RENZI AFFRONTA I SUOI PIÙ GRANDI OSTACOLI: NAPOLITANO E GRILLO - TRANQUILLIZZA IL PRIMO (IL LETTISMO) E SI BUTTA NEL CAMPO DEL SECONDO (IL POPULISMO)

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

Dopo l'incontro di ieri, quella tra Giorgio Napolitano e Matteo Renzi è una partita ancora tutta da giocare. Con il presidente della Repubblica «rassicurato» sulla stabilità del governo e convinto di essersi fatto capire sulla necessità che «il 2014 diventi l'anno della riforme istituzionali e della nuova legge elettorale».

Per poi immaginare un voto nel 2015. E il neo segretario del Pd soddisfatto per il «realismo» del capo dello Stato, strenuo difensore dell'attuale maggioranza, ma consapevole che vanno «rispettate insieme le esigenze di tenuta e quelle del consenso» di un Partito democratico che non accetta l'immobilismo.

Così il patto può reggere. Anche se il banco di prova è rinviato a gennaio - febbraio quando sarà pronto un progetto di riforma elettorale e si verificheranno le reazioni dei partiti, le possibili alleanze. Da qualche giorno però Renzi va dicendo che si potrebbe pensare a una "legge di salvaguardia". Ossia una seconda scelta. Non il doppio turno di collegio che è la strada preferita. Non il Mattarellum. Ma una norma in grado di superare il proporzionale uscito dalla sentenza della Consulta, che oggi blocca tutto, e di riconsegnare nella mani di Renzi lo strumento per far saltare la legislatura, per andare a votare in qualsiasi momento.

In questo modo il segretario democratico pensa di poter rimettere indietro le lancette dell'orologio a prima del 4 dicembre, il giorno della decisione della Corte costituzionale. Quando esisteva ancora il Porcellum, legge brutta ma maggioritaria. Che il sindaco di Firenze avrebbe usato per mettere con le spalle al muro il Quirinale e Palazzo Chigi.

Nessuno, forse nemmeno Renzi, sa qual è potrebbe essere il meccanismo alternativo. Ma per invogliare il Nuovo centrodestra di Alfano è possibile che rispunti l'"ispanico: un proporzionale con il premio di maggioranza assegnato soltanto alla coalizione che supera il 40-43 per cento.

Una soglia che evidentemente oggi Renzi considera alla sua portata. Questo sistema garantirebbe il partito del ministro dell'Interno che non dovrebbe temere l'abbraccio fatale con Berlusconi, il ritorno a casa con la coda tra le gambe. Con in mano la clausola di salvaguardia, il Pd avrebbe la possibilità di tenere sotto controllo il governo, di poterne minacciare la sopravvivenza costringendolo o «a fare le cose» o a cadere.

La rete di sicurezza non impedirebbe di approvare una legge compiutamente bipolare a ottobre, seguendo la preferenza di Largo del Nazareno. È l'ipotesi di una riforma elettorale in due tempi. Per il momento Napolitano e Renzi hanno trovato un'intesa che tiene il governo al riparo da rischi. Non a caso il lungo colloquio (più di un'ora) si è svolto mentre Enrico Letta affrontava il dibattito sulla fiducia alla Camera.

Come dire: la situazione è tranquilla. Renzi, del resto, ha già incassato qualcosa. L'esame della legge elettorale passerà alla Camera, dove il Pd ha 300 deputati e con Sel la maggioranza assoluta. Ha avuto il placet di Napolitano. Dall'esecutivo invece ha avuto garanzie sulla sua neutralità. Letta non interverrà sulla riforma elettorale né con un decreto né con un disegno di legge. Tocca al Parlamento. Tocca al Pd di Renzi. Il premier è sicuro che il segretario non potrà muoversi tanto oltre i confini della maggioranza certificata dal voto di ieri alle Camere. Ma per Renzi, così, le mani sono più libere.

Resta il terrore di «un'inerzia della politica» che il sindaco non vuole accettare. Ha paura che alla fine il «derby sia tra Berlusconi e Grillo, con il Pd fuorigioco ». Non ci sta a farsi trascinare dentro questo mulinello. La sfida di Beppe Grillo è contro di lui. Da domenica è diventato il nuovo bersaglio del grillismo.

Agitare l'antipolitica, i finanziamenti ai partiti, gli stipendi dei parlamentari fa sempre effetto.
Per questo Renzi ha risposto all'appello del comico annunciando una sorpresa. Se i 5 stelle chiedono la restituzione del finanziamento e un impegno netto del Pd, lui farà lo stesso con loro. Studia un "contro-appello".

Lo ha scritto nella sua e-news settimanale, la sta preparando per i prossimi giorni. «Se Grillo vuole davvero cambiare le cose gli chiederò un impegno su tre punti - racconta il sindaco ai suoi collaboratori -. Primo punto: abolizione del Senato. Significa 315 parlamentari in meno. Secondo: 1 miliardo di tagli ai costi della politica che oggi arrivano a 2 miliardi e mezzo. Terzo: una nuova legge elettorale che faccia scegliere gli eletti dagli elettori».

Renzi prende molto sul serio la sfida del comico. Non considera marziana l'idea di un'asse dei populismi che saldi Grillo e Berlusconi. Anche per questo ha scelto di muoversi come un estraneo a Roma. Soprattutto per questo ha deciso di candidarsi ancora al comune di Firenze. Amministratore è un ruolo più accettato dalla gente. Sta in mezzo a loro, a contatto con i problemi. Il segretario no. O meno, comunque.

 

napolitano letta renzi napolitano renzi firenze GRILLO NAPOLITANO a genova torna il v day di beppe grillo via napolitano il papa uno di no ALFANO LETTA CETRIOLO

Ultimi Dagoreport

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO UN CALCOLO POLITICO: IL 25 MAGGIO SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)