renzi duce

1. RENZI HA PAURA E HA INTESO OSARE QUELLO CHE NESSUNO AVEVA MAI AZZARDATO, NEPPURE CHI AVEVA PENSATO DI MANDARE GIANNI AGNELLI A WASHINGTON: NOMINARE AMBASCIATORE UN POLITICO (CARLO CALENDA) CHE NON ABBIA ALLE SUE SPALLE UNA CARRIERA DIPLOMATICA 2. IN QUESTA SETTIMANA IL BULLETTO DI PALAZZO CHIGI È RIUSCITO A METTERSI CONTRO, NELL'ORDINE: BANCA D'ITALIA E CONSOB (VICENDA BANCHE POPOLARI), APPARATI DI INTELLIGENCE (NOMINA DEL "SUO" CARRAI ALLA CYBER SECURITY) E ORA L'INTERA DIPLOMAZIA (“UN’UMILIAZIONE PER LA FARNESINA”). UN RECORD DI ARROGANZA

CARLO CALENDACARLO CALENDA

1. PALAZZO CHIGI SCEGLIE IL POLITICO MANAGER

Fabio Martini per “la Stampa”

 

Non accadeva più da tempo immemorabile, ma si può fare e Matteo Renzi l' ha fatto: nominare ambasciatore un personaggio che non abbia alle sue spalle una carriera diplomatica. Come negli Stati Uniti.


Il tabù è stato rotto alle sette della sera di ieri con un annuncio informale, fatto trapelare da Palazzo Chigi: questa mattina il Consiglio dei ministri sarà chiamato a ratificare la scelta del capo del governo di nominare come nuovo Rappresentante permanente dell'Italia a Bruxelles l'attuale viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che sostituirà l'ambasciatore Stefano Sannino. 42 anni, romano, figlio della regista Cristina Comencini, una carriera da manager (l' esperienza più significativa in Ferrari), Calenda è stato scelto da Renzi per la sua prova più recente, da viceministro al Commercio estero.

renzi carrairenzi carrai


Un ruolo interpretato con grinta, senza paludamenti, con una fama da duro nelle trattative.
E proprio nella cifra del personaggio Calenda, un politico-manager, c'è il messaggio che Renzi intende lanciare a Bruxelles, agli ambasciatori italiani in giro per il mondo, ma anche all' opinione pubblica interna: «il mondo è cambiato», per dirla con una battuta che il presidente del Consiglio ha ripetuto nelle ultime ore dopo aver preso la decisione.

CARLO CALENDACARLO CALENDA

 

E' cambiato perché l'Italia si presenta a Bruxelles con un politico che vuole esprimere una forte determinazione politica; con un ambasciatore che non intende replicare il "realismo" degli ambasciatori di carriera, troppo attenti (secondo Renzi) ai dosaggi, alle regole consolidate per le quali con gli alleati si va sempre d' accordo e non si litiga mai, neppure quando è il caso di litigare.

STEFANO SANNINOSTEFANO SANNINO


Una scelta che Renzi rivendicherà come «fortemente innovativa», anche perché viene declinata per la prima volta in quella che è diventata oramai la sede diplomatica più importante per l' Italia, persino più importante di quella prestigiosa e strategica di Washington, dove non a caso si insedierà presto l' ex consigliere diplomatico di Renzi, Armando Varricchio.

 

IL PALAZZO DELLA UE A BRUXELLES The Justus Lipsius buildi IL PALAZZO DELLA UE A BRUXELLES The Justus Lipsius buildi

Un politico-manager invece di un diplomatico di carriera è un messaggio alla nomenclatura di Bruxelles: l'Italia si presenta con un profilo sempre più politico. In questo caso oltre al messaggio simbolico c' è anche una scelta concreta che sana una ferita davvero originale: quella di aver delegittimato alla vigilia dell'ultimo Consiglio europeo l'ambasciatore uscente di Bruxelles Sannino (un articolo di giornale che annunciava la "destituzione" in corso d' opera non era mai stato smentito), dopodiché il rappresentate italiano è stato abbandonato in una "terra di nessuno" per un mese .


