PUTIN PUO’ DECIDERE IL DESTINO DELLE PROSSIME ELEZIONI PRESIDENZIALI AMERICANE - AL CREMLINO SONO IN POSSESSO DELLE MAIL DI HILLARY CLINTON, QUELLE CHE, NEI SUOI QUATTRO ANNI DI MANDATO DA SEGRETARIO DI STATO, L’EX FIRST LADY HA SPEDITO E RICEVUTO DAL SUO INDIRIZZO PERSONALE DI POSTA ELETTRONICA. E CHE FARÀ ORA ZAR VLAD?
1 - DAGONOTA
vladimir putin alla conferenza di fine anno
Vladimir Putin può incidere pesantemente sulle prossime elezioni presidenziali americane. Come? Mosca può contare sugli hacker migliori del mondo e pare che al Cremlino siano già in possesso delle mail di Hillary Clinton, quelle che - nei suoi quattro anni di mandato da segretario di Stato - l’ex first lady ha spedito e ricevuto per questioni lavoro dal suo indirizzo personale di posta elettronica. Che farà ora Zar Vlad? Le consegnerà a Donald Trump, per favorire lo sputtanamento della sua sfidante, oppure le userà per “trattare” con Hillary per agevolare gli interessi della Russia? Avviso ai navigati: a Mosca dimora, da rifugiato politico, l’informatico ex CIA Edward Snowden, cui si deve la scoperta del “Datagate”...
2 - L'APPELLO CHOC DI TRUMP ALLA RUSSIA
hillary clinton vince le primarie
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
I venti di intrigo internazionale che da giorni spirano attorno alla convention democratica di Filadelfia diventano bufera: citando i rapporti degli esperti, per la prima volta è lo stesso Barack Obama ad accusare la Russia di essere dietro il furto digitale di 20 mila email della Dnc, l' organizzazione del Partito democratico. Il presidente non arriva a sostenere direttamente che Vladimir Putin è il regista di un tentativo di interferenza nelle elezioni Usa con l'obiettivo di favorire Donald Trump, ma nota che il Cremlino sicuramente trarrebbe vantaggi dall'elezione del candidato repubblicano.
Il tycoon populista si presta al gioco o ne è parte? «Non ho elementi diretti. Ma vedo che Trump continua a esprimere ammirazione per Putin». Trump replica col suo solito stile: nega, si contraddice, cerca la frase a effetto. Dopo aver definito nei giorni scorsi le accuse a Mosca «inverosimili e ridicole», ora riconosce che l'infiltrazione informatica potrebbe avere davvero origini russe.
Ma poi tira in ballo anche la Cina e definisce la ricerca dei responsabili fumo negli occhi per distrarre dalla sostanza dei messaggi (la partigianeria dei funzionari democratici in chiave anti Sanders). Anche sui rapporti con Putin, per il quale in passato aveva espresso simpatia dicendo di avere una buona conoscenza del personaggio, «The Donald» adesso frena: «Non l'ho mai visto, non lo conosco. So solo che è un leader migliore di Obama, ma questo lo sanno tutti».
Abituato a spararle grosse senza mai pagare pegno, Trump collega disinvoltamente Mosca ad altre email: quelle scambiate da Hillary Clinton quando era segretario di Stato e poi trasferite su un suo «server privato». Un caso diventato scandalo che ha danneggiato non poco l'immagine della ex first lady. Il candidato populista provoca in modo plateale: «Russia, se mi ascolti cerca di trovare anche quelle 33 mila email della Clinton che sono sparite. I "media" americani te ne saranno grati».
Pensa sia una delle sue solite spiritosaggini: l'intrigo internazionale che diventa farsa. Non si rende conto che sta toccando uno dei nodi più delicati della politica estera e della sicurezza americana. La conferenza stampa in Florida nella quale ha fatto queste affermazioni è appena finita e già si fa sentire il leader dei repubblicani al Congresso, Paul Ryan, attraverso il suo portavoce: «La Russia è una minaccia globale, un Paese guidato da un teppista pericoloso. Va assolutamente tenuta fuori dal nostro processo elettorale».
Molti altri esponenti conservatori scendono in campo dicendosi allarmati per l'interferenza russa nella politica degli Stati Uniti. Poco dopo alle loro voci si unisce anche quella del candidato repubblicano alla vicepresidenza Mike Pence, chiaramente un pesce fuor d'acqua nell'universo trumpiano: «Deve essere chiaro che se il coinvolgimento russo in questa vicenda verrà provato, la cosa avrà gravi conseguenze» nei rapporti internazionali.
