PER RENZI, IL VALLE DA ROTTAMARE NON E’ IL COMPAGNO DI MERENDE DIEGO MA IL TEATRO – GLI OKKUPANTI REPLICANO: ‘LA SUA IDEA DI CULTURA È QUELLA DI DISNEYLAND CON I BENI CULTURALI DA DARE IN PASTO A MARCHI E BRAND!’

Paolo Boccacci e Viola Giannoli per ‘La Repubblica-Roma'

«Quando mi dicono che per salvare la cultura si deve fare come al teatro Valle a Roma, dico che ci sono altre alternative. Il Valle era nelle stesse condizioni del teatro Pergola a Firenze, il più antico d'Europa, che ha visto l'amministrazione intervenire. Grazie a questo intervento oggi ha una propria produzione».

Le parole del premier incaricato Matteo Renzi, in veste di sindaco, nel Consiglio comunale di Firenze, arrivano come una bomba nell'antico stabile settecentesco nel cuore del Centro occupato da quasi tre anni da un gruppo di registi, attori, ballerini, sostenuti da nomi eccellenti come Fabrizio Gifuni e Fausto Paravidino, ma anche dal costituzionalista Stefano Rodotà.

«Noi e il premier Renzi abbiamo due modelli culturali completamene diversi» ribattono dal teatro alle spalle di piazza Navona «Da una parte c'è l'idea di sottrarre il Teatro Pergola all'Eti e assegnarlo a una Fondazione classica pubblico-privato, l'idea di Firenze come Disneyland del Rinascimento, dei beni culturali espropriati ai cittadini e dati in pasto a marchi e brand. Dall'altra, quella del Valle, si porta avanti il progetto di una cultura di qua-lità, per tutti e a costi non alti, rivoluzionando il rapporto di sudditanza tra istituzioni e società civile, immaginando una Fondazione alternativa basata sulla partecipazione, la turnazione delle cariche, la nomina democratica diretta e allargata degli organi di governo, l'equa redistribuzione della ricchezza».

Ma è proprio sulla creazione della Fondazione che i "comunardi" del Valle hanno ricevuto la bocciatura da parte del prefetto. Spiega Pecoraro che la Fondazione Teatro Valle Bene Comune non ha la «disponibilità della sede della Fondazione in Via del Teatro Valle 21/26 e non risulta provvista di alcun titolo giuridico di proprietà o di godimento dei beni in questione».

Un "no" atteso perché gli occupanti hanno scelto volontariamente di indicare come sede della fondazione proprio quei civici di via del teatro Valle dove è aperta la sala. «Il Teatro Valle è e resta di proprietà del demanio» scrivono «È un nodo cruciale della lotta per i beni comuni: la proprietà di un bene è cosa diversa dall'utilizzo che se ne fa, come ampiamente elaborato da Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Paolo Maddalena, Salvatore Settis, Maria Rosaria Marella, il premio Nobel Elinor Ostrom e decine di altri teorici e giuristi».

Poi si rivolgono all'amministrazione comunale: «Roma, capitale europea dall'immenso valore artistico-culturale, è sull'orlo della catastrofe: la chiusura (benché momentanea) del Teatro India, il ridimensionamento per tagli ai finanziamenti della stagione teatrale di Roma-Europa, la crisi del polo museale cittadino (non ultima la vicenda del Macro), la totale mancanza di indirizzo della sovrintendenza ai beni culturali, la confusione nella quale sopravvivono i teatri di cintura con bandi annuali inadeguati. La cultura, da diritto fondamentale costituzionalmente riconosciuto, è diventata un privilegio, un bene di lusso per le élite.
Essa non può e non deve coincidere con l'attività privata e non può e non deve essere legata a logiche di profitto. In questi anni sono proprio gli spazi di autogoverno e di produzione culturale indipendente ad aver generato cultura in modo aperto e partecipato,
e soprattutto accessibile. In questi mesi abbiamo proposto, con richieste di confronto e lettere, un dialogo pubblico con le istituzioni titolari del bene, ma queste proposte sono state ignorate».

Già nei giorni scorsi era circolata la notizia del "no" del prefetto Pecoraro alla nascita della fondazione costituita dagli occupanti presso un notaio il 17 settembre 2013. E lo stesso Rodotà aveva affermato: «A voler essere pessimisti, mi spingo a ipotizzare (o a non escludere) che, in mancanza di legittimazione, una Fondazione non riconosciuta può forse avere lo stesso una rilevanza giuridica».

Intanto gli occupanti dettano i numeri della loro esperienza nella sala che nel maggio del 1921 ospitò il debutto di "Sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello: «La Fondazione ha 5500 soci, centinaia di artisti hanno attraversato questo luogo, con oltre 3000 ore di formazione per professionisti, oltre 250 spettacoli di teatro e danza, 80 serate di cinema, 18 permanenze artistiche, 10 mila bambini con le loro famiglie per il teatro ragazzi e l'opera lirica per le scuole, due produzioni teatrali, più di 100 scritture in lavorazione, gli oltre 150 tra seminari e assemblee. Il tutto con la partecipazione di 200 mila cittadini e cittadine».

 

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