LA RIVOLTA DEI PEONES - PURE NEL PDL DI PADRON SILVIO SI RIBELLANO PER LE LISTE DI “PARACADUTATI” - CAPEZZONE E ANNAGRAZIA CALABRIA IN PIEMONTE, MINZO IN LIGURIA, SCILIPOTI IN CALABRIA, GLI ESODI NEL LAZIO E IN CAMPANIA DOPO L’USCITA DI COSENTINO - IL CASO PIÙ CALDO È L’IMMORTALE FRANCO CARRARO, “IL POLTRONISSIMO”, INFILATO A BOLOGNA: “CI HA FATTO RETROCEDERE, È UN INSULTO ALLA CITTÀ”…

1- RIVOLTA NEL PDL, "TROPPI NOMI PARACADUTATI" - PROTESTE DAL PIEMONTE ALLA CALABRIA. BOLOGNA SI RIBELLA A CARRARO: CI MANDÃ’ IN B
Carmelo Lopapa per "la Repubblica"

Non hanno fatto in tempo a ripiegare i paracadute, che nel Pdl di mezza Italia è scoppiata la rivolta. Capolista sconosciuti in loco, big catapultati, deputati "nominati" da Palazzo Grazioli. Dal Piemonte alla Calabria sono già scattate fughe e rinunce alle candidature. «Non temo contraccolpi» rassicura Berlusconi a StudioAperto. Ma i focolai sono già sette.

EMILIA ROMAGNA.
Intreccia storie di rancori calcistici, i peggiori da smaltire, la candidatura dell'ex presidente della Federcalcio, Franco Carraro, quarto al Senato in Emilia. Additato dagli ultrà quale responsabile della retrocessione del Bologna in B sotto Calciopoli 2006. «Un insulto alla città» per l'ex presidente della società, Giuseppe Gazzoni Frascara. «Chieda scusa», dice il senatore Pdl Palmizio. Carraro non lo farà: «Coscienza a posto, pronto a incontrare i tifosi, ma il Bologna fu retrocesso sul campo».

PIEMONTE.
A Torino hanno gradito poco l'atterraggio di Capezzone alle spalle di Alfano, in Piemonte 1. I potenti consiglieri regionale, Giampiero Leo, e comunale, Silvio Magliano, a nome dei cattolici di area Cl insorgono. Fabrizio Comba, vicepresidente del Consiglio regionale lascia il Pdl all'ultimora e approda in lista con Fratelli d'Italia. Alle spalle di Capezzone c'è Annagrazia Calabria, responsabile giovani, ma romana. «Catapultati forse altri, io ho un ruolo nazionale: la verità è che se sei giovane e bella e fai politica, specie le donne te la fanno pagare» ha spiegato alla Stampa.

LIGURIA.
Una beffa per il Pdl locale l'esclusione di Claudio Scajola per far posto ad Augusto Minzolini, capolista al Senato. Ieri riunione fiume a Imperia convocata dall'ex ministro, con consiglieri e coordinatori di area. «Si può considerare conclusa l'esperienza Pdl» dice all'uscita l'ex candidato sindaco Pierluigi Vinai. «E il 95% la pensa come noi» per il capogruppo regionale, Marco Melgrati. E ora?

CALABRIA.
Scilipoti sesto al Senato è scelta che il governatore Giuseppe Scopelliti, nei colloqui con Verdini, non ha esitato a definire «scellerata». L'ex sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena, rinuncia alla sua candidatura al posto 7, (alle spalle del "responsabile"). «Dispiaciuto per le polemiche, ma sarò il valore aggiunto per il Pdl in Calabria» si schermisce Scilipoti.

CAMPANIA.
Cosentino e il suo esercito - che milita in 31 giunte locali - a questo punto si disimpegna: «Sono un normale cittadino». Ma altri ras come "mr. 25 mila voti" Michele Pisacane insorgono: «Che ci sto a fare settimo in lista? Così non posso aiutare Berlusconi».

LAZIO.
L'esodo degli ex An Meloni, Rampelli e altri in FdI ha scavato una voragine nel Pdl regionale. Altri, come Ronchi, Urso, De Angelis sono stati escusi in extremis. E molti ex An a Roma migrano verso la Destra e Fratelli d'Italia. Tra consiglieri municipali, regionali e comunali solo ieri se ne contavano oltre 40.

