L’EVASIONE FISCALE VESTE PRADA - LA PROCURA INDAGA PER INFEDELE DICHIARAZIONE DEI REDDITI - MA COME, NON AVEVANO DETTO DI AVERE RIMPATRIATO LA HOLDING IN ITALIA DI PROPRIA VOLONTA'?!?

1-MA COME? LO SPOSTAMENTO DELLA SEDE LEGALE NON ERA "VOLONTARIO"?
DAGOREPORT

Oggi "Repubblica" scrive che i coniugi Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, alla guida del gruppo di abbigliamento che prende il nome dalla stilista, sono indagati dalla Procura di Milano per "infedele dichiarazione dei redditi". L'inchiesta si basa su una contestazione dell'Agenzia delle Entrate per la presunta "esterovestizione" della Prada Holding, fino a poche settimane fa con sede legale ad Amsterdam.

E qui si arriva al punto: il 20 dicembre, nell'annunciare i numeri finanziari dei nove mesi, il gruppo, quotato alla Borsa di Hong Kong, si è detto intenzionato a riportare in Italia il controllo, fino ad allora locato in Olanda e Lussemburgo, paesi dove la fiscalità è certamente meno pressante che da noi.

La griffe spiegava che si trattava di un'iniziativa "assunta volontariamente da Prada Holding e dai suoi azionisti sulla scia di un percorso" avviato da anni dalla holding e dagli azionisti di controllo. Alla luce della notizia di oggi dell'indagine della Procura, siamo così sicuri che l'iniziativa sia stata del tutto volontaria?

2-"INFEDELE DICHIARAZIONE DEI REDDITI" INDAGATI PRADA E IL MARITO BERTELLI
Emilio Randacio per "la Repubblica"

I nomi di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada sono finiti sul registro degli indagati della Procura di Milano. L'accusa per l'amministratore delegato del gruppo e per la stilista ed erede del marchio è quella di «infedele dichiarazione dei redditi ». Insieme a loro, risultano indagati due manager della casa di moda milanese. L'inchiesta, che il dipartimento del procuratore aggiunto Francesco Greco ha affidato ai pm Gaetano Ruta e Adriano Scudieri, si basa su una contestazione dell'Agenzia delle Entrate per la presunta «esterovestizione» della Prada Holding, fino a poche settimane fa con sede legale ad Amsterdam.

Su dieci anni di bilanci, sostiene oggi la Procura milanese, il colosso Prada avrebbe eluso le tasse italiane per un importo complessivo di 470 milioni di euro. La griffe - solo formalmente, secondo l'accusa - avrebbe trasferito in Olanda e anche in Lussemburgo la sede delle proprie principali società, garantendosi in questo modo una fiscalità più favorevole.

«In relazione alla ormai nota procedura di voluntary disclosure - fanno sapere i legali del gruppo, Stefano Simontacchi e Guido Alleva - gli atti di adesione in ragione del superamento delle soglie di rilevanza penale sono stati trasmessi d'ufficio alla Procura della Repubblica come previsto dalla legge avendo riferimento la fattispecie di omessa o infedele dichiarazione».

I difensori dei coniugi Prada reputano dunque un passaggio scontato il fascicolo aperto in Procura, anche se a Simontacchi e Alleva «allo stato non risulta che ci siano state iscrizioni nel registro degli indagati». E gli avvocati, comunque, si dicono fiduciosi di concludere positivamente anche la pendenza penale dei propri clienti. «In ogni caso le nuove norme di cui si attende l'entrata in vigore in materia di voluntary disclosure dovrebbero ritenersi applicabili al caso di specie, comportando così la depenalizzazione».

La contestazione mossa dalla Agenzia delle Entrate si è già conclusa, pochi giorni prima di Natale, con il versamento dell'intera somma allo Stato, ma soprattutto con il trasferimento dall'Olanda all'Italia della holding. Il contenzioso amministrativo era noto. Che la Procura avesse avviato parallelamente un'inchiesta, invece, era una notizia non ancora diventata pubblica.

L'ipotesi è molto simile a quella che nel 2010 ha investito l'altra griffe della moda, Dolce e Gabbana. In quel caso, ai due stilisti siciliani veniva originariamente contestato di aver eluso il Fisco per una cifra totale vicina al miliardo di euro (poi diminuiti a 200 milioni), trasferendo la sede della propria holding in Lussemburgo. Entrambi condannati nel giugno scorso a 18 mesi in primo grado insieme a numerosi manager di D&G, attendono ora l'inizio dell'appello. Sul versante amministrativo, invece, la partita resta aperta e ora sarà la Cassazione a decidere se confermare o meno il risarcimento da 343 milioni di euro.

Diverso, invece, il discorso che riguarda il gruppo Prada. Patrizio Bertelli e la moglie Miuccia hanno già chiuso il contenzioso con il versamento da 470 milioni con il Fisco, che in termini tecnici si chiama «voluntary disclosure», ossia una regolamentazione volontaria della propria posizione. Resta, invece, in sospeso il capitolo con la giustizia penale.


