giorgia meloni benjamin netanyahu israele

FINO A QUANDO MELONI RIUSCIRÀ AD AZZITTIRE LE VOCI FILO-PALESTINESI A DESTRA? – DOPO L'ATTACCO DI HAMAS IL GOVERNO ITALIANO SI È SUBITO SCHIERATO COMPATTO DALLA PARTE DI ISRAELE. E COSI’ HA OTTENUTO UN POSTO AL VERTICE CON USA, GRAN BRETAGNA, GERMANIA E FRANCIA – MA DENTRO FDI, TRA CHI VIENE DALLA “DESTRA STORICA”, CONTINUANO A ESISTERE POSIZIONI DI APPOGGIO ALLA “CAUSA” PALESTINESE – LA SVOLTA DI FINI A GERUSALEMME E LA POSIZIONE “DUE POPOLI, DUE STATI”

Estratto dell’articolo di Giulia Merlo per www.editorialedomani.it

 

BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI

L’attacco terroristico a Israele ha fatto trovare compatto il governo Meloni: sono arrivate la condanna per la violenza di Hamas e la solidarietà a Gerusalemme. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha scelto la via più istituzionale di comunicare solo attraverso note ufficiali di palazzo Chigi, a poche ore dall’inizio dell’attacco e poi con altre comunicazioni di interlocuzioni con il primo ministro Benjamin Netanyahu e di riunioni con l’intelligence.

 

[…] Meloni prende […] parte al vertice a cinque con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Rishi Sunak. Un invito al tavolo dei grandi, che rende più solida la posizione internazionale di Meloni in un momento di crisi del bacino mediterraneo in cui l’Italia gioca un ruolo strategico.

 

GIANFRANCO FINI IN ISRAELE

[…]  Eppure, la storia della destra non è monolitica e anche le parole nella nota di palazzo Chigi sono state scelte con cura: si parla di «brutale attacco» e di condanna del «terrore e la violenza contro civili innocenti». Non viene però citata Hamas, che da subito ha rivendicato l’attacco.

 

Sulla stessa linea si sono collocati inizialmente anche tutti gli esponenti di spicco di Fratelli d’Italia - rigidi nella condanna ma senza citare Hamas – e solo negli interventi della tarda mattinata, con il capogruppo alla Camera Tommaso Foti, si è parlato di «aggressione a Israele subita questa mattina da Hamas».

 

È un segnale, seppur marginale, di come il conflitto israelo-palestinese sia una questione aperta nel dibattito interno di Fratelli d’Italia. Per una parte della dirigenza di partito, in particolare quella più istituzionale che è entrata nel governo anche negli anni degli esecutivi di Silvio Berlusconi, il radicamento su posizioni filo-israeliane è ormai digerito. Anzi, è diventato uno dei punti fissi del progetto della nuova destra di Giorgia Meloni, che da premier si è spesa da subito per orientare l’operato del suo governo, esprimendo vicinanza alla Comunità ebraica e allo stato di Israele.

 

BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI

Esiste però uno zoccolo duro, che fa riferimento in particolare all’elettorato storico di FdI direttamente discendente da quello del Movimento sociale, che ha nelle proprie radici culturali e di militanza la condivisione della causa palestinese. Non a caso nel 2003, quando l’allora leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini andò in una storica visita a Gerusalemme e prese le distanze dalle leggi razziali e dalla repubblica di Salò, nel mondo della destra scoppiò un terremoto, con addii polemici come quello di Alessandra Mussolini e la richiesta dell’allora ministro per gli Italiani all’estero di An, Mirko Tremaglia (uno degli ultimi ragazzi di Salò) di convocare l’assemblea nazionale del partito.

 

bandiera si israele proiettata su palazzo chigi dopo l attacco di hamas

Tracce, seppur velate, di questa tensione mai risolta si ritrovano in una mozione del 2015, all’epoca firmata dai principali esponenti di Fratelli d’Italia alla Camera - tra cui l’attuale presidente Meloni - in cui si fa riferimento alla linea dei «due popoli e due Stati» per risolvere il conflitto israelo-palestinese, con il reciproco riconoscimento dello stato della Palestina e di Israele, con ripresa del negoziato per la pace.

