MA POTEVATE DIRLO PRIMA CHE BASTAVA LIBERARSI DI SALVINI! IL NUOVO GOVERNO, SE PARTE, PARTIRÀ CON LO SCONTO: LA COMMISSIONE PRONTA A CONCEDERE 10-12 MILIARDI DI FLESSIBILITÀ - INTANTO MACRON E VON DER LEYEN SI PREPARANO A CAMBIARE LE REGOLE DI BILANCIO PER ACCONTENTARE LA GERMANIA ENTRATA IN CRISI: MENO VINCOLI E PIÙ INVESTIMENTI. UNA RIFORMA CHE CASCA A FAGIUOLO…
1. L'UE PREPARA LA SVOLTA SUI CONTI PUBBLICI "ADESSO BISOGNA CAMBIARE LE REGOLE"
Marco Bresolin per ''la Stampa''
Le regole europee sui conti pubblici non hanno funzionato e vanno cambiate. Il ragionamento che spesso risuona in molte capitali dell' Unione - Roma in primis - circola ormai con insistenza anche nei corridoi dei palazzi di Bruxelles. E la nuova legislatura sarà teatro del dibattito che accompagnerà la riscrittura delle norme di bilancio.
Accuse incrociate
A sostenere la necessità di cambiare il Patto di Stabilità e Crescita è un documento tecnico preparato dai servizi della Commissione. Non c' è ancora un piano concreto, visto che la direzione di marcia da intraprendere andrà discussa politicamente sia all' interno del nuovo esecutivo Ue, sia tra i governi dell' Eurozona. Ma la proposta nasce dopo un' analisi della situazione da cui emerge una doppia critica.
Per alcuni Paesi (soprattutto nel Nord del Continente) le regole di bilancio sono sbagliate perché non impongono ai Paesi altamente indebitati la necessaria disciplina. E soprattutto perché l' elevato margine di discrezionalità attribuito dalle norme alla Commissione ha di fatto impedito le sanzioni anche in caso di violazione (la procedura sul debito evitata per ben due volte dall' Italia nell' ultimo anno ne è un esempio).
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Ma il punto di vista dei Paesi con alto debito (come l' Italia) è diametralmente opposto: gli Stati dell' Europa meridionale considerano infatti troppo asfissianti i paletti fissati dalle regole Ue, specialmente nei periodi di rallentamento dell' economia.
Un elemento che è riportato anche nell' analisi effettuata dai servizi della Commissione. «Per trovare una via d' uscita - confida un funzionario Ue - servirebbero target meno severi, ma applicati con maggiore rigidità». Un altro aspetto su cui si concentrano le analisi degli esperti riguarda la tempistica degli obiettivi di bilancio: anziché fissare target annuali, che vengono ignorati senza grandi conseguenze, la stessa fonte spiega che sarebbe più utile fissare e concordare con i governi di piani di bilancio pluriennali.
La prudenza di Ursula
I contenuti del documento - ancora molto generico - sono stati svelati ieri con grande enfasi dal Financial Times e l' entourage di Ursula von der Leyen si è subito affrettato a prenderne le distanze. La portavoce della Commissione ha liquidato il «paper» come un semplice documento di riflessione che «ha zero credibilità» perché non è stato «né visto né avallato» dall' attuale esecutivo Ue e nemmeno dalla presidente eletta.
Una presa di distanza tanto netta quanto inusuale, finalizzata a smarcarsi da un progetto che al momento non figura nella lista delle priorità della donna che prenderà il posto di Jean-Claude Juncker. Ma la semplice esistenza di questo documento dimostra che le critiche dei governi sono condivise dagli stessi funzionari della Commissione e dunque sarà impossibile ignorarle.
Lo scontro Nord-Sud
Senza un' iniziativa di Bruxelles, inoltre, diverse capitali sono già pronte a farsi avanti per mettere sul tavolo proposte di revisione delle regole. Con l' inevitabile scontro tra falchi e colombe. Giovanni Tria, ministro dell' Economia, in un' intervista con La Stampa a luglio aveva svelato la sua intenzione di lavorare un piano con Francia e Spagna proprio per cambiare le norme europee sui conti pubblici. Un progetto che puntava a coinvolgere anche la Germania, il Paese ago della bilancia negli equilibri europei. L' iniziativa potrebbe essere ereditata dal suo successore, chiunque esso sia, visto che si tratta di un tema molto sensibile in Italia, a prescindere dal colore politico del governo.
