1. CHE CI FANNO QUI, SI SONO CHIESTI I CARABINIERI, QUASI NASCOSTE NELL’ANGOLO PIÙ BUIO DEL GRANDE PARCHEGGIO DAVANTI AL TRIBUNALE NUOVO DI RIMINI, DUE DONNE DEL NORD ITALIA, MADRE E FIGLIA, UNA DI 56 ANNI E L’ALTRA DI 29, TIMIDE, IMPACCIATE, VISTOSAMENTE NORMALI, JEANS E MAGLIETTA, TRA RUMENE E UNGHERESI E RUMENE MINIGONNATE ALL’INGUINE, CALZE A RETE, SCOLLATURE COME CANYON, LABBRA, NASI E NATICHE RIFATTE? 2. IN CASERMA, È LA MADRE A RIPERCORRERE LA SUA DISCESA ALL’INFERNO, SENZA BIGLIETTO DI RITORNO: “LO FACCIAMO DA POCO, SARÀ LA SECONDA O TERZA VOLTA. LO FACCIAMO PERCHÉ NON RIUSCIAMO PIÙ A PAGARE L’AFFITTO. ABBIAMO SEMPRE ENTRAMBE LAVORATO, LAVORI PULITI E DIGNITOSI, MA DA MESI NON TROVIAMO PIÙ NULLA, NEANCHE QUALCUNO CHE CI FACCIA LAVARE LE SCALE. LA CASA È L’UNICA COSA CHE CI RIMANE, POI SIAMO PERDUTE...” 3. L’IDEA DELLA MADRE È STATA POI “CORRETTA” DALLA FIGLIA: “NO, NON VOGLIO CHE TU VADA SOLA IN MEZZO SUL MARCIAPIEDE, VENGO ANCH’IO, COSÌ ALMENO TI PROTEGGO”

Francesco Alberti per "Il Corriere della Sera"

Un trionfo di minigonne all'inguine, calze a rete, scollature come canyon, labbra, nasi e natiche rifatte. E poi loro due. Timide. Impacciate. Vistosamente normali. Jeans e maglietta. Monacali in quella giostra di carne in vendita. Quasi nascoste nell'angolo più buio del grande parcheggio davanti al tribunale nuovo. Entrambe italiane. La più anziana si scoprirà poi che ha 56 anni.

L'altra, aggraziata, ventinove. All'occhio navigato dei carabinieri sono subito apparse fuori luogo. «E queste da dove escono? Che ci fanno qui?» si sono chiesti gli uomini della pattuglia in un sabato sera riminese di ordinaria prostituzione tra ungheresi, rumene, bulgare e clienti in fuga (qualcuno, piagnucolante, identificato e multato). Si sono avvicinati, i carabinieri, a quella coppia anomala, e mai avrebbero immaginato: «Madre e figlia? Avanti, non scherziamo: documenti, per favore...». Tutto disperatamente vero.

Un'ora dopo, in caserma, è la più anziana a ripercorrere la sua discesa all'inferno, senza biglietto di ritorno. Racconta: «Lo facciamo da poco, sarà la seconda o terza volta. Lo facciamo perché non riusciamo più a pagare l'affitto. Abbiamo sempre entrambe lavorato, lavori puliti e dignitosi, ma da mesi non troviamo più nulla, neanche qualcuno che ci faccia lavare le scale.

La casa è l'unica cosa che ci rimane, poi siamo perdute...». I carabinieri ascoltano, scandagliano le loro vite, fanno le verifiche del caso: tutto vero, tutto esatto. Le due donne, originarie del nord Italia, vivono a Rimini da anni in un piccolo alloggio di edilizia popolare. Di soldi in casa ne sono sempre girati pochi, ma qualche lavoretto qua e là prima o poi si trovava. Negli ultimi mesi invece la situazione si è fatta pesante. Hanno chiesto aiuto al Comune, ottenendo la parziale esenzione dal pagamento di alcune bollette. Hanno stretto sempre più la cinghia, arrivando a saltare un pasto al giorno.

L'idea di farsi «lucciola» è stata della madre. Lei per prima ne ha parlato con la figlia. Raccontano che quasi faticava a pronunciare quella parola: «Vendersi».

Nei suoi piani, lei sola avrebbe dovuto andare per strada. Poi è successo qualcosa: un giorno la ragazza le ha detto che «no, non voglio che tu vada sola in mezzo sul marciapiede, vengo anch'io, così almeno ti proteggo». Un colloquio tra due donne disperate. Gli stessi carabinieri, abituati a vederne di ogni colore, non hanno nascosto un certo turbamento di fronte al racconto: «Sin dall'inizio sono apparse disarmate, impotenti, assolutamente in balia di una situazione senza uscita...», affermano in caserma dove stanno cercando di aiutarle, mettendole in contatto con alcune comunità. Impossibile raccontare il primo impatto con la strada.

Il primo cliente. «Vai tu? Vado io?»: colloqui surreali tra una madre e una figlia. Però si sorreggevano a vicenda. Lucciole per poco. Fino a quando il faro della gazzella dei carabinieri, sabato notte, non le ha puntate in quel parcheggio, strappandole da un mondo che non è il loro.

 

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