marittimo non sarà tollerato. La via d'acqua è vitale». Parole ferme anche da Parigi e dall'Unione Europea con l'impegno, insieme a Washington, di varare nuove misure contro l'Iran. Una punizione per la sua ricerca dell'atomica. L'appuntamento chiave sarà alla fine del mese e dovrebbe portare a sanzioni che colpiscano il settore petrolifero-finanziario iraniano riducendo al minimo l'import di greggio.
Obiettivo che la Casa Bianca vuole conseguire senza creare troppi danni agli alleati. Europei, giapponesi e sud coreani si trovano nella non facile situazione di stare al fianco degli Usa e, al tempo stesso, di salvaguardare - in tempi di crisi - le ottime relazioni economiche con gli iraniani. A Teheran questo lo sanno bene, non a caso ritirano fuori la carta Hormuz. Lo hanno già fatto in passato giocando sui numeri dello Stretto.
Da qui transita oltre un terzo del greggio mondiale, oltre 15 milioni di barili al giorno e di questi quattro milioni vengono dai pozzi iraniani. Dunque la chiusura avrebbe effetti catastrofici sulle povere economie già in recessione. Per questo ieri i sauditi, preoccupati dalle ambizioni atomiche degli ayatollah, hanno offerto di colmare l'eventuale gap. Gesto che ha portato a un ribasso del prezzo dell'oro nero.
Insieme alle pressioni diplomatiche gli Stati Uniti continuano a considerare l'ipotesi - ancora remota - di un attacco ai siti atomici. L'ultima indiscrezione - sul Daily Beast - riferisce di contatti stretti con Israele per fissare delle linee rosse sul nucleare. Se Teheran le varcherà potrebbe scattare il blitz invocato da una parte dell'establishment israeliano.
In questa cornice, i pericoli di un blocco di Hormuz sono stati a lungo considerati. L'Us Navy ha elaborato diverse analisi per sottolineare le possibili minacce. à chiaro che l'Iran, in caso di una crisi, adotterà la guerra asimmetrica.
Non ha scelta, lo ha ribadito anche in questi giorni. Una strategia che prevede una serie di «iniziative» per ostacolare il flusso lungo la vena giugulare del Golfo e far piangere il nemico. Vediamo in sintesi i piani.
1) Gli attacchi «a sciami» affidati a dozzine di battelli veloci dotati di missili o a imbarcazioni con a bordo kamikaze: una simulazione americana ha rivelato che i danni potrebbero essere seri.
2) Uso di sottomarini. Gli «squali» iraniani non sono proprio moderni, ma ne hanno sviluppato alcuni modelli - come il Ghadir - adatti a incursioni nei porti avversari o per le attività di disturbo.
3) Sabotaggi affidati a uomini rana che utilizzano «siluri guidati», mezzi simili ai «maiali» italiani della Seconda guerra mondiale.
4) Dispersione di mine, come avvenne negli anni 80 durante il conflitto con l'Iraq. Hanno diverse unità concepite per queste missioni: alcune sono propriamente militari, altre sono mercantili camuffati.
5) Scudo affidato a missili anti-nave schierati sulle coste e sulla strategica isola di Abu Musa.
6) Mosse diversive in altri scacchieri per accrescere il caos. Esempio: un mercantile fatto affondare nel canale di Suez, magari con un finto incidente. Oppure ancora mine.
L'arsenale dell'Iran si è preparato e ha esperienza. In questi anni ha fatto la spesa in Cina, Corea del Nord, Russia ma anche in Italia. Tecnologia e modelli (motoscafi veloci, minisub) sono passati, in modo legale o meno, dal nostro Paese alla Marina dei pasdaran. Proprio il Ghadir sarebbe un ibrido dove c'è un po' di «sapere» italiano mescolato a quello nord coreano.
C'è poi un secondo scenario che è quello dove Teheran è maestra. La provocazione. Gli iraniani possono causare «incidenti» con ispezioni sui cargo in transito, effettuare manovre aggressive in prossimità di navi americane, fermare un mercantile accusandolo di aver violato le acque nazionali. Casi già avvenuti in passato che hanno spesso mostrato la difficoltà per l'Occidente di reagire.
