"CIARRA” PACIS – CHI ERA, CHI NON ERA, CHI SI CREDEVA DI ESSERE, GIUSEPPE CIARRAPICO, IL FASCISTA ANDREOTTIANO IN AFFARI COI COMUNISTI E COI CRAXIANI - IL PRIMO INCONTRO CON ANDREOTTI NEL 1954 IN UN CENTRO ITTICO A LATINA: QUANDO 'PEPPINO' GLI DIEDE PER LA PRIMA VOLTA LA MANO RACCONTÒ DI AVER AVUTO PAURA CHE GLI PUZZASSE DI PESCE – IL REVOLVER NEL CASSETTO DELLA SCRIVANIA, I CANNOLI A COSSIGA E L’AMICIZIA COL PRINCIPE CARACCIOLO…
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Non è più tanto facile, al giorno d' oggi, provare a raccontare chi è stato e cosa ha rappresentato Giuseppe Ciarrapico, il "Ciarra", che ieri è scomparso a 85 anni, lasciandosi dietro una vita intensa di complicatissime fedeltà, grossolane sottigliezze, affari a loro modo eroici, equivoci e scombinati, amicizie e inimicizie tanto varie quanto imprevedibili - a riprova, l' ennesima, di come la vita della Prima Repubblica fosse prosperata all' insegna di una complessità adesso, appunto, inconcepibile.
Un fascista andreottiano in affari con i comunisti e con i craxiani; editore dapprima della nostalgia revanchista, poi dei quotidiani della Ciociaria andreottiana, chiamato dal Divo a dirimere il negoziato per salvare Repubblica dalle grinfie di Berlusconi e divenuto - o già lo era? - amico sincero del principe Caracciolo; un finanziere spregiudicato pronto a lanciarsi sui resti spolpati dell' Ambrosiano, poi nel business delle acque minerali, quindi delle cliniche, ma anche della Casina Valadier, del Bar del Tennis, di "Berardo", che riforniva i buffet di Palazzo Chigi, e dei grandi caffè della dolcevita a piazza del Popolo...
Valla a trovare una definizione unificante per un personaggio di aspra, gioviale e perfino poetica ruvidezza.
Una specie di Aldo Fabrizi di cui spesso e volentieri si spargeva voce che stavano per arrestarlo, anzi l' avevano già arrestato, e allora dagli uffici del Ciarra, davanti a villa Borghese, forse nell' edificio dove si consumò la perversa tragedia del marchese Camillino Casati, giungeva la seguente smentita, senza troppo preoccuparsi che la notizia non ci fosse: «Sono libero come una rondine!». Sorriso, sospiro, occhi al cielo, lampo di sfida, quindi di provvisoria impunità.
giuseppe ciarrapico e silvio berlusconi
Teneva il revolver nel cassetto, ma a volte, a colloquio con ceffi cui però non negava udienza, lo collocava in bella vista sulla scrivania. Non era un santo: ma chi lo è? Nato nel 1934 in un paese abruzzese chiamato Bomba, figlio di un penalista, fin dall' adolescenza fascista, anzi fascistissimo; molti anni dopo "fascista storico", là dove l' astuta auto-aggettivazione avrebbe dovuto distanziarlo da quel mondo di reietti "esuli in patria", mentre lui si trovava al centro del formaggio. Più esattamente: al servizio del Divo, da lui appellato "il Principale"; ma anche di chiunque, senza pregiudizi, schematismi e tribolazioni etiche gli consentisse di fare mercato e soldi. Rispetto ai quali aveva una indubbia, anche se autolesionistica attitudine.
A lungo finanziò, anche sul piano culturale, la causa del Msi e del neofascismo italiano.
Amico fedele di Almirante e poi fedelissimo della vedova; ma sempre più che diffidente nei confronti di Fini. Nel 1954 incontrò Andreotti sulla via della Cassa per il Mezzogiorno, un centro ittico a Latina, quando Peppino gli diede per la prima volta la mano raccontò di aver avuto paura che gli puzzasse di pesce. Ma il Divo era tutt' altro che schizzinoso e specie a Roma i confini tra la Dc e i missini erano, più che labili, quasi del tutto inesistenti. Trent' anni dopo era di Ciarrapico l' aereo privato che scarrozzava il Divo su e giù per l' Italia e sempre suo il titolo di un cocktail, il "Marilena Madrigale", dedicato alla terzogenita del presidente, il cui settimo governo fu salutato sulle colline ciociare con bande di paese e porchetta flambè.
Sempre per la gloria di Andreotti, nella stagione del Caf, il Ciarra, privo di qualsiasi passione per il calcio, divenne inopinatamente presidente della Roma; così come s' inventò il Premio Fiuggi, maxi borsa per Gorbaciov, 500 milioni, brividi e interrogazioni sulla copertura dell' assegno. Per il resto: collezionò soldatini di piombo; portò cannoli siciliani al Cossiga picconatore; e proclamatosi risanatore dell' Avanti! prese a soggiornare all' hotel Raphael; ispirò anche il personaggio di Sparafico nella commedia "Alle falde del Kilimangiaro" di Marco Risi. Poi finì dentro, stavolta veramente. Ma ne uscì più vulcanico di prima, fino al punto da incantare Berlusconi, che lo fece senatore. Ma i tempi erano davvero e troppo cambiati.
A disagio nella Seconda Repubblica, se n' è andato nella Terza, che appare non solo più semplice, ma a volte così misera da far osservare con occhi diversi anche la figura del Ciarra.
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