NOMINE PUBBLICHE, INCIUCI SEGRETI – IL “CONTINUISTA” RENZI: CHE DIFFERENZA C’E’ ALL’ENI TRA DESCALZI E SCARONI? – ANCORA CONTRO MORETTI: “SE AI MANAGER NON STA BENE IL TETTO AGLI STIPENDI CHE VADANO NEL PRIVATO!”

1 - «MANAGER, MEGLIO IL PRIVATO? VADANO PURE»
Roberto Bagnoli e Marco Galluzzo per il "Corriere della Sera"

Ai piani alti di Forza Italia dicono che la situazione è in alto mare. Di sicuro Gianni Letta ha incontrato Matteo Renzi, giorni fa, anche per discutere di nomine nelle aziende partecipate dallo Stato: sembra che il confronto sia stato costruttivo sino a un certo punto, i riferimenti di Berlusconi nelle aziende pubbliche non sono proprio collimanti con quelli del premier. Sul tavolo di Renzi in questo momento ci sono i nomi suggeriti dal ministro dell'Economia, sembra in forma di terna per ciascuna casella, quelli cui ha lavorato con il sottosegretario Delrio e/o suggeriti dalle società di cacciatori di teste.

Da Washington ieri il ministro Padoan ha detto che i nomi scelti «dovranno essere competenti e in alcuni casi nuovi». «Nomine - ha aggiunto - che sono enormemente importanti e dalle quali dipende la decisione di investire nel nostro Paese per dimostrare che le cose stanno cambiando». Criterio cui si sono aggiunte le parole di Delrio in un'intervista da Avvenire , «gli italiani saranno sorpresi, faremo scelte di discontinuità, senza disperdere le energie migliori già presenti».

Dichiarazioni diplomatiche che lasciano aperto lo scenario a ogni soluzione. La più probabile è un innesto di persone nuove, in gran parte provenienti dall'interno delle aziende. Tra i rumor di palazzo ieri si registrava la candidatura del numero uno delle Ferrovie Mauro Moretti come ad di Finmeccanica, ipotesi che costituirebbe un'autentica sorpresa viste le polemiche di pochi giorni fa fra il manager e il premier, sugli stipendi degli amministratori.

Lunedì potrebbe essere il giorno della verità non solo per i supermanager di Eni, Enel, Finmeccanica e Poste, ma anche per i 38 posti nei consigli di amministrazione, a cui andrebbero aggiunti i 29 solo nella galassia Poste. E' di ieri anche la decisione da parte della Consob di avviare una consultazione pubblica sulla trasparenza delle buonuscite dei manager delle società quotate.

L'iniziativa non è comunque destinata a influenzare la retribuzione dei futuri supermanager (si riferisce solo ai casi di «risoluzione anticipata» del contratto: interesserebbe solo Alessandro Pansa, se non venisse confermato in Finmeccanica) ed è destinata a entrare in «funzione» alla fine di giugno. E comunque la posizione del premier sulle retribuzioni pare sufficientemente chiara: «Ho sentito super manager dire: allora io per 238 mila euro me ne vado nel privato», ha detto Renzi al Tg3. «Se ti prendono vai, vorrei vederli. Noi - ha aggiunto - abbiamo detto che ci deve essere un limite nel pubblico e 238 mila euro lordi sono tanti soldi».

Dopo giorni di indiscrezioni anche il dg della Rai Luigi Gubitosi ha precisato che «tutte le voci sulla mia dipartita sono ampiamente esagerate» e ha escluso di lasciare viale Mazzini. Palazzo Chigi, in modo ufficioso, ha smentito ipotesi di nomina degli ambasciatori Castellaneta e Massolo, quest'ultimo oggi a capo del Dis, incarico che scade nel 2016.

Sempre al Tg3 Renzi ha detto che «è naturale che chi fa un investimento, dunque anche le banche, paghi quanto i cittadini, il 26% e non il 12,5. Tutto si può dire tranne che le banche in questi anni siano state svantaggiate. Abbiamo dato tutti una mano alle banche, ora è il momento che le banche diano una mano loro».

2 - UNA POLTRONA, ANCHE PICCOLA L'ULTIMA LOTTA DEI CONTINUISTI
Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera"

Qualcuno, in questi giorni di trattative frenetiche, ha coniato per loro un singolare neologismo: continuisti. Sono coloro che contrasterebbero i cosiddetti rottamatori, quelli che vorrebbero dare il benservito ai manager della vecchia guardia che hanno gia' superato, in qualche caso pure ampiamente, il limite dei tre mandati.

Dal fronte renziano assicurano che le ultime resistenze sono ormai superate. Per capirci, quelle di chi sperava se non proprio in una riconferma, almeno nel passaggio dalla poltrona di amministratore delegato a quella di presidente. Per quanto, a giudicare dai nomi che girano, consistenti schegge di «continuismo» restano in circolazione.

Con precise paternità. C'è per esempio chi ha provato a candidare per qualche presidenza l'ambasciatore Giovanni Castellaneta, classe 1942: diplomatico di rango che è stato per anni consigliere diplomatico dell'ex premier Silvio Berlusconi. Oggi è già presidente di un'altra società pubblica, la Sace.

E c'è oggettivamente da chiedersi quale potrà essere il tasso di innovazione all'Eni se troveranno conferme le indiscrezioni che vogliono al posto di Paolo Scaroni l'attuale suo direttore generale Claudio Descalzi. Tanto più se alla presidenza si dovesse davvero materializzare Giampiero Massolo, altissimo funzionario della Farnesina dove ha fra l'altro ricoperto l'incarico di capo di gabinetto di Gianfranco Fini, attualmente capo del Dipartimento informazioni per la sicurezza: i servizi segreti di Palazzo Chigi.

Scelta che ha tutto il sapore di un compromesso bello e buono con gli apparati burocratici ai quali i renziani avevano lanciato il guanto di sfida. Del resto, non era stato lo stesso Renzi a dire in televisione qualche giorno fa che «L'Eni è un pezzo fondamentale dei nostri servizi segreti?».

E l'attuale presidente della Finmeccanica Gianni De Gennaro, nominato lo scorso anno dal governo di Enrico Letta e a quanto pare l'unico destinato a restare al proprio posto, non è forse stato il predecessore di Massolo alla guida dell'intelligence della presidenza del Consiglio?

Ecco allora che il confronto fra continuisti e rottamatori è molto più dialettico di quanto non si possa pensare. O non si voglia far credere. Ed ecco perché la diatriba in qualche caso assume una veste inedita: fra chi vorrebbe optare per scelte interne (vedi Descalzi) e chi, invece, preferirebbe voltare pagina puntando su candidature esterne. Caso tipico, l'Enel. Certo l'amministratore delegato di Greenpower Francesco Starace non può essere considerato emblema della continuità con Fulvio Conti: ne è stato il principale oppositore interno. Eppure se la dovrà vedere al ballottaggio con il capo di Gdf Suez Italia, Aldo Chiarini.

Per chiudere la partita ci sono ancora quarantotto ore di tempo. Con una complicazione in più rispetto ai precedenti rituali: lo stipendio che il governo suggerirà alle assemblee dei soci di limitare a 400 mila euro annui. L'ultimo scoglio, a quanto pare, è la faccenda del genere. Si cercano donne di peso disponibili ad assumere gli incarichi di presidenza. Confidiamo che non sia questa la sola vera innovazione.

 

 

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