QUESTIONE DI SANITA’ (MENTALE) - ANCHE IL “SUO” CORRIERE SI ACCORGE CHE MONTI HA SBARELLATO SULLA SOSTENIBILITA’ DEL SSN - “SE VUOLE IL MODELLO AMERICANO SI PRESENTI ALLE ELEZIONI!” - “PRIMA DI PARLARE DI AFFARI CON I BIG DELLE POLIZZE (GENERALI, UNIPOL, ALLIANZ E INTESA), IL GOVERNO FAREBBE BENE A FARE IL SUO MESTIERE…” - LA SPESA PUBBLICA PER LA SALUTE IN ITALIA NON E’ SUPERIORE AGLI ALTRI PAESI…

Massimo Mucchetti per il "Corriere della Sera"


Mario Monti avverte che i sistemi sanitari, compreso quello italiano, potrebbero non essere più sostenibili nel tempo dalla fiscalità generale. Secondo il premier, non basterà eliminare sprechi, inefficienze e corruzione, ma ci vorranno anche altre forme di finanziamento che l'economista Fabio Pammolli ha coerentemente individuato nei fondi privati sanitari. Il tema non è nuovo, ma l'alta cattedra dal quale viene riproposto promette di renderlo materia dell'azione di governo. Per questo merita un approfondimento, che schematizzerò in 5 punti.

1) In Italia la salute è un diritto di cittadinanza. Certo, è anche materia di iniziativa economica, ma solo in seconda battuta. Il diritto alla salute coinvolge le ansie e le speranze più profonde delle persone nel momento di maggior debolezza, la malattia. Il premier ha posto un problema reale, ma lo ha fatto in termini ancora generici. Sarebbe augurabile che lo stesso premier o il ministro della Salute entrassero nel merito, per non aggiungere nuove ansie alle vecchie.

2) La spesa sanitaria non è un totem. Il Paese deve decidere se essa debba assorbire sempre la stessa percentuale del Prodotto interno lordo o se non possa crescere un po', certo in modo controllato, seguendo i cambiamenti indotti dall'aumento della vita media. Una famiglia giovane non consuma gli stessi beni e servizi di una famiglia di giovani e vecchi. Sta a noi scegliere se, a parità di risorse, vengono prima l'assistenza ai genitori anziani e alle giovani mamme o lo «smartphone» e la «trophy bag».

Sono i valori a determinare l'economia o è l'economia a determinare i valori? La quota pubblica della spesa sanitaria, dicono le statistiche correnti, passerà dal 7,3% del Pil all'8,2% nel 2060. Meno dell'1% in più tra 38 anni. Proiettare a così lungo termine la spesa sanitaria pubblica è un esercizio fattibile. Farlo anche con il Pil è azzardato. Invidio gli aruspici che gettano il cuore oltre gli ostacoli della logica e della storia. Ma li prenderei con le pinze. E intanto partirei dai dati verificati.

3) Al netto degli orrendi scandali e degli insopportabili sprechi che allignano perfino in Lombardia, il sistema sanitario nazionale italiano non è il colabrodo che gli scandalizzati di mestiere dipingono. Costoro, talvolta senza accorgersene, portano acqua al mulino del sistema finanziario e delle burocrazie sindacali, che già fiutano un nuovo affare corporativo sull'assai discutibile modello dei fondi pensione.

Dalla tabella che abbiamo ricostruito sui dati Ocse, risulta che l'Italia è il Paese dove la tutela della salute assorbe la minor spesa globale sia pro capite sia in relazione al Pil. E questo accade con un peso della mano pubblica di dimensione europea. Gli Usa, che rappresentano il modello alternativo, basato sulla prevalenza delle assicurazioni, è infinitamente meno efficiente e meno efficace, come rivelano i dati sulla vita media e la mortalità infantile, assai meno buoni negli Usa.

4) Il premier potrebbe andar fiero di quanto è stato fatto prima di lui. Non si parte da zero. In Italia, la spesa per ricoveri e pronto soccorso è scesa al 40% del totale grazie all'eliminazione del 30% dei posti letto antieconomici. La Germania, per dire, è molto indietro sulla strada dell'efficienza sanitaria.

Prima di parlare di affari con Generali, Unipol, Allianz e Intesa Sanpaolo, i big delle polizze, il governo farebbe bene a fare il suo mestiere. Che consiste, anzitutto, nel modernizzare il servizio sanitario nazionale partendo dalle esigenze della «clientela». Se il 40% degli assistiti soffre di malattie croniche che assorbono l'80% delle risorse, andranno comunque modificati i servizi prima di pensare a come finanziarli. O vogliamo imitare certe aziende che prima fanno finanza e poi, non si sa quando, lavorano ai nuovi modelli di automobile?

5) Certo, alla fine, i soldi servono. Ma la soluzione sono davvero i fondi sanitari americaneggianti? Oggi nulla vieta di stipulare polizze sanitarie integrative. I fautori dei fondi vorrebbero che queste o altre forme condivise con i sindacati avessero sgravi fiscali tali da favorirne la diffusione. L'idea presenta quattro difficoltà.

