RENZI NELLA PALUDE - RIFORME BLOCCATE E FIDUCIA IN CALO: LA MACCHINA MACINA-CONSENSI DEL PREMIER SI È INGOLFATA - MATTEUCCIO RILANCIA SUL JOBS ACT – ‘’LA SCISSIONE? SE QUALCUNO VUOLE ANDARE CON LA SINISTRA RADICALE, VADA PURE’’

Laura Cesaretti per "il Giornale"

 

renzi all assemblea degli industriali a bresciarenzi all assemblea degli industriali a brescia

Stamattina Matteo Renzi sarà a Brescia, ospite d'onore dell'assemblea annuale degli industriali locali. E fuori dalla fabbrica Palazzoli, dove si tiene l'incontro, troverà la Cgil e la Fiom a contestarlo, tra slogan contro il governo e il suo Jobs Act e bandiere rosse al vento.

 

Non che lo scontro con i sindacati e con la sinistra radical - compresa quella interna al Pd - preoccupi granché il premier, che anzi la sfida e la sfotte: non solo (tramite Bruno Vespa e le anticipazioni autunno-inverno del suo nuovo libro) fa sapere che non ha alcuna intenzione di tornare indietro sull'articolo 18 e di cambiare il Jobs Act come gli chiede la minoranza, ma liquida così la possibile scissione:

 

«Se qualcuno dei nostri vuole andare con la sinistra radicale che ha attraversato gli ultimi vent'anni, in nome della purezza delle origini, faccia pure: non mi interessa. È un progetto identitario fine a se stesso e certo non destinato a cambiare l'Italia. Lo rispetto, ma non mi toglie il sonno. Se si arrivasse a una scissione, ma non ci si arriverà, la nostra gente sarebbe la prima a chiedere: che state facendo?». Quanto all'articolo 18, «la sua modifica preoccupa più qualche dirigente e qualche parlamentare che la nostra base».

ml rodota twitta matteo salvini con maglietta putin ml rodota twitta matteo salvini con maglietta putin

 

Per Renzi gli attacchi sindacali al Jobs Act e il braccio di ferro con la sinistra del proprio partito sono funzionali alla credibilità della riforma in ambito europeo: più la sinistra si arrabbia, più la legge delega appare di rottura rispetto al passato.

 

A preoccupare il premier è altro, se mai: l'impasse parlamentare delle riforme, la sensazione di una macchina ingolfata che non produce risultati al ritmo sperato, gli scricchiolii della popolarità del suo governo in qualche sondaggio: ieri quello di Ipsos per il Corriere della Sera annunciava «fiducia in calo» per il premier, dal 61% di settembre al 54% di oggi. Numeri che restano stratosferici, visto che Renzi rimane senza rivali e il più gettonato dopo di lui, Matteo Salvini ha la metà delle sue preferenze, ma sette punti in meno in un mese non sono pochi.

 

piroso semi selfie con scalfari piroso semi selfie con scalfari

E i giornali di ieri facevano a gara a fare le bucce al premier, a parte la scontata articolessa domenicale anti-renziana di Eugenio Scalfari su Repubblica: per il Sole 24 Ore le riforme già approvate, anche dai precedenti governi, arrancano per le lentezze burocratiche: «Mancano 429 decreti attuativi, per 189 provvedimenti è già scaduto il termine: in stand by voucher, Pmi e piano export».

 

Certo, si dà atto all'attuale governo di aver fatto un notevole «balzo» in avanti rispetto al passato nella messa in opera dei provvedimenti, ma si mette l'accento sul fatto che si è a poco più della metà del guado, con lo smaltimento del 53% dell'arretrato. E sulla stessa prima pagina il professor Roberto D'Alimonte parla di una legge elettorale che «rischia di bloccarsi nel porto delle nebbie» del Parlamento.

michele ainismichele ainis

 

Allarme ripreso anche nell'editoriale del Corriere, dove Michele Ainis fa i conti: l'Italicum, varato a marzo dalla Camera, è «da sette mesi chiuso nei cassetti del Senato». Mentre la riforma del medesimo Senato, approvato ad agosto a Palazzo Madama tra mille convulsioni anche interne al Pd, «è ferma al palo» a Montecitorio, dove sono in lista di attesa sia la legge di Stabilità che il contestatissimo Jobs Act.

 

A Palazzo Chigi però non si mostra grande allarme per le punzecchiature che arrivano dai «giornali dei cosiddetti poteri forti». E sulla legge elettorale mostrano di avere le idee molto chiare: è in cima alla lista delle priorità, è l'arma che il governo vuole al più presto avere in mano anche per tenere a bada la sua maggioranza. Non a caso Renzi è tornato a smuovere le acque proponendo il premio di lista: un modo per alzare il tiro e riaprire la trattativa con Berlusconi, accelerando il cammino dell'Italicum. Che il premier è deciso a far varare entro l'anno.

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