Obama ne approfitta per un affondo sull'ignoranza di Trump in politica estera, sul suo «bullismo dialettico»: «Lasciate perdere per un attimo la questione dei codici nucleari nelle sue mani. Il principale problema è che lui non sa di affari internazionali e non ha alcun interesse a imparare».
I critici del presidente fanno notare che anche gli Stati Uniti spiano gli altri Paesi: organizzazioni governative e non. E lo fanno in modo massiccio. La «cyberwar» ormai è una realtà riconosciuta da tutti, ma la sua applicazione al processo elettorale di una grande democrazia rappresenta un salto di qualità grave, senza precedenti. Grave ma non del tutto sorprendente.
hillary clinton a chappaqua ny per il memorial day
Quello che sta avvenendo appare in linea con la «dottrina Gerasimov»: il generale russo che tre anni fa teorizzò un cambiamento dei canoni della guerra nell'era digitale. Meno tank e cannoni, più manipolazioni dell' opinione pubblica e disinformazione anche quando non c'è un conflitto dichiarato ma si è in un'area grigia tra guerra e pace. Teoria russa, ma a Mosca sostengono che a cominciare sino stati altri («manine» americane?), con le primavere arabe e le rivolte «arancioni» nell'Est Europa. Come dire: chi è senza peccato...
3 - L’EX SFIDANTE DI HILLARY: A CONFRONTO IL WATERGATE E’ ROBA DA DILETTANTI
M. Ga. per il “Corriere della Sera”
«Questa incursione della Russia nel processo politico americano è una cosa gravissima, senza precedenti. Mai visto niente di simile. Abbiamo avuto il Watergate, certo, ma quelli erano mascalzoni che andavano in giro coi cacciavite e non arrivavano dall' estero».
Martin O'Malley, l'ex governatore del Maryland che durante le primarie democratiche è stato a lungo il «terzo incomodo» tra Hillary Clinton e Bernie Sanders nella corsa alla nomination democratica, è incredulo e furioso. Nel «convention center» di Filadelfia passa da un caucus all' altro - neri, latinos , immigrati europei, nativi delle riserve indiane - ma nei corridoi si ferma davanti ai teleschermi: Obama che accusa la Russia e Trump, mentre il candidato repubblicano si difende dicendo di non conoscere Putin. Però poi invita Mosca a scavare per trovare anche le 30 mila email «sparite« di Hillary Clinton.
Pensa anche lei che Putin stia tirando la volata a Trump?
«Per rispondere alla sua domanda bisogna prima chiedersi chi è Donald Trump. Lui si presenta come l'erede di Ronald Reagan, ma Reagan abbatteva muri - quello di Berlino - mentre il candidato repubblicano vuole costruirne di nuovi, alla frontiera col Messico. Ma, soprattutto, Reagan è stato un ferreo difensore dell'Alleanza Atlantica mentre Trump vuole indebolire e forse smantellare la Nato. E ci sorprendiamo che Putin lo elogi trattandolo da grande leader e lo preferisca alla Clinton che lo conosce e sa come arginarlo?»
Sospetti e indizi molti, prove specifiche contro Mosca per ora nessuna. E Trump, dopo aver parlato del presidente russo come di una persona con cui è in sintonia e di cui si fida, ora dice di non averlo mai conosciuto. Vede il rischio di un «Manchurian candidate», un candidato eterodiretto?
«Le prove di una cospirazione russa le deve trovare chi è preposto a questo. E l'Fbi è già al lavoro. Quanto a Trump la sua simpatia per Putin non è venuta fuori da una battuta casuale: è un leitmotiv di tutta la sua campagna elettorale. È presto per i giudizi definitivi, ma non per mettere in fila i fatti. E tra questi c'è la decisione di Trump di scegliersi come manager della campagna elettorale un personaggio, Paul Manafort, che è stato per anni al servizio del presidente filorusso dell'Ucraina, Viktor Yanukovich, un alleato di Putin. Ha mai visto, nella storia politica americana, un capo di una campagna elettorale così compromesso?»
bill clinton hillary e donald trump
Incontrando i rappresentanti delle comunità dell'Est europeo lei li ha messi in guardia: Trump è un pericolo per la sicurezza di tutti, dalla Polonia all' Ucraina. Vede rischi per l'Europa occidentale?
«L' aggressività di Putin è un pericolo per tutti. Ma più che di quelli di tipo militare, io mi preoccupo dei rischi politici insiti in questo tipo di interferenze. Stanno passando messaggi inquietanti e fuorvianti mentre si perde di vista la sostanza: siamo il Paese della società aperta, il nostro simbolo è la statua della Libertà. Come ci si può affidare a uno che alle statue preferisce i muri e familiarizza con i specialisti dei cavalli di Frisia?» .