Sulla terraferma i mullah assaltano le ambasciate, sul mare fanno i bulli con i loro «giocattoli» veloci. Sfruttano ogni occasione per segnare punti a favore. La cattura del super drone, i processi alle spie (vere o presunte), gli annunci a effetto li aiutano a rispondere alla guerra segreta condotta contro i loro impianti strategici. E lanciano un messaggio: non abbiamo la vostra potenza, ma possiamo rendervi la vita molto difficile.
UNA NUOVA ARMA DI PRESSIONE NELLA GRANDE PARTITA NUCLEARE
A Teheran non passa giorno senza che la fazione del presidente Ahmadinejad non si prenda a schiaffi con quella della Guida Khamenei. Lotta per il potere che coinvolge molti apparati di sicurezza. Dai pasdaran ai miliziani, dai servizi segreti alle forze armate. Il regime non è un blocco monolitico, ci sono fratture e manovre, a volte ben mimetizzate. Uno scontro interno che spesso - per motivi tattici - deborda oltre confine. Gli «iranologi» osservano che alcune crisi sono innescate dagli uomini di Khamenei per imbarazzare il presidente.
Il caso Hormuz può diventare un nuovo fronte dalle implicazioni interne e internazionali. Qualcuno, alla fine, paga. E il rivale si prende tutto. Oppure c'è la previsione «apocalittica». La coppia che si contende il vertice della Repubblica islamica ha deciso di andare avanti a ogni costo con i suoi progetti nucleari. Un tema non negoziabile. Neppure sotto la minaccia di sanzioni che si annunciano pesanti. Pertanto serve una reazione di pari livello. Una scommessa sulla ritrosia degli occidentali nell'imbarcarsi in un'altra avventura. E dunque - dicono - soffochiamo Hormuz.
MA UNA CRISI DEL GREGGIO PUÃ DIVENTARE UN BOOMERANG
Chiudere Hormuz può trasformarsi in un boomerang per gli iraniani. E non solo per i pericoli di un confronto militare devastante. Perché, come prima conseguenza, Teheran avrebbe problemi nell'importare benzina. L'Iran è un Paese che produce greggio ma ha seri problemi con la raffinazione. E senza carburante il Paese si ferma. Calano, inoltre, gli introiti così come l'import di molti generi essenziali. Una scossa che si riverbera sull'inquieto tessuto sociale del Paese. In questi mesi le autorità hanno sostenuto - in pubblico - che le sanzioni imposte non hanno avuto effetti particolari.
In privato raccontano una storia diversa. Se ti chiudi e punti sull'autarchia rischi che il malcontento popolare cresca anche in quegli ambienti poco sensibili alle spinte del rinnovamento o nel settore economico che coinvolge privati ma anche i pasdaran. I guardiani difendono la Repubblica e fanno affari. Il regime, pur criticato, appare in controllo. La repressione funziona. Il potere non ha bisogno di allargare la base del dissenso. Ecco perché tanti ritengono che questa storia sia solo «rumore di sciabole», un'altra puntata messa in scena dalla macchina propagandistica dei dirigenti sciiti.
3- IRAN: CAPO MOSSAD, CON ARMA NUCLEARE NON PER FORZA MINACCIA A NOSTRA ESISTENZA...
(Adnkronos) - Un Iran in possesso dell'arma nucleare non costituirebbe necessariamente una minaccia per l'esistenza di Israele. Ad affermarlo e' stato il capo del Mossad, Tamir Pardo, intervenendo di fronte ad una platea di un centinaio di ambasciatori israeliani. Ne riferisce oggi il quotidiano 'Ha'aretz' citando tre diplomatici presenti. Israele - ha affermato il capo dell'intelligence israeliana martedi' sera, secondo quanto riferito dalle fonti citate da 'Ha'aretz' - sta ricorrendo a vari mezzi per contrastare il programma nucleare iraniano e cosi' continuera' a fare, ma se l'Iran dovesse realmente riuscire a dotarsi di armi nucleari, cio' non significherebbe la distruzione dello stato di Israele.
"Quale e' il significato del termine minaccia per la nostra esistenza?" avrebbe dichiarato Pardo. "L'Iran rappresenta una minaccia per Israele? Assolutamente. Ma se si dice che un'arma nucleare in mano iraniana rappresenta una minaccia alla nostra esistenza, questo significherebbe che dovremmo chiudere bottega e andare a casa. Non e' questo il caso. Il termine minaccia esistenziale viene usato con troppa liberta'".














