LA RESA DEI CONTI ALL’INTERNO DEI GRILLOZZI SU LEADERSHIP E CASALEGGIO SI STA ACCELERANDO PERCHÉ IL 20 SETTEMBRE SI AVVICINA E TUTTI TEMONO LA SCONFITTA ALLE REGIONALI. DI MAIO VORREBBE FARLA FINITA PRIMA DEL VOTO MA NON CE LA FARÀ PERCHÉ IL REGGENTE CRIMI HA IL PIEDE IN DUE STAFFE, UNA DELLE QUALI APPARTIENE A CASALEGGIO. E GIGGINO SI SENTE DI NUOVO TRADITO: TUTTI COLORO CHE HA SCELTO IN RUOLI APICALI (DA CONTE A CASALINO FINO A CRIMI) PRIMA O POI GLI VOLTANO LE SPALLE. L’UNICO A NON CONSIDERALO UN MINUS È GRILLO CHE FARÀ SENTIRE IL SUO PESO NELLA BATTAGLIA DELL’EX BIBITARO CONTRO CASALEGGIO E DI BATTISTA..
DAGONOTA
La resa dei conti all’interno dei grillozzi su leadership e Casaleggio si sta accelerando perché il 20 settembre si avvicina e tutti temono la sconfitta alle Regionali. Di Maio, ovviamente, vorrebbe farla finita prima del voto ma non ce la farà perché il reggente Crimi ha il piede in due staffe, una delle quali appartiene a Casaleggio. E Giggino si sente di nuovo tradito: tutti coloro che ha scelto in ruoli apicali – da Conte a Casalino fino a Crimi – prima o poi gli voltano le spalle. L’unico a non consideralo un minus è Beppe Grillo che farà sentire il suo peso nella battaglia dell’ex bibitaro contro Casaleggio e Di Battista.
RIENTRA LA FRONDA DOPO LA RIUNIONE SEGRETA DEI GOVERNISTI GRILLINI
Barbara Acquaviti per il Messaggero
Questa volta nessuno scossone. Le tensioni, tutte interne al Movimento 5Stelle, che martedì sono esplose alla Camera nel voto sul decreto Covid, si fermano sulla soglia del Senato chiamato a esprimersi sull' ennesima fiducia chiesta dal governo. Si temeva che la faglia che spacca in due i pentastellati su leadership e rapporto con la casa madre di Casaleggio potesse far ballare seriamente l' esecutivo sul decreto semplificazioni a palazzo Madama, lì dove i numeri dei giallorossi lasciano pochi margini di assenze ed errori.
E, invece, grazie anche a un vertice segreto dei big governisti pentastellati, i tabulati restituiscono l' immagine di un voto senza brividi. Tra i parlamentari di M5s, Pd e Iv che sostengono il Conte II, infatti, sono risultati non presenti soltanto sei senatori, tutti giustificati: due grillini (Rosa Abate e Sergio Romagnoli), tre dem (Francesco Giacobbe, Vanna Iori e Roberto Rampi) e il capogruppo di Iv, Davide Faraone.
Alla fine la fiducia passa con 157 sì, 82 contrari e un astenuto.
Dei 78 parlamentari assenti alla votazione, dunque, la maggior parte appartiene proprio all' opposizione di centrodestra che sulla carta può contare su circa 145 senatori.
Un voto quindi, sostanzialmente in linea con gli ultimi precedenti: il 16 luglio, infatti, il decreto rilancio aveva ottenuto 159 sì, poco prima il decreto elezioni (votato due volte con annessa bagarre per l' assenza del numero legale) era passato con 158 voti favorevoli. Inoltre, il 4 giugno, il dl liquidità aveva avuto il sostegno di 156 senatori. Finora, infatti, per il Conte II in due sole occasioni in cui è stata chiesta la fiducia, la maggioranza è scesa sotto quota 150 a palazzo Madama: sul decreto Cura Italia (142) e sul dl Covid-Scuola (148).
Ma i numeri tutto sommato rassicuranti incassati sul dl Semplificazioni non devono ingannare. Se il Pd e la leadership di Nicola Zingaretti si giocano molto nella prossima tornata elettorale delle Regionali, per il M5s ormai non passa giorno che non si apra un nuovo fronte.
Persino sul referendum, una delle poche battaglie storiche finora non sacrificate sull' altare della real politik. Il fronte del no al taglio dei parlamentari, assicurano, conquista sempre più nuovi adepti anche tra i pentastellati, sebbene i dubbiosi stentino a venire allo scoperto, un po' per timore delle conseguenze, un po' perché sovrastati dal verbo mainstream dei vertici. In una riunione che si è tenuta ieri a Montecitorio, per dare un' idea di quanto le dissidenze si stiano allargando a macchia d' olio, alcuni senatori grillini avrebbero espresso perplessità persino sul disegno di legge costituzionale a breve all' esame dell' aula - che parifica i requisiti per l' elettorato attivo e passivo dei due rami del Parlamento, consentendo ai diciottenni di poter votare anche per palazzo Madama.
DAVIDE CASALEGGIO LUIGI DI MAIO VITO CRIMI
Scintille, pretesti forse, ma tutti sintomi della guerra interna al Movimento che punta su due bersagli grossi: la leadership e il rapporto con Davide Casaleggio. Martedì sera si è tenuta, appunto, una riunione a viale Arenula tra i big pentastellati. Oltre al padrone di casa, Alfonso Bonafede, erano presenti il capo politico Vito Crimi, Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro, Stefano Buffagni, il capogruppo alla Camera Davide Crippa, Stefano Patuanelli. Grande assente, pur se invitato, Alessandro Di Battista - uno dei pochi nomi che contano rimasto nell' orbita del figlio del fondatore pronto, dicono, a tentare la scalata verso il vertice.
Dopo le Regionali, infatti, si dovrebbe chiudere la fase della reggenza affidata a Vito Crimi dopo le dimissioni di Di Maio da capo politico, ma sulla strada da percorrere - su tempi, modi e nomi - c' è tutt' altro che chiarezza. Non esiste ancora una data per gli Stati generali, intanto, però, cresce il fonte parlamentare di chi vorrebbe una riorganizzazione che limitasse le decisioni calate dall' alto. «Che sia corale o che sia unica, è arrivato il momento che il Movimento si dia una leadership votata, legittimata e in grado di affrontare le sfide del governo», ha detto da Cernobbio Luigi Di Maio.
Prima di tutto, però, resta da sciogliere il nodo del rapporto tra il Movimento romano' e la Casaleggio Associati, a cui molti vorrebbero sottrarre le chiavi della piattaforma Rousseau.
luigi di maio vito crimiluigi di maio vito crimi 2davide casaleggio luigi di maio vito crimi 1