1. LA CINA È VICINA. SOPRATTUTTO A GIUSEPPE SALA. GIÀ LE PRIMARIE DEL PD PER LA SCELTA DELL’ASPIRANTE SINDACO DI MILANO SI PREANNUNCIAVANO UNA FARSA, CON UN ASSESSORE (MAJORINO) CHE NON SI CANDIDA PER ESSERE ELETTO MA PER NON FAR ELEGGERE LA BALZANI - CHE COSA HA PROMESSO SALA PER CONVINCERE I CINESI A VOTARE COMPATTI IL SUO NOME?
1. GIALLO PRIMARIE CHE CI FANNO TUTTI I CINESI IN FILA PER VOTARE SALA?
Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
La Cina è vicina. Soprattutto a Giuseppe Sala. Già le primarie del Pd per la scelta del prossimo aspirante sindaco di Milano si preannunciavano una farsa, con un assessore che non si candida per essere eletto ma per non far eleggere la vicesindaca, mentre il più amato da Renzi, pur essendo in campagna elettorale, continua a farsi intervistare dalla radio a cui da amministratore delegato di un'azienda pubblica ha dato una montagna di soldi. Adesso alle anomalie di primarie costruite attorno al candidato unico del partito unico della nazione, c'è anche il fattore C. Che non sta, come qualcuno potrebbe immaginare per la parte posteriore comunemente evocata quando si vuole dire che un tizio è fortunato, ma per Cina. Anzi: cinesi.
Qualche giorno fa sul sito della comunità cinese di Milano è stato pubblicato una specie di endorsement, ovvero un invito a votare per Beppe Sala.
MILANO CANDIDATI SALA BALZANI MAJORINO
Perché il gruppo di immigrati di Pechino abbia scelto di schierarsi alle primarie per l' ex amministratore dell' Expo è un mistero. O forse no, viste le relazioni che il manager ha intessuto nei mesi dello scorso anno in cui ha ricevuto delegazioni provenienti da ogni parte del mondo. Sta di fatto che i cinesi sembrano essere determinanti nella scelta del candidato sindaco di Milano per conto del Pd.
Ieri, un collega di Repubblica, Matteo Pucciarelli, ha postato il seguente tweet: «Seggio via Barilli, 280 votanti, 40 cinesi. In via Confalonieri, 600 votanti e 50 cinesi. #primarieMilano». Nel primo caso si tratta di quasi il 15 per cento dei votanti, nel secondo dell' otto per cento, percentuali che se estese al resto dei seggi allestiti dal Pd potrebbero essere determinanti.
MARIA ELENA BOSCHI GIUSEPPE SALA
Basti pensare che nel passato a decidere per la sinistra chi avrebbe dovuto sedere a Palazzo Marino furono in tutto 67 mila milanesi e che la comunità cinese nel capoluogo lombardo risulta composta da poco meno di 30 mila persone. Magari non tutte andranno a votare, ma se anche fossero la metà o un terzo, i voti dei cinesi influirebbero eccome sul destino del candidato sindaco per il Pd.
Dunque, viste le premesse, sarebbe il caso che qualcuno spiegasse qual è lo scambio, tra il candidato Sala e uno dei gruppi stranieri più forti a Milano, sia per numero di persone, sia per interessi economici. A differenza di altre comunità, più esposte a influenze religiose, i cinesi non danno al momento grandi preoccupazioni in fatto di sicurezza urbana. Tuttavia ne danno altre a proposito dell' espansione di attività economiche non tutte controllate.
Dunque che ha promesso Sala - o chi per lui - per convincere i cinesi a votare compatti il suo nome? Che cosa ha a che fare la comunità cinese con il Pd che non è nota all' opinione pubblica?
Le domande più che ai vertici del gruppo di immigrati provenienti da Pechino e dintorni sono rivolte ai vertici del Partito democratico, i quali hanno il dovere di fare un po' di chiarezza intorno alla faccenda. Soprattutto in considerazione del fatto che, pur riempiendosi la bocca con termini come partecipazione e democrazia dal basso, ogni volta che c' è da scegliere un candidato sindaco, alle primarie del Pd spuntano i brogli.