SARDEGNA.
Il vicepresidente e assessore al Bilancio della giunta Cappellacci, Giorgio La Spisa, lascia il Pdl e si candida alla Camera per la lista Monti. Molti dirigenti gli chiedono ora le dimissioni, altri consiglieri sono pronti a seguirlo.


2- SPUNTA IN LISTA CARRARO "IL POLTRONISSIMO" DAL PSI AL DIVO GIULIO FINO AL CAVALIERE
Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

La formazione delle liste come la macchina del tempo. Si preme un pulsante, si accendono delle lucette, parte una sonagliera metallica e a Bologna, per il Senato, esce fuori il nome di Franco Carraro.

Sì, proprio lui. Vietato fare gli spiritosi sull'età. E' nato nel dicembre del 1939 e quindi, sebbene non esattamente di primo pelo, ha gli anni che si merita, 73, nemmeno troppi. Ma la più viva sensazione di spaesamento spazio-temporale si ottiene andando a ripescare coriandoli negli archivi. Dai quali risulta - se ne vantò in un'intervista alla fine del 1992 - che dal dicembre del 1961 «non mi è mai successo di rimanere senza una poltrona, o sedia, o sgabello, su cui sedermi. Ho di che vivere - aggiungeva - e non ho nessuna angoscia di sapere cosa farò dopo».

Lo presenta il Pdl. E per quanto nell'ultimo ventennio il personaggio abbia fatto finta di non esserci più, Carraro resta pura metafisica e corposa materialità del potere ed elencarne le cariche acquisite in più di mezzo secolo nello sport e nell'economia richiederebbe uno spazio giornalisticamente immane.

Così ci si può limitare agli sviluppi politici della sua lampante e al tempo stesso insondabile carriera: deputato del Psi, ministro dello Spettacolo in tre governi a guida dc (De Mita, Goria, Andreotti quinques) e singolare capostipite di una ibridazione che alla fine degli anni 80 lo vide raggiungere il Campidoglio, come «sindaco manager», e vabbè; comunque in nome e per conto della tribù craxiana, variante d'esportazione, cioè con propaggini sentimentalmondane nella Gbr di Anja Pieroni, e della gens Julia, come allora s'intendevano latu sensu i voraci e scaltri devoti dell'andreottismo reale.

A questi ultimi Carraro era legato per via della moglie, festaiolissima signora Sandra Alecce, dinastia farmaceutica prediletta dal Divo. Con Berlusconi i fili di collegamento sono svariati, il primo che viene in mente ha a che fare con il calcio e con il Milan, che Carraro presiedette tanti anni fa; mentre l'ultimo non è purtroppo molto simpatico, tanto meno è discreto, e riguarda una certa quantità di dubbi e di denaro, 30mila euri, che il Cavaliere avrebbe versato come «prestito infruttifero», insieme a tante altre giovani amiche, anche alla giovane figliola, s'immaginava benestante, del suo futuro senatore.

E sul serio dispiace di dover stare appresso a queste faccende perché le vestigia capitoline, 1989-1993, meriterebbero di essere espresse in musica e versi, come del resto si espressero i socialisti di una popolare sezione: «La Garbatella, che si Roma è stella,/ saluta Franco, sindaco dabbene,/ lascia Milan, la sua città natale,/ apposta pe' cambià la capitale». Al che lui, che è anche assai pignolo, fece osservare che era nato a Padova.

Ma a questo punto per par condicio occorre rammentare ciò che poco amichevolmente creò in suo onore il gruppo proto-rap "Banda Bassotti" nel brano «Cararo sindaco»: «Ma che ce sta a fa?/ Da Milano viene/ a rompe proprio qua!/ Perché non provvede/ d'annassene a fa',/ d'annassene a fa',/ d'annassene» et coetera.

In ogni caso molto educato, sempre in blu, con scarpe lucidissime, maniaco salutista, ottimo golfista, rivestì gli uscieri con buffe divise e si portava un thermos col brodo nell'aula Giulio Cesare. Quando si fece da parte lamentò un grande distacco tra i cittadini e le istituzioni. Adesso magari pensa di colmarlo lui.

 

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