NELLA PARTITA DEL QUIRINALE SI GIOCANO TRE DERBY - SALVINI DEVE GUARDARSI DALLA MELONI, LETTA DA RENZI E CONTE DA DI MAIO - I TRE DEVONO TROVARE UN ACCORDO PER NON ESSERE AZZANNATI ALLE SPALLE - DRAGHI PROVA AD ALLISCIARE I PARTITI "PROMETTENDO" AUTONOMIA: "SE TOCCASSE A ME ESSERE SCELTO PER IL QUIRINALE, NON POTREI CERTO INDICARE UN SUCCESSORE O METTERE A PUNTO UN NUOVO ESECUTIVO. LASCEREI MANO LIBERA ALLA POLITICA, SAREBBERO I LEADER A TROVARE UN ACCORDO TRA LORO..."
Estratto dell'articolo Annalisa Cuzzocrea per "la Stampa"
«Se toccasse a me essere scelto per il Quirinale, non potrei certo indicare un successore o mettere a punto un nuovo esecutivo. Lascerei mano libera alla politica, sarebbero i leader a trovare un accordo tra loro». Al telefono con un esponente di governo, Mario Draghi manda un messaggio che non può essere frainteso. Nessun semipresidenzialismo di fatto, nessuna mania di grandezza. Il presidente del Consiglio rispetta tutte le prerogative dei partiti e del Parlamento. Sa che il suo futuro è nelle loro mani. Soprattutto, sa che è quello che i leader vogliono sentirsi dire. A un anno e mezzo dalla fine della legislatura - bene che vada - la politica vuole riprendersi la sua autonomia.
giuseppe conte luigi di maio foto di bacco (1)
[…] Perché a Draghi - nelle conversazioni private - tutti dicono: «Se si creeranno le condizioni siamo pronti a sostenerti», ma quel che si sta tentando - invece - è di fare a meno di lui. Per il Quirinale, ovviamente. Non certo per la guida del governo in un anno che si prevede travagliato. È per questo che l'idea di un ingresso dei leader nell'esecutivo, gli assi di briscola - per dirla con Salvini - è stata subito bollata dal Nazareno come una «solenne sciocchezza». […]il primo tentativo della triangolazione è stato quello di convincere il leghista a sostenere un Mattarella bis. Ma su questo, il segretario del Carroccio ha il problema Giorgia Meloni […]
In subordine, si tenta di trovare un nome che possa unire tutti e - questa la richiesta di Salvini - che non venga sempre dalla solita area di centrosinistra. Perché già la missione di trainare il centrodestra su una soluzione diversa da quella di Silvio Berlusconi è difficile. Se fosse per far "vincere" il Pd, sarebbe impossibile (e infatti, prende quota il nome dell'ex ministro dgeli Esteri e commissario europeo Franco Frattini). Ma siamo all'inizio della trattativa, questo è il punto. E a ogni incontro, le condizioni cambiano, si rimuovono ostacoli, se ne incontrano di nuovi.
Quel che è certo è che a Conte, Letta e Salvini parlarsi conviene per una ragione fondamentale: tutti e tre hanno dei rivali da tenere a bada. Il presidente del Movimento soffre - è un eufemismo - l'attivismo di Di Maio, che avrebbe dalla sua 40-50 parlamentari (alcuni anche tra gli ex M5S del Misto). «Ormai è un corpo estraneo, se viene alle riunioni non dice una parola», dice una fedelissima contiana. Enrico Letta teme invece le mosse di Matteo Renzi, che con l'ostentato dialogo con Salvini ha già tentato di prendere il pallino in mano e che potrebbe essere pronto a tutto pur di fare l'ennesima mossa del cavallo. Ha dalla sua una cinquantina di parlamentari e un accordo con i 32 di Coraggio Italia capitanati alla Camera dall'ex forzista Marco Marin.
Matteo Salvini, dal canto suo, ha l'occasione di prevalere sulla rivale interna Meloni e di guidare la coalizione su un nome più realistico di quello di Berlusconi. Che lo stesso Gianni Letta sembra escludere nel momento in cui dice, alla camera ardente di David Sassoli, che i grandi elettori dovranno ispirarsi al clima che si respirava alla Camera e al Senato durante la commemorazione del presidente del Parlamento europeo. E quindi «superare le differenze di parte». […]