La nomina di un politico-manager è anche un messaggio indirizzato agli ambasciatori italiani in giro per il mondo, indirettamente invitati a farsi valere di più. Ed è un messaggio indirizzato anche all' opinione pubblica interna, di solito quella che a Renzi interessa di più.


E il messaggio, stavolta in controluce, è che la rottamazione continua. Stavolta si abbatte la tradizione dell' ambasciatore di carriera. Un modo per provare a dire, una volta ancora: l'assalto al "quartier generale" della Casta continua, e continua dal cuore della cittadella del potere: da Palazzo Chigi.

renzi carrai   renzi carrai


Giornata conclusa all'attacco, ma giornata tutta sulla difensiva, quella di ieri di Renzi, per il nuovo, duro attacco arrivato dal capogruppo del Ppe al Parlamento europeo. Unica parentesi gratificante l' incontro in mattinata con i vertici del gruppo informatico americano Cisco, «in occasione dell' annuncio di una serie di investimenti strategici qui da noi che valgono 100 milioni di euro per i prossimi tre anni», come ha scritto il presidente del Consiglio su Facebook.

 

2. L'AMBASCIATORE E I POTERI FORTI

di Luigi Bisignani per Il Tempo 

 

fotomontaggi maria elena boschi e banca etruria  8fotomontaggi maria elena boschi e banca etruria 8

Caro direttore, la nomina di Carlo Calenda ambasciatore italiano a Bruxelles per contrastare la rivolta che i poteri forti europei stanno muovendo a Renzi è come sparare con una cerbottana contro un missile. E poi si corre un rischio grave: che la diplomazia italiana consideri la designazione di un estraneo all' Amministrazione come una provocazione e si rivolti contro il nostro premier, rendendogli più difficile la sua sempre più travagliata vita.

 

C' era proprio bisogno di scegliere Calenda visto che come responsabile del commercio con l'estero era diventato punto di riferimento per le aziende italiane? Oppure, a pensar male, è solo una mossa per liberare un posto nell' esecutivo prossimo al rimpasto visto che il neo ambasciatore non ha più santi in paradiso?

gianni agnelli nudogianni agnelli nudo

 

Renzi ha inteso osare quello che nessuno aveva mai azzardato, neppure chi aveva pensato di mandare Gianni Agnelli a Washington. In questa settimana Renzi è riuscito a mettersi contro, nell' ordine: Banca d' Italia e Consob (vicenda banche popolari), apparati di intelligence (nomina di Carrai alla Cyber security) e ora l' intera diplomazia. Un record. Siamo sicuri che al premier porti bene l' antico adagio «molti nemici molto onore»? È anche vero che l' arma vincente di Renzi è stata la rottamazione di uomini e situazioni stantie ma un po' più di prudenza non guasterebbe.

 

Ora manca solo il Consiglio di Stato, ma anche qui pare che un' idea stia ormai maturando: la promozione di Antonella Manzione, l' ex capo dei vigili di Firenze trasferita a Palazzo Chigi.

Sarà bingo, un regalo alle opposizioni.

 

3.  IL DOPPIO NO DEI “DECANI” E LA FARNESINA UMILIATA

Antonella Manzione LibroAntonella Manzione Libro

Vincenzo Nigro per “la Repubblica”

 

«Irrituale. Inatteso. Un’umiliazione… ma forse ce la siamo meritata ». Parliamo con uno, due, tre diplomatici, e assieme all’irritazione emerge una reazione della “casta” che è anche di amarezza per la sostituzione di un ambasciatore di carriera con un viceministro politico.

 

«Però va detto che è perfettamente legale» dice un ambasciatore che pure mastica amaro. «In rappresentanza del presidente della Repubblica e del governo italiano presso uno Stato straniero, non necessariamente deve andare un diplomatico. La legge permette che arrivi anche fuori dalla carriera diplomatica ». Ed è già stato così qualche volta in passato: per esempio nel dopoguerra, con gli “ambasciatori del Cnl” che dovettero sostituire moltissimi dei diplomatici che si erano schierati con la Repubblica di Salò. Ma uscivamo da una guerra mondiale.

