UN ANTI-CAZZARO AL QUIRINALE? – MATTARELLA AMA IL GRIGIO, EVITA LE TELECAMERE, PARLA A BASSA VOCE E COLTIVA LA PACATEZZA. PRATICAMENTE È IL CONTRARIO DI RENZIE – QUEL NO ALLA LEGGE MAMMÌ SULLE TV CHE BERLUSCONI ANCORA GLI RINFACCIA

Sebastiano Messina per “la Repubblica”

 

SERGIO MATTARELLA SERGIO MATTARELLA

«MATTARELLA ? Ma se lei va a domandare ai deputati chi è, le risponderanno: chi, il cugino dell’onorevole Mattarellum?». Forse ha ragione Pino Pisicchio, che conosce bene i suoi colleghi parlamentari: a Montecitorio lo conoscono in pochi, l’uomo che potrebbe diventare il dodicesimo presidente della Repubblica. Perché in Transatlantico lui non si fa vedere da sette anni, e da allora qui dentro è cambiato quasi tutto: a cominciare dalle facce dei deputati. Però si fa presto a descriverlo.

 

Avete presente Renzi? Bene, Sergio Mattarella è il suo esatto contrario. E’ uno che ama il grigio, evita le telecamere, parla a bassa voce e coltiva le virtù della pacatezza, dell’equilibrio e della prudenza. « In confronto a lui, Arnaldo Forlani è un movimentista » disse una volta Ciriaco De Mita, che lo conosce meglio di tutti perché 28 anni fa lo nominò ministro.

 

SERGIO MATTARELLA  SERGIO MATTARELLA

Ma proprio De Mita sa che sotto quel vestito grigio e dietro quei modi felpati c’è un uomo con la schiena dritta, un hombre vertical capace di discutere giorni interi per trovare un compromesso con l’avversario, ma anche di diventare irremovibile se deve difendere un principio, una regola o un imperativo morale. Come fece la sera del 26 luglio 1990, quando – con un gesto che ancora oggi Berlusconi ricorda – si dimise da ministro della Pubblica Istruzione perché Andreotti aveva posto la fiducia sulla legge Mammì, quella che sanava definitivamente le tre reti televisive del Cavaliere.

 

Si dimisero in cinque (c’erano anche Martinazzoli, Fracanzani, Misasi e Mannino) ma fu lui a spiegare quel gesto di rottura senza precedenti, e lo fece a bassa voce e senza usare un solo aggettivo polemico: «Riteniamo che porre la fiducia per violare una direttiva comunitaria sia, in linea di principio, inammissibile…». Poi, quella sera, incrociò Martinazzoli e gli chiese: «Hai consegnato la lettera di dimissioni?». «Certo, l’ho appena fatto». «E hai fatto una fotocopia?». «No, perché? ». «Perché Andreotti è capace di mangiarsela, la tua lettera, pur di farla scomparire…».

SERGIO MATTARELLASERGIO MATTARELLA

 

Nato settantaquattro anni fa a Palermo, figlio di Bernardo che era stato ministro, deputato e potente democristiano in Sicilia, Sergio Mattarella voleva fare il professore di diritto pubblico. L’eredità politica del padre era stata raccolta dal fratello maggiore, Piersanti, che era rapidamente arrivato alla poltrona più potente dell’isola: la presidenza della Regione. Ma quando la mafia capì che quel politico quarantacinquenne non si sarebbe piegato alle sue regole, decise di toglierlo di mezzo con il piombo di una pistola. Sergio vide morire il fratello tra le sue braccia – era il 6 gennaio 1980 – e fu forse in quel momento che fece la sua scelta: avrebbe fatto politica per non darla vinta a chi aveva ordinato l’assassinio.

 

Così tre anni dopo fu eletto deputato (in quota Zaccagnini), e l’anno dopo De Mita – diventato segretario – scelse proprio lui come plenipotenziario del partito in Sicilia. La missione era chiara: doveva bonificare la Dc di Lima e Ciancimino. La mossa di Mattarella arrivò quando si trattò di scegliere il nuovo sindaco di Palermo. Lui scelse, e riuscì a far eleggere, un giovane professore che era stato tra i consiglieri del fratello: Leoluca Orlando. Poi De Mita, quando arrivò a Palazzo Chigi, lo richiamò a Roma. Ministro dei Rapporti col Parlamento. Andreotti lo nominò alla Pubblica Istruzione, e finì come sappiamo. Mattarella tornò a fare il deputato.

SERGIO MATTARELLA 2SERGIO MATTARELLA 2

 

Ripensarono a lui quando si trattò di riscrivere la legge elettorale per adeguarla all’esito del referendum di Mario Segni. Così nacque quell’incastro tra collegi uninominali e quote proporzionali che fu poi battezzato da Giovanni Sartori con il nome del suo autore: Mattarellum.

