LA BRECCIA RENZIANA DI PORTA PIA! CHE LUPI RESISTA O NO, IL DESTINO DEL SUO MINISTERO È SEGNATO: RENZI PREPARA IL COMMISSARIAMENTO DEI FINANZIAMENTI ALLE GRANDI OPERE - LOTTI PRONTO A BLOCCARE LE DELIBERE DI INCALZA AL CIPE
Giorgio Meletti e Carlo Tecce per “Il Fatto Quotidiano”
Bloccare tutto. L’ordine è partito ieri mattina da Palazzo Chigi. Il premier Matteo Renzi ha incaricato il fidato sottosegretario Luca Lotti, segretario del Cipe, il comitato interministeriale che distribuisce i finanziamenti per le grandi opere, di chiudere il rubinetto. Fino a ieri, Lotti ha gestito per mesi la difficile mediazione tra Presidenza del Consiglio e ministero delle Infrastrutture, senza mai riuscire a imbrigliare lo strapotere discrezionale di Ercole Incalza, il potente burocrate al quale il ministro Maurizio Lupi si è consegnato dal primo giorno del suo mandato, cioè dall’insediamento del governo Letta nella primavera 2013.
Renzi sa di avere la responsabilità di aver confermato Lupi in quel dicastero strategico per la spesa di denaro pubblico e per la legalità, nonostante fosse con tutta evidenza al servizio degli interessi più opachi della lobby del cemento e delle opere inutili e costose. Ma dopo l’arresto di Incalza e le conseguenti attese dimissioni di Lupi, ha rotto gli indugi e predisposto un blitz in tre mosse.
Primo: utilizzare il potere formale di Lotti, che in quanto segretario generale firma l’ordine del giorno del Cipe, per fermare le delibere di spesa sulle grandi opere sponsorizzate dal sistema Incalza. La prima vittima dovrebbe essere la Pedemontana piemontese da Masserano a Ghemme, in lista d’attesa da mesi e che attende in questi giorni dalla prossima riunione di oggi del Cipe il sospirato via libera.
Secondo: passare al setaccio tutti i progetti faraonici impostati dal sistema Incalza alla ricerca di eventuali trucchi come costi eccessivi, progettazione lacunosa, sistemi di project financing sapientemente bacati in modo da far approvare la nuova infrastruttura come interamente finanziata dai privati per poi scoprire a conti fatti che buona parte del costo viene scaricata sui conti pubblici.
Terzo: portare a termine lo scossone già tentato nel 2014, e sventato da Incalza, consistente nel trasferimento dal ministero delle Infrastrutture a Palazzo Chigi della Struttura tecnica di missione, quella peculiare sorta di ministero nel ministero creata nel 2002 da Silvio Berlusconi e dal suo ministro Pietro Lunardi su misura per Incalza, che doveva velocizzare le procedure della Legge Obiettivo.
Per Renzi il passaggio non è privo di difficoltà e non mancano all’interno della squadra di Palazzo Chigi differenze di opinioni. All’origine la filosofia del renzismo prevedeva una presa di distanza dalla filosofia delle grandi opere, a favore di piccoli lavori di manutenzione del territorio e degli edifici che secondo tutti gli economisti sono più efficaci per rilanciare economia e occupazione. Ma nel primo anno del suo governo Incalza è riuscito a imporre la continuità, spiegando all’ignaro e fiducioso Lupi che le piccole opere di cui parlava il premier erano “puttanate”. E lo stesso Renzi l’estate scorsa si è sdraiato sulla retorica delle grandi opere propagandando con il decreto Sblocca Italia l’ottimistica intenzione di far partire cantieri per 43 miliardi di euro.
Adesso a Palazzo Chigi sono stati costretti a leggere nell’ordinanza di custodia cautelare per Incalza e i suoi presunti complici Stefano Perotti, Sandro Pacella e Francesco Cavallo che alcune opere fondamentali per arrivare ai 43 miliardi sarebbero basate su accordi corruttivi. Valgano solo a titolo di esempio i casi della nuova autostrada Orte-Mestre e della ferrovia ad Alta velocità Milano-Verona.
La prima vale 10 miliardi, di cui due pubblici e il resto privati, ed è un project financing promosso dall’ex europarlamentare Vito Bonsignore, padrino nell’Ncd (il partito di Lupi), anche lui indagato nell’inchiesta di Firenze: secondo l’accusa ha affidato a Perotti la direzione lavori in cambio delle garanzie di Incalza sul buon esito della pratica al Cipe. La Orte-Mestre è stata infatti varata dal Cipe sotto il governo Letta sulla base di un piano economico-finanziario (quello che dimostra che i proventi del traffico ripagheranno l’investimento privato) tuttora segretato.
TRAGITTO DELL'AUTOSTRADA ORTE MESTRE
Anche nel caso della Milano-Verona il consorzio Cepav Due, realizzatore dell’infrastruttura, è accusato di aver affidato la direzione dei lavori a Perotti per non avere seccature con le autorità, cioè con Incalza. Nel caso della nuova ferrovia Tav il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che al vertice di Rfi, la controllata di Fs che realizza le strade ferrate, cioè il committente della Milano-Verona, ha come amministratore delegato Maurizio Gentile, anch’egli indagato a Firenze perché dalle risultanze investigative appare agli inquirenti uomo di fiducia del sistema Incalza-Perotti.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
Tentato per alcuni mesi di perpetuare la favola berlusconiana delle colate di cemento che fanno ripartire l’economia e ci rendono più competitivi, Renzi è costretto dall’inchiesta di Firenze a dare ragione ai suoi consiglieri che da mesi gli consigliavano maggiore prudenza. Un’occasione così favorevole per fermare il ciclo cemento-corruzione non c’era stata nemmeno ai tempi di Mani pulite. Il governo può, se vuole, rifondare completamente il ministero delle Infrastrutture. Oppure può cedere alle pressioni degli interessi e piegarsi alla retorica del “non si possono fermare i cantieri”, anche quando i cantieri non ci sono ancora.