Una volta sono i Rom ad essere ingaggiati per votare a favore di uno dei nomi in lizza, un' altra gli immigrati, adesso i cinesi. Forse sarebbe il caso che qualcuno si decidesse a spiegare che cosa ci sia dietro a questi flussi di stranieri che votano in massa.
Non che non sia possibile immaginare lo scambio, ma vorremmo che un partito che ha fatto della trasparenza una sua ragione di vita, o per lo meno dice che lo sia, per una volta fosse coerente e alzasse il velo sui segreti inconfessabili di certe primarie. È pretendere troppo? Forse.
majorino al pranzo per i senzatetto organizzato dai city angels a milano
Ma forse è anche ora che il sindaco di Milano se lo scelgano i milanesi e non le segreterie dei partiti. Anzi: le consorterie dei partiti, le quali sono pronte a fare affari con tutti, anche con il diavolo, pur di ottenere ciò che vogliono. Su Twitter c' è chi chiede l' intervento di Raffaele Cantone, il magistrato che vigila contro la corruzione. Ma a Milano al posto di Cantone, il Pd preferisce Canton, o per meglio dire i cantonesi. Sono più utili.
2. BROCHURE E FOTO IN CABINA
Andrea Senesi per il “Corriere della Sera”
Si può leggere il tutto come un bell' esempio di integrazione e di democrazia. Oppure come un caso estremo di cammellaggio, evento peraltro non inedito nella storia delle primarie italiane. Comunque si decida di interpretarlo ieri a Milano è successo un fatto nuovo: la comunità cinese, che in città ha radici antichissime, s' è mobilitata in forze per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra. Non era mai successo, e su questo concordano tutti. Sulla vicenda è ovviamente esplosa la polemica, anche perché i rappresentanti della comunità nei giorni scorsi avevano pubblicamente manifestato il loro apprezzamento per uno degli sfidanti in campo: Beppe Sala.
I primi segnali sono arrivati da via Sarpi, il cuore della Chinatown milanese, da dove in mattinata è spuntato un gazebo che distribuiva opuscoli sul voto stampati in ideogrammi. E poi le code ai seggi. Da viale Monza allo Stadera, le segnalazioni di comitive di cinesi davanti ai circoli e alle sezioni della sinistra hanno preso a moltiplicarsi. Ordinati e silenziosi, a parte qualche «intemperanza» da neofiti.
Chi si è fatto un selfie in cabina elettorale per certificare l' avvenuto voto, chi ha preteso di entrare con un accompagnatore per farsi indicare il nome giusto, chi ha portato con sé brochure prestampate. Abbastanza comunque per scatenare dubbi, illazioni (e ironie) soprattutto dai sostenitori di Francesca Balzani. A fine giornata gli stranieri risultavano ieri il quattro per cento dei votanti. L'affluenza cinese è stata però a macchia di leopardo. Impalpabile in centro e nelle zone chic, consistente (fino al dieci per cento del totale) in alcuni seggi di periferia. I supporter di Sala puntano il dito contro il «nuovo razzismo di sinistra».
Tra questi, il deputato pd Emanuele Fiano: «Nel giorno in cui la comunità cinese decide di partecipare coscientemente alla scelta di chi sarà il candidato del centrosinistra, e lo fa ovviamente traducendo il materiale necessario, arrivano, anche da parte di notissimi "compagni" della piazza milanese, irricevibili e disgustose polemiche».
Parole raccolte subito dallo stesso Sala: «In questa bella giornata di democrazia, in cui molti inseguono la polemica sulla partecipazione delle comunità straniere, mi sento di condividere le parole di Emanuele Fiano». Toni misurati anche dall' altro candidato, Pierfrancesco Majorino (che ha incassato il sostegno di un parte della comunità sudamericana): «Ho litigato spesso con la comunità cinese, ma nessuno può permettersi di salutare negativamente la partecipazione alle primarie di cittadini d' origine straniera. La cultura della cittadinanza non va esibita a giorni alterni».
SALVINI DAVANTI ALLA SEDE DI BANCA ETRURIA
Si gode la scena, sull' altro fronte, Matteo Salvini: «File di cinesi, molti dei quali non parlano l' italiano, votano il renziano Sala alle primarie Pd. Che pena, povera Milano e povera sinistra».
majorino balzani pisapia al pranzo per i senzatetto organizzato dai city angels a milano