
GIGLIO SPIETATO – IL TRIO BOSCHI-LOTTI-MANZIONE È IL VINCITORE DELLA PARTITA FINITA CON IL TRASLOCO COATTO DI DELRIO DA PALAZZO CHIGI – I FEDELISSIMI DI DELRIO: “HANNO VINTO QUEGLI ALTRI” – E IL SUCCESSORE DI LUPI NON È CONTENTO DELLA “PROMOZIONE”
1.LA SCONFITTA DELL’UOMO-CERNIERA
Dagonota
Nel giro stretto di Renzi lo chiamavano “l’uomo cerniera”, perché Graziano Delrio ha sempre fatto da collegamento tra i renziani duri e puri e mondi diversi. Che fossero i rapporti con il vecchio giro di Enrico Letta, oppure con le litigiose minoranze piddine, poco cambia: da sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio ha sempre mediato, mediato e mediato. Fino a sollevare qualche diffidenza tra i vari Lotti, Boschi e Manzione, ovvero il “Giglio magico” di Matteo.
Il giorno dopo la nomina a ministro delle Infrastrutture, Delrio sa che ha perso una piccola guerra nei corridoi di Palazzo Chigi e che l’amico Renzi ha fatto il solito capolavoro. Ha piazzato un fedelissimo in un dicastero di spesa che era dell’Ncd e contemporaneamente si è liberato elegantemente di un “fratello maggiore” (la definizione è sua) forse un po’ ingombrante. Per questo Delrio, anche se mai farà polemiche, non è molto contento di com’è andata la partita.
2. HANNO VINTO QUEGLI ALTRI” DELRIO LASCIA PALAZZO CHIGI
Marco Palombi per il “Fatto Quotidiano”
Il Consiglio dei ministri di ieri è terminato alle ore 18.10 e a quell’ora è finita pure l’avventura di Graziano Delrio come sottosegretario alla presidenza del Consiglio e segretario del Cdm. L’ex sindaco di Reggio Emilia dalle 8 di ieri sera è il nuovo ministro delle Infrastrutture: sostituisce Maurizio Lupi, dimessosi a seguito dell’inchiesta sul “sistema” di Ercole Incalza nel suo dicastero. L’occasione è stata celebrata con apposito selfie appena fuori dal Quirinale e dall’immancabile tweet del premier su “Graziano amico vero e prezioso compagno di strada” . Può sembrare una promozione, ma non lo è: promoveatur ut moveatur, invece, al modo curiale.
LA FRUSTRAZIONE ieri era evidente in tutti gli uomini più vicini a Delrio: “Certo, è un ministero di peso, ma non è il cuore del governo come Palazzo Chigi. Insomma, hanno vinto gli altri”. Il riferimento è al triangolo “fiorentino” che fa da aureola al grande capo Matteo Renzi: l’uomo di punta è Luca Lotti, detto “Lampadina”, gli altri due nomi sono Maria Elena Boschi, ministro, e Antonella Manzione, capo del legislativo. Tra i due gruppi, nonostante le smentite pubbliche, in questo anno di governo c’è stata una sorta di pace armata, ma il neoministro e il segretario generale di Palazzo Chigi (Mauro Bonaretti, ex city manager di Reggio Emilia con Delrio) sono considerati un po’ dei “frenatori” dai frettolosi seguaci del premier e da Renzi stesso. Troppo cauti, troppo rispettosi dei vecchi minuetti dell’alta burocratja romana.
Graziano Delrio, infatti, non libererà solo la sua poltrona, ma anche parecchie altre. Lotti, che arrivò dopo di lui a Palazzo Chigi, non ha mai gradito né la nomina di Bonaretti, né la conferma di molti capi dipartimento ereditati dai governi precedenti: secondo la legge sullo spoil system, infatti, i dirigenti generali possono essere rimossi entro 90 giorni dall’entrata in carica del nuovo governo, ma se vengono confermati poi spostarli è parecchio complicato. Un trasferimento al ricco ministero delle Infrastrutture, però, può essere un buon modo per liberare caselle a Palazzo Chigi.
I “fiorentini” vogliono chiamare più dirigenti esterni e in un caso si sono già scontrati col modello “inclusivo” di Delrio: per mettere insieme la squadra economica di Renzi (Nannicini, De Romanis, etc), infatti, si è dovuto aspettare che lasciassero il posto i consulenti precedenti, quasi tutti nominati da Enrico Letta e “incautamente” lasciati al loro posto dall’ex sottosegretario.
cena di finanziamento del pd a roma luca lotti
Dunque via Bonaretti, che sarà probabilmente sostituito dal suo vice Raffaele Tiscar, detto Lele, manager toscano-lombardo chiamato al governo da Renzi in persona nel maggio scorso. Col segretario generale se ne andrà anche la numero 3 di Palazzo Chigi, Marcella Castronovo, ex dirigente dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani di cui Delrio fu presidente. Dietro di loro, come detto, partirà pure qualche capo dipartimento.
Insomma, un sacco di ottimi posti per nuovi dirigenti più in linea col capo, nel senso assai semplice di fare esattamente quel che gli viene ordinato. La poltrona più ambita, ovviamente, è quella che Graziano Delrio lascia a malincuore. Il segretario del Consiglio dei ministri è davvero “il cuore del governo”: è crocevia di tutti i provvedimenti, li controlla, li modifica, gestisce l’ordine del giorno delle riunioni del governo. Per questo - al netto dei mille nomi che si fanno in queste ore - è difficile che quella carica vada a qualcuno che non sia della trimurti Lotti-Boschi-Manzione o loro diretta emanazione.
maria elena boschi intervista a chi
LA VICENDA si intreccia ovviamente coi nuovi sottosegretari (che dovrebbero andare a Ncd e alla parte finta della minoranza Pd) e col ministero per gli Affari regionali, che Renzi ha promesso al Nuovo Centrodestra dopo avergli scippato le Infrastrutture. Sarà una donna (Dorina Bianchi, Erminia Mazzoni o un’altra a caso) - giusta l’esplicita richiesta del premier accettata da Angelino Alfano - a presiedere quello che al momento è un “ministero dei convegni”: gli Affari regionali avranno sì i Fondi Ue, ma la programmazione per i prossimi anni è già stata fatta e la cassa rimane al Cipe, su cui governa il solito Lotti.
Proprio questa delega dell’uomo che Renzi chiama “fratello” sarà probabilmente il luogo del prossimo conflitto con Delrio: l’idea non segreta di Lotti, infatti, è sempre stata quella di portare al Cipe la Struttura di missione per le Grandi Opere finora rimasta al ministero delle Infrastrutture. È l’organismo su cui finora ha governato Ercole Incalza e di cui l’inchiesta fiorentina “Sistema” traccia un ritratto non proprio commendevole: quale momento migliore per una riforma che accresca il potere del governo “fiorentino”?