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2. FLESSIBILITÀ UE, CON IL CONTE-BIS LA PARTITA SALE A 10-12 MILIARDI
Marco Regari e Claudio Tucci per ''Il Sole 24 Ore''
Una partita di fatto obbligata. È quella che nelle prossime settimane un nuovo Governo dovrà giocare con la commissione Ue per sostenere la complessa manovra economica 2020. Che, senza più l' ipoteca "flat tax" targata Lega, si dovrebbe attestare tra i 30 e i 35 miliardi, compresi i 23,1 miliardi necessari per evitare gli aumenti dell' Iva e i 4-5 miliardi per spese indifferibili e rifinanziamenti obbligati. Riempire questo bacino sarà un' impresa tutt' altro che facile.
Anche per questo motivo, pur senza ammetterlo ufficialmente, i possibili protagonisti di un esecutivo giallo-rosso sperano tutti di ottenere da Bruxelles l' ok a una nuova tranche di flessibilità di 0,4-0,5 punti di Pil da sommare alla quota dello 0,18% di Prodotto interno per interventi contro il dissesto idrogeologico e il Ponte Morandi di Genova già utilizzata quest' anno e messa in conto per il prossimo dall' ultimo Def. In tutto si tratterebbe di 10-12 miliardi, più o meno un terzo delle coperture per la prossima legge di bilancio.
FOTOMONTAGGIO – LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI
La manovra, secondo un primo schema abbozzato nei confronti tecnici da Pd e M5S, dovrà contenere un taglio al cuneo da almeno 4-5 miliardi, magari anche con la funzione di allargare la platea dei lavoratori beneficiari del bonus 80 euro e prevedere una forte spinta agli investimenti "Green" e a quelli destinati al Sud, senza trascurare le infrastrutture. Del resto, l' operazione "cuneo" dovrà alleggerire le imprese, e al tempo stesso aumentare le buste paga dei lavoratori. Molta attenzione verrebbe poi data alla formazione, soprattutto continua, e alla scuola.
Resterà in vigore il reddito di cittadinanza, magari con un rafforzamento delle misure di politica attiva per incentivare di più, e meglio, il raccordo con il mondo del lavoro; mentre, con tutta probabilità, ci sarà un' ampia rivisitazione di quota 100, che dovrebbe esaurirsi nel 2021 e lasciare il posto ad altri strumenti, come ad esempio l' Ape social rafforzata.
Quasi certe alcune correzioni al Jobs act, soprattutto sul versante crisi aziendali. Attualmente al Mise sono aperti oltre 150 tavoli relativi a grandi aziende che interessano più di 200mila lavoratori. Qui, tra le ipotesi su cui si starebbe ragionando, accanto al potenziamento delle politiche, è un irrobustimento dei sussidi, Cigs in testa (ridotta dalla riforma del 2015) ma che, a oggi, con l' esaurirsi della mobilità, rappresenta l' unico strumento di sostegno prima della perdita del posto di lavoro.
La flessibilità Ue è insomma indispensabile. E le chance di successo per il Governo italiano sarebbero tutt' altro che limitate, per due motivi. Il primo è rappresentato dai conti sostanzialmente in ordine lasciati dal primo esecutivo Conte anche attraverso l' aggiustamento di luglio (come ha ricordato lo stesso ministro uscente Giovanni Tria) grazie al quale il deficit 2019 è sceso attorno al 2 % dal 2,4% indicato nel Def. E a fine anno potrebbe toccare quota 1,9% per effetto dei risparmi finali di quota 100 e reddito di cittadinanza e alle maggiori entrate fiscali a consuntivo. Senza dimenticare la spesa per interessi che risulterà più bassa rispetto alle previsioni iniziali.
L' effetto trascinamento delle misure adottate a luglio, insieme alla quantificazione delle minori spese per il prossimo anno(sempre dal "welfare"), delle maggiori entrate e delle uscite più contenute per gli interessi sul debito garantiranno una "dote" di circa 8 miliardi per il 2020 con una contemporanea riduzione dell' indebitamento, attualmente previsto al 2,1%. Da qui partirà la costruzione della manovra che verrà puntellata con la probabile rimodulazione di quota 100 (possibile minor spesa di quasi 4 miliardi) e un mix di spending review e riordino dei bonus fiscali.
Il secondo fattore che può favorire l' uso di deficit aggiuntivo è da ricercare nell' approccio della Ue che comincia ad apparire meno rigido. La recessione che si sta incuneando nell' Europa e il rallentamento dell' economia tedesca starebbero inducendo Bruxelles a dare un' interpretazione più elastica degli attuali vincoli sui conti pubblici, in attesa magari di una riscrittura del Patto di stabilità e crescita in versione più soft.