TE LA DO IO LA ROTTAMAZIONE- IL ‘PROFESSORONE’ RODOTA’-TA’: “RENZI? UN INSICURO, NON RIUSCIRÀ A ROTTAMARCI’’ – ‘’L’ABOLIZIONE DEL SENATO FA SALTARE IL SISTEMA DELLE GARANZIE E INTRODUCE ELEMENTI AUTORITARI. E DOVREMMO STARE ZITTI?’’

Silvia Truzzi per ‘Il Fatto Quotidiano'

Dice il presidente del Consiglio con le mani in tasca di aver "giurato sulla Costituzione, non sui professoroni". E dunque abbiamo interpellato Stefano Rodotà, uno dei professoroni firmatari dell'appello di Libertà e giustizia, eloquentemente intitolato "Verso una svolta autoritaria".

Professor Rodotà, si sente un po' professorone?
Sono un vecchio signore che qualche libro l'ha letto e un po' conosce la storia . Questi modi hanno un retrogusto amaro. "Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola": ecco, non siamo a questo, ma il rispetto per le persone e per le idee male non fa.

C'è, dietro l'atteggiamento sprezzante di Renzi, una profonda insicurezza. Altrimenti il confronto non gli farebbe paura. Potrebbe parlare con dei buoni consiglieri e poi argomentare: il confronto andrebbe a beneficio di tutti. Direttamente s'interviene su un terzo della Costituzione, indirettamente su tutto il sistema delle garanzie. Per i cittadini esprimere la propria opinione è un diritto, per chi si occupa di questi temi intervenire è un dovere.

La discussione non può ridursi al "prendere o lasciare".
Matteo Renzi usa toni ultimativi, non gli piace la critica perché si disturba il manovratore. Non è la prima volta: quando c'era stata una presa di posizione, molto moderata, sulla legge elettorale aveva parlato di "un manipolo di studiosi" con un tono di sostanziale disprezzo. Però non gli riesce di rottamare la cultura critica: è un pezzo della democrazia. Le reazioni che ci sono state a questo appello dimostrano che la nostra non è una posizione minoritaria: è una rottamazione difficile.

"Ho giurato sulla Carta, non su Zagrebelsky e Rodotà": significa "non mi curo di loro" oppure "non sono i depositari della verità costituzionale"?
Che Renzi pensi che noi non siamo i depositari della verità è assolutamente legittimo. Però non può nemmeno dire: "Ho giurato sulla Costituzione e dunque sono io il depositario della verità". La storia è piena di spergiuri. Se ritiene che il terreno proprio sia la Carta, allora discuta.

Ci vuol tempo a fare discussioni. E ora è in voga il mito della velocità, la politica futurista.
I tempi della democrazia sono anche quelli della discussione. Proprio perché la democrazia è in grande sofferenza, si dovrebbero costruire ponti verso i cittadini. Non si è sentita una parola, in questo senso. Ho avuto la fortuna di essere amico di Lelio Basso, cui si deve anche l'articolo 49 della Costituzione sui partiti politici: Basso ha sempre detto "dobbiamo discutere". E su quel tema una discussione ci fu, eccome. Non a caso c'è, in quell'articolo, la mano di un grande giurista, che non aveva paura né del confronto né di avere con sé il meglio della cultura giuridica. Questo c'è dietro un'impresa costituzionale, non la fretta, non i consiglieri interessati o i saggi improvvisati.

"Non ci sto a fare le riforme a metà. O si fanno le riforme, o me ne vado".
Il premier dimostra di non avere orizzonti ampi. Alza i toni, urla e dice "me ne vado". Ma chi si alza e se ne va, svela insicurezza.

Un aut aut minaccioso.
Mettiamo insieme la debolezza di Renzi e la scelta di Berlusconi come suo alleato, con cui pensa di potere fare questo tratto di strada. Il Pd può accettare a capo chino questa strada? Nessuno si pone il problema. Dicono: "Sta piovendo, cosa ci possiamo fare?" Almeno potrebbero comprare un ombrello!

Ci mette la faccia, ripete spesso.
Può voler dire "mi assumo la responsabilità". Ma non può significare "da questo momento in poi detto le regole, i tempi, i modi e poiché la faccia ce la metto io mi dovete seguire". La democrazia non funziona così. E poi anche noi, i firmatari del famigerato appello, ci abbiamo messo la faccia. Nel dialogo, siamo in condizioni di assoluta parità. Se vuole affermare una posizione di supremazia, sbaglia.

Non è il primo politico che usa toni da uomo della provvidenza.
Sono sempre molto diffidente, quando si afferma "dopo di me il diluvio". In questi anni la politica italiana, ancor prima di Renzi, è stata condotta all'insegna dell'emergenza. Non si va alle elezioni, c'è bisogno del governo Monti e via dicendo: i progetti che c'erano dietro questa logica sono falliti.

Una circostanza è stata quasi ignorata: si vogliono fare le riforme durante un mandato in cui il Parlamento è fortemente delegittimato dalla sentenza della Consulta sul Porcellum. La non elettività del Senato, poi, diminuisce il potere dei cittadini di esprimersi: un "restringimento" democratico di cui si parla molto poco. Per questo era indispensabile la nostra presa di posizione. Il discorso sulla delegittimazione politica del Parlamento non nasce come argomento contro Renzi.

Alcune persone - Gustavo Zagrebelsky, Lorenza Carlassare e mi permetta: anche il sottoscritto - vanno ripetendo questo concetto da tempo. Il cuore della sentenza è la mancanza di rappresentatività del Parlamento.

Ora bisognerebbe dire: ci sono mille ragioni, emergenza, fretta, i segnali da dare al mondo intero, per cui il Paese ha bisogno di riforme. Non è solo necessario coinvolgere un'ampia maggioranza, ma anche consentire a quel Parlamento scarsamente rappresentativo di essere coinvolto il più possibile. E aprire alla discussione pubblica: non dico che questo compensa il deficit di legittimazione, ma almeno tutti coloro che non sono rappresentati possono avere diritto di parola.

Mi pare evidente che ci sia l'intenzione di far approvare le modifiche costituzionali con la maggioranza dei due terzi, in modo da impedire un possibile referendum: è un pessimo segnale. Il fatto che un Parlamento con questo grave deficit voglia mettere mano così pesantemente alla Carta, è un azzardo costituzionale: non può essere ignorato.

Si pensa di abolire il Senato come se si dovesse cambiare il senso unico di una strada di Firenze. Una pericolosa semplificazione: mancanza di strumenti o di cultura istituzionale?
C'è stata una regressione culturale profonda. È questo tipo di semplificazioni che introduce elementi autoritari. Si cancella il Senato, si compone la Camera con un sistema iper-maggioritario, il sistema delle garanzie salta: il risultato sarebbe un'alterazione in senso autoritario della logica della Repubblica parlamentare che sta in Costituzione. E dovremmo stare zitti?

 

Alessandro Di Battista e Stefano Rodota Stefano Rodota RENZI ALFANO CASINI IN SENATO FOTO LAPRESSE LIBERTA E GIUSTIZIA GUSTAVO ZAGREBELSKY jpegMATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE

Ultimi Dagoreport

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE - IL RUOLO DEL "GARANTE" LA RUSSA…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...) - VIDEO