IL RECOVERY PLAN È PRONTO DA GIORNI. COME MAI DRAGHI LO PRESENTERÀ A BRUXELLES L’ULTIMO GIORNO POSSIBILE? PERCHÉ E’ L’UNICO MODO PER FAR INGOIARE AI PARTITI IL SUO “PIANO NAZIONALE DI RILANCIO E RESILIENZA". ILLUSTRARLO OGGI AVREBBE INNESCATO L’ASSALTO AL BUFFET DEI POLITICI. QUANDO VERRÀ INVECE PORTATO ALLE CAMERE IL 26 E 27 APRILE, I PARTITI SI TROVERANNO CON LE SPALLE AL MURO: O LO ACCETTERANNO COSÌ COME VUOLE DRAGHI O SI ASSUMERANNO LA RESPONSABILITÀ DI FAR PERDERE AL PAESE 209 MILIARDI - PER DRAGHI, CHE CI HA PRESO GUSTO DI STARE A PALAZZO CHIGI, ''TUTTO DEVE CAMBIARE'' ANCHE SOTTO IL PROFILO ISTITUZIONALE, PERSINO COSTITUZIONALE (RIFORMA DELLA GIUSTIZIA)
Draghi illustrerà Pnrr a Camere il 26-27, prima passaggio in Cdm
(ANSA) - "L'Italia presentera' puntualmente il 30 aprile il Piano nazionale di rilancio e resilienza". Lo dichiarano fonti di Palazzo Chigi interpellate al riguardo dopo che erano circolati rumors, rilanciati da agenzie di stampa internazionali, secondo i quali potrebbe esserci il rischio di uno slittamento a meta' maggio della presentazione del piano a Bruxelles. Il premier Mario Draghi, secondo la 'road map' gia' prevista, illustrera' il piano alle Camere il 26 e 27 aprile e prima di quella data ci sara' un passaggio in Consiglio dei ministri.
L’agenda Draghi
Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera”
ARTICOLO DEL NEW YORK TIMES SU MARIO DRAGHI
Soddisfatto per l'accelerazione del piano vaccinale, convinto di aver preso la decisione più ragionevole sulle riaperture, raggiunto un equilibrio con i partiti, Mario Draghi passa il suo weekend chiuso a Palazzo Chigi a lavorare a ritmo serrato al rush finale della definizione del Recovery plan. Prima della fine del mese, prima della trasmissione alla Commissione europea, lo vuole presentare e far votare in Parlamento.
In questi giorni l'orizzonte di Draghi è quasi interamente occupato da un obiettivo che avverte insieme come una scommessa che non si può perdere, un dovere cui non si può sottrarre, un'opportunità straordinaria, vista la dimensione delle risorse finanziarie a disposizione nei prossimi anni.
In estrema sintesi: recuperare il gap strutturale di competitività che l'Italia ha accumulato negli ultimi decenni, in primo luogo rispetto ai principali partner europei, in testa la Germania. Per questo motivo il presidente del Consiglio sta seguendo in prima persona e coordinando «una riforma di grande respiro» sulle semplificazioni amministrative, che verrà varata a maggio, con uno o più decreti.
Riforma che dovrà accompagnare non solo l'attuazione rapida ed efficiente in sei anni dei finanziamenti europei del Pnrr e degli altri 72 miliardi di investimenti previsti nei prossimi dieci anni, ma che dovrà ridisegnare il modo di funzionamento di quella macchina dello Stato che a suo giudizio è a un bivio storico.
Draghi avverte il peso della responsabilità da affrontare e al contempo è convinto che il Paese sia di fronte ad una sorta di ultimo treno: lo ha detto nell'ultima conferenza stampa, in cui quasi tutti si sono concentrati in primo luogo sui temi delle riaperture, degli orari dei ristoranti, tralasciando il messaggio incentrato su una parola chiave che sta ripetendo quasi come un mantra in ogni occasione: il ritorno ad una crescita sostenuta, agganciata finalmente alle medie europee, del prodotto interno.
Quanto resterà a Palazzo Chigi è un dato che nessuno conosce, nemmeno lui, ma la certezza è che oltre alla guerra da vincere contro il Covid, Mario Draghi sta impostando un'altra sfida, quella di riforme strutturali che consentano all'Italia di uscire dal deficit storico di crescita che ha ingabbiato il Paese nell'ultimo ventennio:
per questo motivo la riforma della giustizia che sta impostando Marta Cartabia dovrà in qualche modo essere rivoluzionaria, una riforma da accompagnare nella seconda metà dell'anno in corso da altre operazioni radicali, che a Palazzo Chigi il suo staff sta già impostando.
christine lagarde con mario draghi
Una riforma delle imprese incentrata sulla capacità di innovazione tecnologica, altro gap strutturale del Paese; una riforma della ricerca scientifica e degli investimenti ad essa collegati, altro deficit nazionale, ma anche europeo, testimoniato anche dal ritardo del Vecchio Continente sulla produzione di vaccini contro il Covid.
È un'agenda economica che non è ancora stata svelata in tutti i suoi dettagli, ma che per il premier è ineluttabile. Anche sotto il profilo istituzionale, persino costituzionale, se i partiti glielo permetteranno, perché «tutto deve cambiare», come ha detto lui stesso, in un Paese strangolato da un'amministrazione statale inefficace nel dare risposte moderne e rapide ai cittadini come alle imprese straniere che vogliono investire in Italia.
La pandemia ha fatto saltare tutti gli schemi di politica economica, anche europea: e chi pensa ancora ai parametri del deficit «ragiona con gli occhi del passato e non del futuro», è la convinzione e insieme la scommessa del capo del governo.