A) Dal punto di vista della finanza pubblica, la soluzione pare teoricamente neutrale: con i fondi, la maggior spesa sanitaria sarebbe sì a carico delle persone e non dello Stato, e tuttavia il bilancio pubblico, in seguito agli sgravi, perderebbe la relativa entrata fiscale.

B) Anche dal punto di vista delle persone nel loro complesso l'effetto fondi sarebbe neutrale: non avrebbero maggiori imposte e contributi, ma dovrebbero accollarsi i premi della polizza. Dal punto di vista dei singoli, invece, verrebbe meno l'effetto solidaristico del servizio sanitario nazionale, perché i ricchi avrebbero una bella polizza (in molti già ce l'hanno) e i poveri ne avrebbero una misera (e non sarebbero i sindacati a migliorarla).

C) L'intervento dei fondi avrebbe un senso se, dagli stessi 100 euro, fossero capaci di estrarre maggiori cure rispetto al servizio sanitario nazionale. Purtroppo, l'esperienza smentisce questo assunto. Oltre alla tabella, ricorderemo che i costi amministrativi della sanità pubblica italiana sono pari al 6%, mentre la sanità mista americana viaggia sul 15%.

D) L'intervento dei fondi avrebbe di nuovo un senso se, investendo i denari degli assicurati, potessero ricavare maggiori risorse per la cura delle persone. Niente garantisce che così sia. Sul piano del rigore, se la sanità pubblica ha i suoi Daccò, le assicurazioni hanno i loro Ligresti. Una bella lotta. Sul piano finanziario, le performance medie dei fondi, come si evince dai rapporti di Mediobanca, sono deludenti. Senza contare il trasferimento all'estero di un'ulteriore quota di risparmio nazionale che i gestori immancabilmente attuerebbero per proteggersi dai rischi Paese.

Morale: se l'intervento di Mario Monti intende costringere una classe politica riluttante a organizzare meglio il prelievo, articolandolo su base regionale, dunque più vicina ai centri di spesa, e per scopi precisi, per esempio l'assistenza ai non autosufficienti o le cure odontoiatriche, va senz'altro sostenuto; se invece sottintende l'importazione del modello americano, allora sarà meglio dichiararlo apertis verbis e farsi misurare alle urne. La scelta del modello sociale, di cui il welfare sanitario è una colonna portante, interroga la democrazia, non la tecnica.

 

Massimo Mucchetti Mario Monti RENATO BALDUZZI ospedale Bambino Gesùospedalepronto soccorso

Ultimi Dagoreport

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…

bergoglio papa francesco salma

DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT – MA ‘STI “GENI” ALLA FIAMMA DI PALAZZO CHIGI PENSANO DAVVERO DI GOVERNARE IL PAESE DEI CAMPANELLI? E COME SI FA A NON SCRIVERE CHE DIETRO L’APPLICAZIONE DEL GOLDEN POWER ALL’UNICREDIT, C’È SOLO L’ESPLICITA VOLONTÀ DEL GOVERNO DEI MELONI MARCI DI MANGANELLARE ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA OSATO METTERSI DI TRAVERSO AL LORO PIANO “A NOI LE GENERALI!”? - UNA PROVA DELL’ATTO ‘’DOLOSO’’? IL GOLDEN POWER, UNO STRUMENTO CHE NASCE PER PROTEGGERE GLI INTERESSI NAZIONALI DALLE MIRE ESTERE, È STATO APPLICATO ALL’OPERAZIONE ITALIANISSIMA UNICREDIT-BPM, EVITANDO DI UTILIZZARLO ALLE ALTRE OPERAZIONI BANCARIE IN CORSO: MPS-MEDIOBANCA, BPM-ANIMA E BPER-SONDRIO - ORA UNICREDIT PUÒ ANCHE AVERE TUTTE LE RAGIONI DEL MONDO. MA NON SERVE A UN CAZZO AVERE RAGIONE QUANDO IL TUO CEO ORCEL STA SEDUTO DALLA PARTE SBAGLIATA DEL POTERE…

jd vance papa francesco bergoglio

PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO IDEA SOLO DOPO L’INCONTRO DEL NUMERO DUE DI TRUMP CON IL SEGRETARIO DI STATO: VANCE SI È MOSTRATO RICETTIVO DI FRONTE AL LUNGO ELENCO DI DOSSIER SU CUI LA CHIESA È AGLI ANTIPODI DELL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA, E HA PROMESSO DI COINVOLGERE IL TYCOON. A QUEL PUNTO IL PONTEFICE SI È CONVINTO E HA ACCONSENTITO AL BREVE FACCIA A FACCIA – SUI SOCIAL SI SPRECANO POST E MEME SULLA COINCIDENZA TRA LA VISITA E LA MORTE DEL PAPA: “È SOPRAVVISSUTO A UNA POLMONITE BILATERALE, MA NON È RIUSCITO A SOPRAVVIVERE AL FETORE DELL’AUTORITARISMO TEOCRATICO” – I MEME