 

Nell’incipit della mozione, con riferimento al conflitto del luglio 2014, si fa riferimento ad Hamas come «organizzazione politica e paramilitare palestinese creata nel 1987» e solo in un passaggio successivo lo si definisce un movimento che «oggi, appare nella lista delle organizzazioni terroristiche».

 

Un esponente di quest’area storica di militanza a destra è Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma con An e oggi critico rispetto alle posizioni di Meloni, che non a caso è intervenuto con un post in cui ha scritto che «Il terrorismo va respinto, ma bisogna avere la forza di strappare le radici dell’odio. Riconoscendo a due popoli il diritto di avere ciascuno la propria Patria e il proprio Stato sovrano».

 

meloni tajani

Traccia delle storiche posizioni dell’estrema destra in tema di conflitto in Israele si trovano oggi nella posizione esposta dal fondatore di Forza Nuova, Roberto Fiore, che su X ha scritto che «non c'è pace senza giustizia. I palestinesi cercano di liberare la loro patria e gli israeliani rispondono con più insediamenti».

 

In un articolo su Fahrenheit 2022 ha aggiunto che «quando si parla di distruzione di Israele, anche nelle menti più radicali quali Hezbollah e Hamas, non si intende eliminare gli ebrei e gettarli a mare, ma di creare una Palestina, in cui sia consentito a tutte le razze, etnie e religioni, di autogovernarsi in una dinamica cantonale simile a quella svizzera». […]

gianni alemanno giorgia meloni bandiera si israele proiettata su palazzo chigi dopo l attacco di hamas

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni donald trump - immagine creata con grok

DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRIMA DEL VERTICE BY MACRON, LA DUCETTA AVREBBE AVUTO LA TENTAZIONE DI CHIAMARE TRUMP, MA POI CI HA RIPENSATO. PERSINO LEI HA CAPITO CHE DALL'"IMPERATORE DEL CAOS" AVREBBE RICEVUTO SOLO ORDINI, VISTO CHE CONSIDERA I PAESI EUROPEI SOLO DEI VASSALLI - DAVANTI A UN PRESIDENTE AUTORITARIO CHE DIFFONDE MENZOGNE E RIBALTA LA REALTÀ (“ZELENSKY È UN DITTATORE MAI ELETTO. L’UCRAINA NON DOVEVA INIZIARE LA GUERRA. L'EUROPA HA FALLITO”), SIAMO SICURI CHE L’ANTIPATICO GALLETTO FRANCESE MACRON E L’EUROPA MATRIGNA (CHE COMPRA BTP E DA' 209 MILIARDI DI PNRR) SIANO PEGGIO DI UN INAFFIDABILE AFFARISTA TRAVESTITO DA PRESIDENTE?

donald trump bin salman zelensky putin xi jinping

DAGOREPORT - CHE COSA FRULLA NEL CAPOCCIONE DI DONALD TRUMP? QUAL E' IL SUO PIANO PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE, A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA? - L'AFFARISTA FATTOSI PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI È CONVINTO CHE RILEGITTIMANDO LA RUSSIA DI PUTIN COME POTENZA MONDIALE, MOSCA SI SLEGHI DALL’ABBRACCIO COL SUO NEMICO N°1, LA CINA, E MOLLI L’IRAN AL SUO FATAL DESTINO - MA IL TRUMPONE LA FA TROPPO FACILE, AL PUNTO DA PROVOCARE PERPLESSITÀ IN UN ALLEATO DI FERRO COME IL SAUDITA MOHAMMED BIN SALMAN (NON E' UN CASO CHE RIAD OSPITI IL VERTICE PER LA PACE IN UCRAINA, ANZICHE' NELLA NEUTRALE SVIZZERA) – IL DIALOGO IMMAGINARIO TRA IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA E “THE DONALD” E TUTTE LE VARIABILI CHE TRUMP NON PRENDE IN CONSIDERAZIONE: DALLA REAZIONE CINESE ALLA DEPORTAZIONE DI DUE MILIONI DI PALESTINESI, DALLE SPACCATURE NELL’ISLAM A TAIWAN, PASSANDO PER L'EUROPA...

