LUIGINO SETTEBELLEZZE - DI MAIO SI E’ IMPOSTO COME CANDIDATO PREMIER M5S GRAZIE AL VOLTO RASSICURANTE - MA DI LUI COSA RESTA? LE TANTE GAFFE DALLA “LOBBY DEI MALATI DI CANCRO” A “PINOCHET IN VENEZUELA” FINO AI CONGIUNTIVI BALLERINI
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
Dario Fo lo definì «inimmaginabile». Voleva essere un complimento, ma l' aggettivo può anche valere a descrivere l' irresistibile ascesa di Luigi Di Maio. Appena sbarcato a Montecitorio, lo chiamavano «il grillino democristiano» e il «berluschino 5 Stelle». Forse per via dello stile, il completo blu marino e la cravatta azzurro polvere. Un' eleganza impeccabile, completata da una faccia da bravo ragazzo e un eloquio fluido, che stonava con lo stile ruspante e le sgrammaticature di molti 5 stelle delle origini.
rosa caupozzo roberto fico luigi di maio
Di Maio incarna ora il perfetto rappresentante del «sogno grillino», variante nostrana dell' american dream : l' uomo della strada, senza storia politica, senza curriculum, che dal nulla di Pomigliano d' Arco scala le vette vertiginose della Capitale delle auto blu, sconfigge la «casta» dei politici di professione e si trova a un passo dalla poltrona di Palazzo Chigi. Fino al 14 marzo del 2013 la sua biografia si poteva riassumere in poche righe, non esaltanti.
Liceo classico, due tentativi universitari naufragati (prima ingegneria, poi giurisprudenza), una bocciatura da aspirante consigliere a Pomigliano d' Arco (59 voti) lavoretti precari: steward al San Paolo, tecnico-riparatore di computer, agente commerciale, manovale, cameriere. La dichiarazione del 2012 riporta redditi zero. Ma il 15 marzo 2013 entra in Parlamento e cambia tutto.
Eletto vicepresidente della Camera, diventa il volto istituzionale del Movimento. Macina dichiarazioni e piace molto a Beppe Grillo, anche per la sua inclinazione a destra (il padre è missino, come quello di Di Battista). Nel settembre 2016 viene già incoronato, con largo anticipo rispetto al futuro plebiscito «democratico» del blog: «Maledetto, sei il leader», gli urla Grillo sul palco.
Alessandro Di Battista lo surclassa in popolarità, ma dopo qualche scaramuccia, firma con lui un patto di ferro. I consigli della fidanzata Silvia Virgulti, coach di comunicazione dei 5 Stelle, lo aiutano a ottenere consensi, anche all'estero: da Forbes che lo mette tra i 30 più influenti in Europa al Financial Times , che ne loda il volto «moderato e affabile».
Di Maio, però, inciampa in numerose gaffe. Nella foga, se la prende con il vitalizio di «un certo Luca Boneschi» (mitico legale radicale scomparso qualche mese prima); se ne esce con la raggelante definizione di «lobby dei malati di cancro»; scrive di un fantomatico «Pinochet in Venezuela».
Peccati veniali, si dirà. Come quando inciampa nei congiuntivi. Non è da annoverare nelle gaffe, invece, ma in una precisa posizione politica, la definizione di «taxi del mare» per le ong che aiutano i migranti. Negli ultimi tempi, Di Maio diventa concavo e convesso, si fa di lotta e di governo, barricadero e istituzionale. Alla conferenza stampa sui vitalizi ricorda di aver chiesto e ottenuto, chissà perché, «la rimozione dei vini di pregio dalla buvette della Camera».
Ma sui giornali continuano a uscire riferimenti sgraditi alle vicende romane. Di Maio ripete da mesi di avere dato il benservito a Raffaele Marra, ma la sua versione contrasta con gli sms che si scambiarono l' ex braccio destro della sindaca Virginia Raggi. La stima dei vertici non è condivisa da molti, tra i parlamentari.
E la base non sempre si scalda. Per questo, da mesi la Comunicazione lo spinge in ogni occasione e fa pubblicare interviste quasi solo a lui, per paura che le primarie possano smentire quello che tutti, nel Movimento, sanno da almeno un anno. Che Luigi Di Maio, a soli 31 anni, sarà il candidato premier e il capo politico del Movimento. Un' ascesa irresistibile e, per dirla con Dario Fo,davvero «inimmaginabile ».