 

Il primo caso di sostituzione “brutale” di un ambasciatore fu quello di Pietro Calamia, rimosso proprio da Bruxelles da Gianni De Michelis, ministro degli Esteri socialista. «Ma allora - si ricorda alla Farnesina - venne sostituito con Federico Di Roberto, un altro diplomatico, scelto con accuratezza proprio perché non era mai stato alla Commissione».

 

RagagliniRagaglini

E qui veniamo al caso-Calenda. Ambasciatori e diplomatici controllano l’irritazione e la delusione. «Innanzitutto perché con tutto il bene e il rispetto che abbiamo per Stefano Sannino (l’ex ambasciatore a Bruxelles-ndr) si sapeva che lui era in conflitto di interessi con la Commissione europea: veniva da quegli uffici, voleva tornare a lavorare lì, non poteva difendere gli interessi italiani con la durezza necessaria ai tempi di Renzi». Quindi il premier sostituisce Sannino non perché “filoeuropeista”, ma perché ostaggio di un meccanismo psicologico che lo vedeva troppo tenero con la burocrazia di Bruxelles.

 

FARNESINAFARNESINA

Per rimpiazzarlo, è stato contattato e corteggiato, anche se alla maniera renziana (cioè sbrigativamente), il primo “combattente” tra gli ambasciatori di carriera, Cesare Ragaglini, che rappresenta l’Italia a Mosca. Ragaglini, che dopo averci pensato qualche giorno ha preferito rimanere in Russia, ha una combattività riconosciuta. Ne ha anche pagato il prezzo quando gli americani (o, secondo un’altra versione, una lobby italiana che ha lavorato contro di lui) hanno fatto di tutto per evitarlo come ambasciatore a Washington. In ogni caso, chiamato da Renzi per Bruxelles, Ragaglini ha detto no.

 

CESARE RAGAGLINI AMBASCIATORE ITALIANO ALL ONUCESARE RAGAGLINI AMBASCIATORE ITALIANO ALL ONU

E come lui Claudio Bisognero, ambasciatore a Washington, vicino alla fine del suo mandato. Non un “combattente”, ma comunque un diplomatico che non aveva avuto nulla a che fare con l’euroburocrazia, se non per aver messo piede a Bruxelles come vice segretario della Nato. Anche lui, vicino alla pensione, ha rifiutato. Ecco perché, alla fine, di fronte a un Calenda che arriva a Bruxelles dalla politica, gli ambasciatori si infuriano ma ammettono: «È un’umiliazione, ma ce la siamo meritata».

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni daniela santanche ignazio la russa

DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA SENZA “PROTETTORI”: GIORGIA MELONI NON PUÒ SFANCULARLA SENZA FAR SALTARE I NERVI A LA RUSSA. E SAREBBE UN BOOMERANG POLITICO PER LA DUCETTA DEI DUE MONDI: ‘GNAZIO È UN PESO MASSIMO DEL PARTITO, GOVERNA DI FATTO LA LOMBARDIA TRAMITE LA SUA CORRENTE MILANESE. SOPRATTUTTO, È IL PRESIDENTE DEL SENATO. MEGLIO NON FARLO IRRITARE: LA VENDETTA, LO SGAMBETTO, “L’INCIDENTE D’AULA”, POSSONO ESSERE SEMPRE DIETRO L’ANGOLO…

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI SU MEDIOBANCA: TRACOLLO DELLA BANCA SENESE - SE IL MEF DI GIORGETTI, CHE HA L’11,7% DI MPS, LO PRENDE IN QUEL POSTO (PERDENDO 71 MILIONI), IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI FA BINGO: 154 MILIONI IN UN GIORNO - INFATTI: SE I DUE COMPARI PERDONO SU MPS 90 MILIONI, NE GUADAGNANO 244 AVENDO IL 25,3% DI MEDIOBANCA - E DOPO IL “VAFFA” DEL MERCATO, CHE SUCCEDERÀ? TECNICAMENTE L’OPERAZIONE CALTA-MILLERI, SUPPORTATA DALLA MELONI IN MODALITÀ TRUMP, È POSSIBILE CON UN AUMENTO DI CAPITALE DI MPS DI 4 MILIARDI (PREVISTO PER APRILE) - PER DIFENDERE MEDIOBANCA DALL’ASSALTO, NAGEL DOVRÀ CHIEDERE AL BOSS DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, DI CHIAMARE ALLE ARMI I POTENTI FONDI INTERNAZIONALI, GRANDI AZIONISTI DI MEDIOBANCA E DI GENERALI, PER SBARRARE IL PASSO AL “CALTARICCONE” ALLA FIAMMA (FDI)