mediaset matteo salvini marina berlusconi piersilvio giorgia meloni paolo del debbio mario giordano nicola porro

DAGOREPORT – MATTEO SALVINI ATTACCA MARINA BERLUSCONI, REA DI AVER LIQUIDATO TRUMP COME "BULLO", PERCHÉ A MEDIASET NON SE LO FILANO PIÙ: IL CLUB DEGLI ''AMICI DI GIORGIA'' (PORRO-DEL DEBBIO-GIORDANO, CAPITANATO DA SALLUSTI) LO HA ESTROMESSO DAI TALK DI RETE4 – L’INTERVISTA RILASCIATA DALLA CAVALIERA AL ''FOGLIO'' È UN MANIFESTO PER LA FORZA ITALIA GUIDATA DALL'INETTO TAJANI, MARCANDO COSI' LA SUA DISTANZA DA MELONI. E ANCHE DA CHI IN MEDIASET, SUONA OGNI SERA LA GRANCASSA ALLA DUCETTA (E INFATTI LE PAROLE DELLA FIGLIA PREDILETTA DI SILVIO BERLUSCONI HANNO INDISPETTITO IL POCO CORAGGIOSO PIER SILVIO…)

giorgia meloni vertice parigi eliseo emmanuel macron

DAGOREPORT- PER CAPIRE COSA È SUCCESSO AL VERTICE PARIGINO DI MACRON, BASTA VEDERE IL VOLTO INGRUGNITO DI GIORGIA MELONI - PER DARE UN SEGNALE A TRUMP DEL SUO STATO D’ANIMO ALLA ‘’CONVOCAZIONE’’ DEL PRESIDENTE FRANCESE, È ARRIVATA ALL’APPUNTAMENTO CON UN’ORA DI RITARDO, PER POI PRODURSI IN UNA FIGURA BARBINA QUANDO HA AFFERMATO DI NON ESSERE D’ACCORDO SULL’IDEA DI PROPORRE UNA VIA EUROPEA AL CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA: L’UNIONE DA SOLA NON VA DA NESSUNA PARTE, QUINDI OCCORRE ‘’RAGIONARE’’ CON TRUMP. A QUEL PUNTO, LA PREMIER MUSK-ERATA SI È RITROVATA ISOLATA, CON I PRESENTI CHE IN CORO LE HANNO FATTO PRESENTE CHE, FINO A PROVA CONTRARIA, È IL PRESIDENTE AMERICANO CHE NON INTENDE “RAGIONARE” CON L'EUROPA (VEDI LE TRATTATIVE RUSSIA-USA IN CORSO A RIAD...)

giorgia meloni donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA MACRON PER L’UCRAINA (E SI VEDEVA), MA HA DOVUTO ABBOZZARE – IL TOYBOY DELL’ELISEO HA APPARECCHIATO UN TAVOLO CON TUTTI I PRINCIPALI LEADER EUROPEI (PIÙ IL BRITANNICO STARMER, PRIMO CONTRIBUTORE DI KIEV, DOPO GLI USA) E LA DUCETTA NON POTEVA DISERTARE – A CONVINCERLA È STATO ANCHE IL PRESSING DELLA "FIAMMA MAGICA", CHE LE HA FATTO NOTARE CHE NON PRESENZIARE L’AVREBBE ISOLATA COMPLETAMENTE. MEGLIO PARTECIPARE, E MARCARE LA PROPRIA DISTANZA AGENDO COME “DISTURBATRICE” TRUMPIANA. E COSÌ È STATO – IL PIANO DI TRUMP: RIAVVICINARE PUTIN ALL’ORBITA EURO-ATLANTICA PER LASCIARE SOLO XI JINPING...