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IL RENZUSCONI PERDE I PEZZI - IL DDL BOSCHI AVREBBE DOVUTO AVERE 226 VOTI: NE HA PRESI 183 - I DISSIDENTI SO NO AUMENTATI E ORA METTONO NEL MIRINO L’ITALICUM - FITTO CAPEGGIA I MALPANCISTI DI “FARSA ITALIA”
A.L.M.] per La Stampa
Adesso, dicono i protagonisti della politica, ognuno a casa sua. Destra e sinistra torneranno a separarsi? Sarà così dopo gli abbracci, i baci calorosi, batticinque, pacche sulle spalle che si sono visti ieri al Senato dopo il voto finale sulla riforma costituzionale? Cosa accadrà in autunno quando nelle aule parlamentari arriveranno le misure del governo sul lavoro, la giustizia e la politica industriale?
renzi madia delrio boschi picierno
L’attesa più nervosa è riservata alla riforma elettorale che approda a Palazzo Madama dove i lupi della dissidenza dentro tutti i gruppi parlamentari ieri hanno ululato forte e chiaro. Alla resa dei conti finale, la maggioranza allargata del Patto del Nazareno ha lasciato per strada 43 voti, senza contare le assenze ingiustificate.
Sarebbero dovuti suonare 226 sì al ddl Boschi sommando quelli sulla carta del Pd, Fi, Ncd, Scelta civica, Popolari per l’Italia, Psi, Autonomie (Gal). E invece l’asticella si è fermata a 183 . L’emorragia c’è stata in tutti i gruppi, un’opposizione trasversale che rischia di riproporsi e crescere quando sarà messo sotto torchio l’Italicum.
raffaele fitto silvio berlusconi
Sono un piccolo esercito coloro che non vogliono le preferenze, chiedono i collegi uninominali e si battono contro le liste bloccate. Per quanto riguarda il Pd ritorneranno i nomi di Chiti, Mineo, Casson, ma anche di tutti i bersaniani che dicono «l’ultima parola non può essere lasciata a Verdini».
Per motivi opposti (vogliono le preferenze) affilano le armi i senatori del Nuovo Centrodestra mentre la Lega punta ad avere una legge che conteggi le soglie di sbarramento solo in alcune Regioni del Nord e non su scala nazionale. Poi ci sono i 5 Stelle che si sono visti ricacciate in gola le loro proposte di riforma elettorale e hanno dimostrato quanti decibel di rumore sono in grado di produrre in aula. Infine i vendoliani di Sel capitanati dalla combattiva pasionaria Loredana De Petris che vogliono soglie basse per sopravvivere.
Capitolo a sè Forza Italia. Lì, nel gruppo del Senato, c’è un’area di quindici dissidenti che si allunga fino a una decina di senatori di Autonomie e Libertà (Gal). Molti di loro sono legati politicamente a Raffaele Fitto che rischia di non entrare in una lista o listino bloccato che sia, non potendo così far valere tutte le sue 240 mila preferenze prese alle Europee. Sentiremo ancora parlare del dissidente solitario Minzolini e del vulcanico senatore D’Anna. Per un motivo o per un altro, c’è filo rosso che lega le fronde di ogni genere e colore. E che metterà a dura prova il patto del Nazareno.
A questo bisogna aggiungere le tensioni che si scateneranno, sia alla Camera sia al Senato, quando arriveranno i provvedimenti economici. Servirà allora una nuova maggioranza più larga, legando ancora una volta Renzi a Berlusconi? Il capogruppo Pd Zanda è convinto che non ci sarà bisogno del «soccorso azzurro» dell’ex Cavaliere. Il quale intanto promette di recuperare presto la sua agibilità politica ed elettorale che gli sarebbe stata sottratta con la condanna per frode fiscale nell’agosto 2013.
È chiaro che voglia avere la possibilità di ricandidarsi. Intanto si gode il suo ritorno sulla scena politica come primo attore grazie all’approvazione in prima lettura della riforma costituzionale. Berlusconi è tornato centrale e Giovanni Toti, suo consigliere politico, lo spiega così: «Senza Fi le riforme non si fanno. Renzi al Senato si ferma a quota 140 mentre la maggioranza è lontana. L’Italia cambia verso solo con FI».