3-PRADA TORNA IN ITALIA PER EVITARE GUAI FISCALI
Laura Verlicchi per "il Giornale" (articolo del 21 dicembre 2013)

Prada riporta in Italia il controllo del gruppo, finora basato nei paradisi offshore di Olanda e Lussemburgo, chiudendo così i conti con il Fisco. La griffe milanese - che è quotata in Borsa a Hong Kong - ha raggiunto un accordo con le autorità, attraverso una procedura di «voluntary disclosure», utilizzata probabilmente per la prima volta in Italia (in pratica una regolarizzazione di capitali detenuti all'estero).

Un'iniziativa «assunta volontariamente da Prada Holding e dai suoi azionisti - si legge nella nota diffusa dal gruppo - sulla scia di un percorso» avviato da anni dalla holding e dagli azionisti di controllo, (con la consulenza di un team del dipartimento di Diritto Tributario dello Studio Legale Bonelli Erede Pappalardo) ovvero la famiglia fondatrice e l'ad Patrizio Bertelli, marito della stilista Miuccia.

Il rimpatrio riguarda una decina di holding sparse tra Paesi Bassi e Lussemburgo, che costituiscono la catena di controllo del gruppo. All'olandese Prada Holding Bv, costituita nel 1996, fa capo l'80% di Prada Group, dopo l'Ipo avvenuta con successo nel luglio 2011. La holding olandese è interamente controllata dalla lussemburghese Gipafin Sarl, a sua volta partecipata da quattro società sempre domiciliate nel granducato che fanno capo a Patrizio Bertelli (Pa.Be 1, Pa.Be 2, Pa.Be 3 e Pa.Be 4), proprietarie complessivamente del 35% di Gipafin, mentre un'altra finanziaria lussemburghese, la Bellatrix Sarl, costituita nel 2001, controlla il restante 65% della holding.

Bellatrix fa capo a Miuccia Prada e ai suoi fratelli Alberto e Marina, tramite altre tre holding lussemburghesi, rispettivamente Ludo, Rigel e Mirar. La complessa architettura societaria ora «verrà ulteriormente razionalizzata mantenendo esclusivamente le società holding atte a garantire un presidio di corporate governance», conclude la nota del gruppo.

L'annuncio del rimpatrio è giunto assieme ai conti dei primi nove mesi del gruppo, cui fanno capo anche i marchi Miu Miu, Church's e Car Shoe. I ricavi crescono del 10% a 2,57 miliardi di euro: nella «pancia» del gruppo ci sono 303 milioni e l'utile netto passa a 440,9 milioni (+7,9%). Un risultato però inferiore alle stime degli analisti: e nell'intero anno i ricavi potrebbero essere inferiori alle attese (3,71 miliardi), a causa dell'effetto cambi, yen in testa.

 

3. PRADA PAGA IL CONTO AL FISCO - ACCORDO CON L'AGENZIA DELLE ENTRATE. VERSATA CASH UNA SOMMA VICINA AI 400 MILIONI DI EURO. NEL MIRINO LE HOLDING DEL GRUPPO CON SEDE IN OLANDA E IN LUSSEMBURGO, CHE VERRANNO RIPORTATE IN ITALIA

Vittorio Malagutti per il sito de "l'Espresso" - http://espresso.repubblica.it/ - Pubblicato il 20 dicembre 2013


Fisco italiano all'attacco dei grandi marchi del lusso. Dopo Dolce Gabbana adesso tocca a Prada passare sotto le forche caudine dell'Agenzia delle Entrate. La multinazionale del fashion, quotata in Borsa a Hong Kong, ha annunciato di aver raggiunto un accordo con le autorità tributarie per trasferire in Italia le holding a cui fa capo il gruppo, che hanno sede in Olanda e in Lussemburgo.

Prada holding, sede legale ad Amsterdam, controllata da Patrizio Bertelli e da Miuccia Prada, ha accettato di pagare, con quella che è stata definita una "voluntary disclosure", una somma la cui entità non è stata specificata nel comunicato ufficiale. Secondo fonti vicine alla società, la transazione dovrebbe essere stata chiusa per una cifra intorno ai 400 milioni di euro, che sarebbero già stati versati in contanti.

Con questo pagamento Bertelli e la consorte Prada si mettono in regola di fronte a possibili contestazioni dell'Agenzia delle Entrate, che riguardano un arco di tempo di dieci anni. Come è già successo in numerosi altri casi, in sostanza il Fisco nostrano è intervenuto su una sospetta "esterovestizione" delle holding che controllano il big della moda.

Formalmente queste società hanno sede in paradisi off shore come Olanda e Lussemburgo, di fatto però sono gestite dall'Italia. Quindi le holding dovrebbero pagare in Italia le tasse sui profitti che realizzano. Profitti ingenti. E non solo perché la società quotata in Borsa naviga a gonfie vele, con utili che nel primi nove mesi dell'esercizio fiscale (chiuso a ottobre) hanno raggiunto i 440 milioni di euro, su 2,5 miliardi di ricavi. Va infatti ricordato che nell'estate del 2011, quando Prada sbarcò in Borsa a Hong Kong, la capogruppo olandese incassò buona parte del ricavato del collocamento pubblico delle azioni.

In pratica volarono in Olanda, sotto l'ombrello di un fisco particolarmente generoso con le holding, circa un miliardo di euro su un totale di circa 1,5 miliardi. L'intesa con l'Agenzia delle Entrate sana per intero il contenzioso. Il Fisco italiano non avrà più nulla a pretendere sui profitti delle holding realizzati all'estero negli ultimi dieci anni.

@VMalagutti

 

 

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