AVANTI, MIEI PRODI! - IL PROFESSORE INCASSA LA GRAN CROCE DELLA LEGIONE D’ONORE DALL’AMBASCIATA FRANCESE (IL COLLE È VICINO) E SI METTE IN SCIA ALL’ANTI-AUSTERITY DI NAPOLITANO: “BASTA RIGORE”

1 - LEGION D'ONORE PER IL PROFESSORE
Da "la Stampa"

«Attribuiamo una decorazione eccezionale a un uomo dal percorso eccezionale. Un europeo convinto per sa che la costruzione europea è il solo possibile orizzonte per i nostri popoli». Così l'ambasciatore francese in, Italia Alain Le Roy, nel corso della cerimonia con la quale ha insignito Romano Prodi della Gran Croce della Legione d'Onore. La decorazione della Gran Croce viene attribuita ai Presidenti della Repubblica francese al momento del loro insediamento e viene concessa molto raramente.

«Lei è l'erede diretto - ha detto Le Roy - di tutti quelli che, in Italia e a Bruxelles, hanno issato bandiere dell'Italia e dell'Europa con ostinazione. Da De Gasperi a Spinelli, Malfatti». «Lei ha preso le redini della Commissione - ha proseguito l'ambasciatore francese - lei ha saputo calmare le tensioni inter-istituzionali e ha riunito personalità brillanti per ridare alla Commissione la sua reputazione e la sua forza d'iniziativa».

2 - PRODI: "ORA BISOGNA CERCARE L'INTESA CONTRO L'AUSTERITÀ"
Alessandro Barbera per "la Stampa"

Con l'aria emozionata e l'abito blu delle occasioni speciali, Romano Prodi attende in uno degli uffici più invidiati del mondo. Su Piazza Farnese sta scendendo il tramonto, il primo senza pioggia da settimane. Il destino vuole che il giorno della Gran Croce della Legion d'Onore, il più alto riconoscimento della République, sia lo stesso in cui il suo partito archivia il governo Letta e spalanca le porte a Matteo Renzi. Non ha nessuna voglia di parlarne, ma gli è chiarissimo che i giochi sono fatti.

Presidente Prodi, non sarebbe stata più corretta una crisi parlamentare piuttosto che consumare la rottura dentro la direzione?
«Faccio gli auguri all'Italia perché ne ha bisogno».

È dispiaciuto per il suo ex ministro e sottosegretario a Palazzo Chigi?
«Non mi faccia esprimere giudizi, fino a prova contraria sono un pensionato».

Allora guardiamo oltre. Il primo luglio inizia il semestre europeo a guida italiana, e a Palazzo Chigi ci sarà Renzi. Sarà di fatto l'uomo politico più influente d'Europa, visto che per allora è difficile sia già insediata la nuova Commissione europea. Cosa farebbe se si trovasse nei panni del nuovo premier?
«Senza l'Europa, da soli, non ce la possiamo fare. E quindi occorre fare di tutto per invertire subito la rotta, perché l'Europa si sta trascinando verso una pericolosa deriva. Il mondo è inondato di liquidità. Gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi, qui la crescita è pari a zero e l'inflazione è ferma».

E come la si inverte la rotta?
«L'Italia si deve fare promotrice di una iniziativa con Francia e Spagna a favore della crescita. Con loro condividiamo storia e cultura. Per rimettere in piedi la gracile identità europea non vedo strade diverse».

Perché gracile?
«Manca progettualità, la capacità di ragionare con cuore europeo prima che con la testa. Chi potrebbe esercitare la leadership non lo fa, oppure lo fa in modo riluttante e discontinuo».

Lei è convinto davvero che il problema sia l'eccesso di austerità imposto dai tedeschi?
«Esiste una cosa che si chiama ciclo economico. E chiunque abbia studiato l'economia ha appreso da Keynes che in assenza di inflazione occorrono anzitutto politiche espansive».

Si riferisce a quelle delle banche centrali? O anche alle politiche economiche?
«Entrambi. La Federal reserve ha fatto un lavoro enorme, ma lo ha fatto in condizioni di operatività molto diverse da quelle della Bce».

Parlare di politiche economiche espansive con il debito pubblico che abbiamo sulle spalle ai tedeschi sembrerà una provocazione.
«L'Italia non è nelle condizioni di bilancio per fare politiche espansive, altri sì».

Sta parlando della Germania?
«Bisogna convincere la Merkel, certo, ma è un problema di tutta l'Europa. Il sostegno alla crescita deve essere uno sforzo comune. Per agire europei bisogna pensarsi europei».

La Merkel ha fatto capire di essere disposta a politiche più solidali, ad una maggiore integrazione, ma in cambio vuole impegni precisi sul fronte delle riforme da parte di chi non le ha ancora fatte, come noi. Così ha lanciato l'idea degli accordi contrattuali, ma Paesi come la Spagna hanno chiesto di non renderli vincolanti. Non è così?
«Non c'è dubbio che i Paesi più in difficoltà debbano fare la loro parte, ma senza uno sforzo di maggiore solidarietà non ci sono speranze di futuro».

Detta così è semplice. Intanto in giro per l'Europa crescono i partiti populisti antieuro.
«Certo che è difficile. Ma la politica non può ridursi all'ordinaria amministrazione. Realizzare una identità europea è la cosa più difficile che ci sia, ma che cosa può esserci di più importante oggi? Italia, Francia e Spagna devono proporre e imporre un'alternativa credibile ad una politica che emargina le giovani generazioni per le quali abbiamo costruito tutto questo».

 

 

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