 

Il destino volle che fosse proprio quella legge, sotto il ciclone di Tangentopoli, a far crollare il partito di Mattarella, la Dc. Ma lui fu uno dei pochi che sopravvissero alla Prima Repubblica, perché l’unica macchia che erano riusciti a trovargli era una vecchia storia di buoni benzina regalatigli da un costruttore siciliano (assoluzione piena, «il fatto non sussiste»).

 

Nel Partito popolare che prende il posto della Dc, Mattarella fu uno degli oppositori della linea filo-berlusconiana di Buttiglione («Vuole uccidere il partito» disse) e anche uno dei sottoscrittori della candidatura a premier di Romano Prodi, schierando il partito con il centro-sinistra. Poi vennero l’Ulivo, la Margherita e infine il Partito democratico, del quale Mattarella scrisse (con Pietro Scoppola e altri quattro) il manifesto fondativo.

 

SERGIO MATTARELLA   SERGIO MATTARELLA

Non fu Prodi però a farlo tornare al governo, ma Massimo D’Alema. A Mattarella toccava la guida del gruppo dei ministri del Ppi, e dunque la vicepresidenza del Consiglio. Poi arrivò anche il ministero: la Difesa. E lui realizzò l’impresa che non era riuscita a nessuno dei suoi predecessori: l’abolizione della naja, il servizio militare obbligatorio. Restò anche con il governo Amato, poi lasciò il governo e, nel 2008, anche il Parlamento. Che però si è ricordato di lui quando, quattro anni fa, bisognava trovare il nome di un giudice costituzionale che avesse un ampio consenso.

 

E lui fu eletto. Sembrava che non ce l’avesse fatta, che avesse mancato il quorum per un solo voto, ma quando le schede furono ricontate si scoprì che quel voto in più c’era. Era il 5 ottobre 2011. Dopo tre anni e quattro mesi, si voterà ancora una volta sul suo nome. E lui non sarà il solo ad aspettare lo spoglio con il fiato sospeso.

Ultimi Dagoreport

jd vance roma giorgia meloni

DAGOREPORT – LA VISITA DEL SUPER CAFONE VANCE A ROMA HA VISTO UN SISTEMA DI SICUREZZA CHE IN CITTÀ NON VENIVA ATTUATO DAI TEMPI DEL RAPIMENTO MORO. MOLTO PIÙ STRINGENTE DI QUANTO È ACCADUTO PER LE VISITE DI BUSH, OBAMA O BIDEN. CON EPISODI AL LIMITE DELLA LEGGE (O OLTRE), COME QUELLO DEGLI ABITANTI DI VIA DELLE TRE MADONNE (ATTACCATA A VILLA TAVERNA, DOVE HA SOGGIORNATO IL BUZZURRO), DOVE VIVONO DA CALTAGIRONE AD ALFANO FINO AD ABETE, LETTERALMENTE “SEQUESTRATI” PER QUATTRO GIORNI – MA PERCHÉ TUTTO QUESTO? FORSE LA SORA “GEORGIA” VOLEVA FAR VEDERE AGLI AMICI AMERICANI QUANTO È TOSTA? AH, SAPERLO...

giovanbattista fazzolari giorgia meloni donald trump emmanuel macron pedro sanz merz tusk ursula von der leyen

SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN AMICO IMMOBILIARISTA, STEVE WITKOFF, DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO, MELONI AVEVA GIÀ ANTICIPATO IL CALIGOLA DAZISTA CON LA NOMINA DI FAZZOLARI: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO (2018) CHE GESTISCE A PALAZZO CHIGI SUPERPOTERI MA SEMPRE LONTANO DALLA VANITÀ MEDIATICA. FINO A IERI: RINGALLUZZITO DAL FATTO CHE LA “GABBIANELLA” DI COLLE OPPIO SIA RITORNATA DA WASHINGTON SENZA GLI OCCHI NERI (COME ZELENSKY) E UN DITO AL CULO (COME NETANYAHU), L’EMINENZA NERA DELLA FIAMMA È ARRIVATO A PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, L’IMBELLE ANTONIO TAJANI: “IL VERTICE UE-USA POTREBBE TENERSI A ROMA, A MAGGIO, CHE DOVREBBE ESSERE ALLARGATO ANCHE AGLI ALTRI 27 LEADER DEGLI STATI UE’’ – PURTROPPO, UN VERTICE A ROMA CONVINCE DAVVERO POCO FRANCIA, GERMANIA, POLONIA E SPAGNA. PER DI PIÙ L’IDEA CHE SIA LA MELONI, OSSIA LA PIÙ TRUMPIANA DEI LEADER EUROPEI, A GESTIRE L’EVENTO NON LI PERSUADE AFFATTO…

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…