PRIMA DOMANDA. PUÒ L’AD DI ENI CLAUDIO DE SCALZI, CHE CHIEDE AL GOVERNO LA RICONFERMA, AVERE UNA MOGLIE CHE CONTROLLA UNA SOCIETÀ CHE FA AFFARI CON ENI? OVVIAMENTE NO, NON PUÒ. SECONDA DOMANDA. PUÒ “IL FATTO” AFFIDARE L'ATTACCO A DESCALZI AL SUO EX VICEDIRETTORE (STEFANO FELTRI) CHE OGGI LAVORA COL PRINCIPALE OPPOSITORE DI DESCALZI (L’EX CONSIGLIERE ENI LUIGI ZINGALES)?
Luca Fazzo per il Giornale
Prima domanda. Può un manager di Eni avere una moglie che controlla una società che fa affari con Eni? Ovviamente no, non può.
Seconda domanda. Può un giornale affidare l' attacco allo stesso manager di Eni a un giornalista che è a libro paga del principale oppositore di quel manager? La risposta, si direbbe, è altrettanto scontata. Eppure su questi due conflitti di interessi si gioca la singolar tenzone che da mesi sta accompagnando la partita per il rinnovo dei vertici delle aziende pubbliche, a partire dalla più ambita e strategica di tutte: quella, per l' appunto, di Eni.
CLAUDIO DESCALZI CON LA MOGLIE MARIA MAGDALENA INGOBA
L' amministratore delegato, Claudio Descalzi - glabro e chiuso quanto il suo predecessore, Paolo Scaroni, era chiomuto ed estroverso - punta ad un nuovo mandato. Il fronte trasversale che inizialmente aveva lavorato contro la riconferma di Descalzi si è via via assottigliato sotto il lavorio del manager e del suo potente apparato di relazioni e comunicazione. Alla fine a tuonare contro il Descalzi-bis è rimasto da solo un giornale: il Fatto Quotidiano, che questa settimana ha scaraventato sull' ad del cane a sei zampe una tempesta di fuoco con l' obiettivo esplicito di spodestarlo dalla guida del gruppo.
Il problema, per il quotidiano di Travaglio, è che da ultimo si è sfilato dalla battaglia anche il partito di riferimento, quel Movimento 5 stelle che in passato aveva sposato apertamente la crociata antidescalziana. Invece Descalzi riesce a farsi ricevere dal plenipotenziario grillino sulle nomine, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro: un incontro che sa di investitura.
Anche perché viene seguito da una dichiarazione alla agenzia Reuters in cui i 5 Stelle rendono omaggio alle capacità del manager con il cranio glabro. Il timore di Travaglio&C. è che la battaglia sia persa. E così arriva quella che nelle intenzioni dovrebbe essere l' arma finale: una doppia pagina in cui si elencano punto per punto i dieci motivi che renderebbero impraticabile l' ipotesi di un Descalzi-bis.
Tutto normale, tutto lecito. A cosa servono i giornali se non a fare le pulci al potere? E che quello di Eni sia un Potere con la maiuscola, più forzuto e più efficiente di molti apparati dello Stato, è un dato di fatto. Certo, ci sarebbe da discutere sull' approccio del decalogo: che viene stilato secondo i dettami classici del Travaglio-pensiero, sottolineando gli elementi di accusa e minimizzando o omettendo del tutto i fatti a discarico.
Non una riga per dire che tutte le volte che le accuse della Procura di Milano sulle presunte mazzette di Eni sono arrivate al vaglio di un tribunale ne sono uscite a pezzi. Non un accenno all' andamento non proprio lusinghiero per l' accusa del processo in corso contro Descalzi per le tangenti in Nigeria, con il pm De Pasquale che all' ultima udienza secondo il Corriere della sera esce «tramortito» da una testimonianza.
E, soprattutto, neanche in una parentesi si dice che il grande accusatore sul complotto che l' Eni di Descalzi avrebbe ordito ai danni della Procura di Milano, l' avvocato Pietro Amara, è un signore condannato per corruzione in via definitiva, portato in carcere pochi giorni fa e uscito solo grazie alla sentenza della Corte Costituzionale sullo spazzacorrotti (la stessa sentenza che ha indignato il Fatto per altri miracolati).
Una sola, delle dieci accuse lanciate dal Fatto, è un dato certo: le società della signora Descalzi. Infatti Eni, nella sua replica, non ne fa cenno. Ma il tema del conflitto di interessi è a doppio taglio. Gli articoli più ficcanti contro Descalzi portano la firma di Stefano Feltri, ex vicedirettore del Fatto, che dal 2019 lavora alla Chicago University presso lo Stigler Center, di cui dirige il blog ProMarket.
Chi è il capo dello Stigler? Luigi Zingales, ex consigliere di amministrazione di Eni, il grande accusatore di Descalzi che i contestatori vorrebbero al posto del supermanager. Per la Procura di Milano Zingales è la vittima del complotto di Eni, il suo dipendente Feltri tiene a galla mediatamente l' accusa, il cerchio si chiude.
Tutto normale? E gli amici americani di Feltri sono gli stessi che gli hanno aperto le porte dell' odiata Bilderberg, il club dei banchieri e degli economisti «reazionari», sollevando lo stupore dei collaboratori del Fatto?