LA ROTTAMAZIONE LOGORA ANCHE CHI LA FA - DA SEGRETARIO RENZI FINIRÀ STRITOLATO DALLE VECCHIE BUROCRAZIE PIDDINE

Federico Geremicca per "La Stampa"

Potremmo chiamarla la parabola della foglia di fico. In questo o quel dibattito, in questa o quella Festa democratica, Matteo Renzi l'ha ripetuta spesso negli ultimi mesi, per rimarcare la sua distanza dallo «stato maggiore» del Pd e le potenzialità elettorali - l'appeal, insomma - di una sua candidatura (prima a premier, poi anche a segretario). Il sindaco di Firenze la racconta così: non pensino di utilizzarmi come una foglia di fico, cioè che io prendo i voti ma poi comandano loro, perché io i voti li prendo solo se non ci sono più loro...

Con quel «loro», Renzi intende gli onnipresenti «soliti noti» del Pd: e forse, addirittura, tutt'intero lo stesso Pd, con le sue burocrazie, i suoi apparati, le sue correnti e le sue liti. È una lettura sulla quale si può esser più o meno d'accordo: ma non pare campata in aria e - probabilmente - poggia su una solida base di verità. Quel che si capisce meno, allora, è la circostanza che Renzi abbia deciso di scendere in campo e di ingaggiare battaglia (e che battaglia) proprio per diventare il capo di un partito e di dirigenti che non fa mistero di non amare più.

Se il Congresso del Pd si farà davvero entro quest'anno e se le famose «regole» non saranno cambiate, ogni previsione - al momento - indica proprio in Renzi il sicuro vincitore di primarie che rischiano addirittura di trasformarsi in un mezzo plebiscito. A quel punto, di fronte al neo-segretario (e ovviamente al suo partito) si pareranno due scenari assai diversi: che il governo Letta inciampi e si vada dunque a elezioni la primavera prossima, oppure che il patto Pd-Pdl-Scelta civica tenga e al voto ci si giunga solo nella primavera 2015 (nella migliore delle ipotesi). Uno scenario, naturalmente, non vale l'altro: e il secondo, in particolare, potrebbe trasformarsi in un boomerang, in un colpo, per lo stesso Renzi e considerata la situazione - per le sorti dell'intero Pd.

Non c'è sondaggio, infatti, che oggi non indichi nel sindaco di Firenze il miglior candidato possibile alla premiership per conto del centrosinistra: vincerebbe contro Berlusconi e dunque, presumibilmente, contro chiunque altro. La sua forza, però, risiede soprattutto nell'alone di novità che lo circonda e nella distanza - addirittura nell'estraneità - che gli viene riconosciuta (a torto o a ragione) rispetto ai cosiddetti «soliti noti». Anche la sua capacità di attrarre consensi tra chi ha sempre votato «dall'altra parte», del resto, origina da queste precise e incontestabili caratteristiche.

Che sarebbe di tutto questo, una volta che Renzi venisse eletto segretario del Pd? E che ne sarebbe, soprattutto, se il giovane sindaco di Firenze dovesse ritrovarsi inchiodato a quel ruolo per un tempo indefinito, in ragione della tenuta del governo di Enrico Letta? Lasciamo stare, in questa sede, i possibili effetti che una segreteria-Renzi potrebbe avere sulle sorti del Pd: e proviamo a ipotizzare, solo per un momento, quel che potrebbe accadere su uno scenario più generale.

L'effetto-novità sfumerebbe in maniera inversamente proporzionale alla quantità di immagini di questo o quel Tg che lo ritraggono in riunione con i «soliti noti», in delegazione dal Capo dello Stato, in polemica con Alfano o con Casini o perfino alle prese con questo o quello scandalo che dovesse riguardare il Pd. Non solo: per un elettore di centrodestra sarebbe ovviamente cosa ben diversa (e più difficile) passare da Berlusconi al Renzi-rottamatore di oggi, piuttosto che al Renzi nientemeno che segretario del Pd. L'effetto sul centrosinistra, insomma, sarebbe quello di ritrovarsi con un candidato-premier ieri vincente e poi invece «sfigurato», depotenziato, dalle scelte (e dal ruolo) da lui stesso compiute.

Per non dire dei riflessi (non irrilevanti) che una segreteria Renzi potrebbe avere sullo stesso Pd: e qui si va dall'ipotesi estrema di una scissione fino a quella (ottimistica ma meno probabile) di una totale e positiva trasformazione del partito e del suo modo di essere e di operare. Ciò nonostante, Renzi pare aver fatto la sua scelta. Potrebbe non essere un buon affare, né per lui né per il Pd: ma come in tante altre cose solo il tempo dirà se le cose stanno davvero così...

 

 

IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI MATTEO RENZI bersani renzi l bersani bindi medium Renzi epifanifranceschini franceschini bersani

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…

trump musk xi

DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO L’INAUGURAZIONE: IL PRIMO INAUGURERÀ LA DEPORTAZIONE DI 9,5 MILIONI DI IMMIGRATI. MA IL SECONDO È ANCORA PIÙ BOMBASTICO: L’IMPOSIZIONE DEI DAZI SUI PRODOTTI CINESI - UN CLASSICO TRUMPIANO: DARE UNA RANDELLATA E POI COSTRINGERE L’INTERLOCUTORE A TRATTARE DA UNA POSIZIONE DI DEBOLEZZA. MA COME REAGIRÀ XI JINPING? CHISSÀ CHE AL DRAGONE NON VENGA IN MENTE DI CHIUDERE, PER LA GIOIA DI ELON MUSK, LE MEGAFABBRICHE DI TESLA A SHANGHAI…

salvini romeo

DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI FINE 2024 - EX FEDELISSIMO DEL “CAPITONE”, È STATO L’UNICO A ESPORSI CONTRO IL SEGRETARIO, E OTTENERE LA LEADERSHIP IN LOMBARDIA – DOPO LA SUA SFIDA VINTA, ANCHE FEDRIGA È USCITO ALLO SCOPERTO CANNONEGGIANDO CONTRO L’EVENTUALE RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE - CHE SUCCEDERÀ AL CONGRESSO? NIENTE: SALVINI HA IN MANO LA MAGGIORANZA DEI DELEGATI, E L’ASSEMBLEA AVRÀ CARATTERE PROGRAMMATICO. MA LA DISSIDENZA CRESCE…