LA PREMIATA DITTA DEM TARUFFI & BARUFFI: SFRACELLI ELETTORALI GARANTITI! HANNO CAPITOLATO IN ABRUZZO E SONO STATI I FAUTORI DELLA GROTTESCA CANDIDATURA DI DOMENICO LACERENZA IN BASILICATA. IERI I LUOGOTENENTI DI SCHLEIN DAVIDE BARUFFI E IGOR TARUFFI (RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEM) HANNO COLPITO IN PIEMONTE DOVE HANNO IMPOSTO IL RITIRO AI DUE CANDIDATI PER LA PRESIDENZA DANIELE VALLE E CHIARA GRIBAUDO E SCELTO IN QUATTRO E QUATTR’OTTO GIANNA PENTENERO...
Estratti da lospiffero.com
Hanno sfasciato il Pd in Sardegna per consegnare l’isola a Giuseppe Conte, hanno capitolato in Abruzzo e sono stati i fautori della grottesca candidatura di Domenico Lacerenza in Basilicata (che a poche ore dalla presentazione delle liste ha annunciato il suo ritiro). La Taruffi & Baruffi, Premiata Ditta specialista in sfracelli elettorali, ieri ha colpito in Piemonte dove ha imposto il ritiro ai due candidati per la presidenza – Daniele Valle e Chiara Gribaudo – e scelto in quattro e quattr’otto un nome terzo, imponendolo all’assemblea: Gianna Pentenero.
Per il momento sarà lei a sfidare Alberto Cirio, finché qualcuno nel Movimento 5 stelle non dovesse dare segnali di vita e vaghe disponibilità d’intesa, allorché il Pd sarebbe pronto a genuflettersi e alla bisogna sacrificare anche lei sull’altare del campo largo. Intanto, la notizia è che la sua designazione non ha spostato di una virgola la posizione dei pentastellati, mentre avrebbe indispettito Italia viva che fino a ieri era pronta a salire sul carro del centrosinistra e ora dice che “con quella della Cgil non ci andiamo”, in referimento alla contiguità di Pentenero con il sindacato di Maurizio Landini. I mal di pancia attraversano anche la lista Monviso, ma non vanno oltre qualche confidenza.
Al di là degli alleati, però, quel che è accaduto ieri ha dimostrato tutta la fragilità del gruppo dirigente del Pd piemontese. L’hotel Fortino è stato espugnato in poche ore di assedio da parte dei vertici nazionali che hanno tenuto in ostaggio oltre trecento delegati giunti per l’assemblea. Ancora una volta il segretario piemontese Mimmo Rossi è stato esautorato da due mediocri funzionari emiliani assurti a registi di un disastro annunciato. Perché anche per loro, come nella migliore (peggiore) tradizione della sinistra comunista, l’obiettivo non è vincere le elezioni ma blindare il partito. Era già successo a ottobre quando gli imposero lo stop alle primarie per iniziare quella surreale trattativa con il M5s.
Ieri hanno perso Chiara Gribaudo – che evitando la conta almeno si è risparmiata l’onta di essere sconfitta da un’assemblea che era pronta a bocciarla – ma ancor di più ha perso Daniele Valle, entrato nel conclave dem con la talare bianca del papa e uscito con quella nera del cardinale. Avrebbero potuto trovare un accordo, i due, portando avanti quel patto generazionale in grado di emanciparli definitivamente dai rispettivi cacicchi romani, hanno preferito annientarsi a vicenda e lasciare che altri decidessero per loro. Il sollievo di Gribaudo, al Fortino, faceva da contraltare alla frustrazione di Valle. “Farai la fine di Angelo Chiorazzo in Basilicata” sono state le parole di Igor Taruffi, braccio destro di Elly Schlein, che forse era ancora ignaro del fatto che il sostituto scelto da lui al posto di Chiorazzo stava per abbandonare la scena. A dargli manforte, poi, è arrivato anche il socio della premiata ditta, Davide Baruffi.
Nel tracollo del gruppo dirigente piemontese non può non essere incluso anche il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, silente per sei mesi mentre estranei gli entravano in casa senza suonare e neanche pulirsi i piedi sullo zerbino di Palazzo civico. Avrebbe potuto dire la sua, orientare le scelte del partito locale e nazionale ma ha preferito starsene alla larga da ogni dibattito a occuparsi delle buche sulle strade e dei bilanci da far quadrare.
Di più, neppure quando è diventato il pungiball dei 5 Stelle ha alzato la testa, peraltro lasciato solo dal suo stesso partito (e forse questo un po' se lo merita). Era la sua occasione per svestire i panni del burocrate di palazzo e indossare quelli del leader politico, ma non l’ha colta. E non perché, come dice qualcuno, “non sa cosa sia la gratitudine” (nei confronti di Valle, s’intende, che fu suo coordinatore della campagna elettorale alle comunali del 2021), ma perché non ce l’ha proprio nel dna, non è il suo.
francesco guccini con igor taruffi
Ne esce sconfitto, neanche a dirlo, anche il segretario del partito piemontese Rossi, ridotto ancora una volta a fare il notaio. Certificare scelte fatte da altri. Ieri, di fronte a una sala che iniziava a dare segni di nervosismo, è stato costretto a prendere la parola per ingannare il tempo, a costo di stendere i presenti con un intervento che ha spaziato dalla geopolitica alle faccende domestiche, solo per consentire agli emissari del Nazareno di chiudere la trattativa.
Quello di Pentenero – non ce ne voglia – è un compromesso al ribasso. Il Pd poteva votare e scegliere tra la vicepresidente nazionale del Pd e il leader dell’opposizione a Cirio in Consiglio regionale. Da una parte c’era l’esponente politico più vicino a Schlein e più nota al pubblico televisivo non solo del Piemonte, dall’altro colui che aveva chiesto e guidato la commissione d’indagine sul Covid e che ha federato in questi anni le opposizioni nel parlamentino piemontese
igor taruffi stefano bonaccini elly schlein
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