dario franceschini elly schlein gattopardo

DAGOREPORT - FRANCESCHINI, IL SOLITO “GIUDA” TRADITORE! SENTENDOSI MESSO DA PARTE DALLA SUA “CREATURA” ELLY SCHLEIN, ECCO CHE REAGISCE E LE DÀ LA ZAMPATA CON L’INTERVISTA A “REPUBBLICA”: “ALLE ELEZIONI SI VA DIVISI, E CI SI ACCORDA SOLO SUL TERZO DEI SEGGI CHE SI ASSEGNA CON I COLLEGI UNINOMINALI”. PAROLE CHE HANNO FATTO SALTARE DALLA POLTRONA ARCOBALENO LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA, CHE VEDE SFUMARE IL SUO SOGNO DI ESSERE LA CANDIDATA PREMIER. COME INSEGNA L’ACCORDO DI MAIO-SALVINI, NON SEMPRE IL LEADER DEL PARTITO PIÙ VOTATO DIVENTA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO – LA “GABBIA” IN CUI LA SCHLEIN SI È RINCHIUSA CON I SUOI FEDELISSIMI È INSOPPORTABILE PER I VECCHI VOLPONI CATTO-DEM. IL MESSAGGIO DAI CONVEGNI DI ORVIETO E MILANO: ELLY PENSA SOLO AI DIRITTI LGBT, NON PUÒ FARE DA SINTESI ALLE VARIE ANIME DEL CENTROSINISTRA (DA RENZI E CALENDA A BONELLI E FRATOIANNI, PASSANDO PER CONTE). E LA MELONI GODE...

dario franceschini elly schlein matteo renzi carlo calenda giiuseppe conte

DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ SINTETIZZARE COSÌ: IO CI SONO. E’ INUTILE CERCARE IL FEDERATORE, L’ULIVO NON TORNA, E NON ROMPETE LE PALLE ALLA MIA “CREATURA”, ELLY SCHLEIN, “SALDA E VINCENTE” AL COMANDO DEL PARTITO – AMORALE DELLA FAVA: “SU-DARIO” NON MOLLA IL RUOLO DI GRAN BURATTINAIO E DAVANTI AI MAL DI PANZA INTERNI, CHE HANNO DATO VITA AI DUE RECENTI CONVEGNI, SI FA INTERVISTARE PER RIBADIRE AI COLLEGHI DI PARTITO CHE DEVONO SEMPRE FARE I CONTI CON LUI. E LA MELONI GODE…

almasri giorgia meloni carlo nordio

DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA INDISTURBATO IN EUROPA? AVEVA UN PASSAPORTO FASULLO O UN VISTO SCHENGEN? E IN TAL CASO, PERCHÉ NESSUN PAESE, E SOPRATTUTTO L’ITALIA, SI È OPPOSTO? - LA TOTALE ASSENZA DI PREVENZIONE DA PARTE DEGLI APPARATI ITALIANI: IL MANDATO DI ARRESTO PER ALMASRI RISALE A OTTOBRE. IL GENERALE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE, PER EVITARE ALLA MELONI L’IMBARAZZO DI SCEGLIERE TRA IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALPOLITIK (IL GOVERNO LIBICO, TRAMITE ALMASRI, BLOCCA GLI SBARCHI DI MASSA DI MIGRANTI) – I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI SULLA “RITORSIONE” DELLA CPI E IL PASTROCCHIO SULL’ASSE DEI SOLITI TAJANI-NORDIO

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...