SCOZIA SEI-CESSA? - CAMERON E MILIBAND SI SONO SVEGLIATI TARDI, E ORA IL RISULTATO DEL REFERENDUM È IN MANO ALLE DONNE, LE PIU’ INDECISE. IN SOCCORSO ARRIVANO TRE SIGNORE MOLTO CAZZUTE
Fabio Cavalera per “il Corriere della Sera”
Caccia all’indeciso. Ma soprattutto alle indecise. Il sì o il no è nelle mani delle donne. Lo dicono i sondaggi, lo dicono gli analisti politici, lo dicono proprio tutti: in un modo o nell’altro, l’elettore si è schierato, i margini di dubbio restano invece fra le elettrici. E molto dipenderà dalla capacità di convincimento di tre signore, le tre Lady che amano la battaglia.
Nicola Sturgeon, l’avvocatessa indipendentista dello Scottish National Party che ammette di avere una collezione di scarpe col tacco alto da fare invidia a Imelda Marcos, vedova dell’ex dittatore filippino. Johann Lamont, l’insegnante di letteratura, la laburista che, passati i cinquanta e con qualche chilo in più, ha il fiato per correre la maratona. E Ruth Davidson la conservatrice che pratica la kickboxing, sport da combattimento, e che si è dichiarata lesbica.
La politica britannica declina ancora molto al maschile (salvo la parentesi di Margaret Thatcher). La Scozia che sta per votare è un’eccezione. Il centrosinistra, il centrodestra e i secessionisti hanno leader donne e mai come oggi questa controtendenza nel panorama dell’ancora esistente Regno Unito può risultare fondamentale per il risultato dell’urna. Sono scesi in campo e in colpevole ritardo, presi dalla paura, David Cameron e Ed Miliband, promettendo ancora ieri più poteri e più indipendenza fiscale agli scozzesi.
È in fibrillazione Alex Salmond, «first minister» (così si chiama) della Scozia, ex economista, ex banchiere che ha voluto il referendum. Ma alla fine tocca alle tre Lady darci dentro nella emozionante e incerta vigilia.
nicola sturgeon dopo il restyling
«L’indipendenza non è la bacchetta magica che dalla sera alla mattina risolve i nostri problemi, è una grande, grandissima opportunità che abbiamo per costruire il nostro futuro di pace e di prosperità». Nicola Sturgeon, figlia della working class, quarantaquattrenne di Irvine vicino a Glasgow, è nello Scottish National Party da che, adolescente sedicenne, ne chiese la tessera. Adesso è la numero due del partito ma è l’unica che si permette di contestare il capo (Alex Salmond), di disapprovarlo pubblicamente, di criticarlo per le pessime performance come quando è uscito sconfitto nel duello televisivo.
È l’erede designata. Ed è la stratega della campagna referendaria, organizza dibattiti nei villaggi più lontani delle Highlands, «costringendo» il marito a farle da autista (in realtà è pure lui un dirigente del partito). La risalita nelle percentuali secessioniste è molto merito suo. Perché è pragmatica, «di sinistra ma non legata ai dogmi». Era aspra e aggressiva. «Ora sono più tranquilla».
Ha rimodellato il suo look per la causa, in modo da aprire breccia nel fronte moderato, mantenendo stretto il legame con il fronte passionale. Abilissima. «Sì le donne sono l’ago della bilancia. Badiamo al sodo. Non ci interessano i discorsi generici. Occorre toccare le corde giuste della concretezza, del bilancio familiare, del lavoro, del benessere in una Scozia indipendente».
Conservatori e laburisti sono turbati, inquieti. David Cameron e Ed Miliband si sono accorti che il risultato traballa e negli ultimi giorni, cosa che si erano dimenticati di fare prima, si sono precipitati per provare a fermare l’onda del sì. Hanno sottovalutato. Eppure Johann Lamont, che dal 2011 guida i laburisti scozzesi, e Ruth Davidson, che ha la difficile missione di rianimare i tory «in terra infidelium» li avevano a più riprese avvertiti: datevi una mossa, la Scozia rischia di scappare.
Entrambe di Glasgow. Entrambe anima e cuore di «Better Together», il comitato del no con alla testa Alistair Darling, compassato (forse troppo per conquistare la fantasia e i sogni degli scozzesi suoi compatrioti), ma intelligente ex cancelliere dello scacchiere ai tempi del governo di Gordon Brown. La conservatrice Ruth Davidson è la più giovane, trentacinquenne. Nel dna ha il coraggio. In un partito che era di bacchettoni è uscita allo scoperto: sono gay.
DAVID CAMERON E ALEX SALMOND FIRMANO PER IL REFERENDUM SULL INDIPENDENZA SCOZZESE
Ed è stata fra le promotrici della legge scozzese sul matrimonio fra omosessuali. Che le piaccia andare controcorrente non è un mistero. Ad esempio vuole che Londra (e Edimburgo) restino in Europa. E ancora: quando il funambolico sindaco di Londra Boris Johnson se ne è uscito in luglio e agosto con una serie di altolà a David Cameron lei ha detto: «D’estate gli arrampicatori escono allo scoperto».
Donna piena di garbo e di attributi. Sincera. Prevede la sconfitta tory alle prossime elezioni. Ma prima c’è il referendum. E sta in trincea con la collega laburista Johann Lamont che nel parlamento scozzese parla in gaelico. Tutte e due convinte: «Vinceremo. Poi Londra dovrà delegare molti più poteri a Edimburgo sia in materia di tasse sia di welfare». Il sì o il no. Tre donne. E una quarta sullo sfondo: Elisabetta che è sulle spine.