1- DA ROMA LADRONA A PADANIA LADRONA: OTTO ANNI DI BALDORIA CON LA CASSA, PROPRIO DA QUEL 2004 DEL COCCOLONE, DA QUANDO BOSSI NON È PIÙ QUEL BOSSI. E, ATTORNO, QUELLA FAMIGLIA ALLARGATA CHE GIÀ UN ANNO DOPO ERA DEFINITA “CERCHIO MAGICO” 2- SERRA: “PIÙ CHE ALLA DISONESTÀ, GLI SCANDALI DELLA LEGA FANNO PENSARE A UN PARTITO IMPROVVISATO E CIALTRONE, INVENTATO DA UN FANFARONE DI PAESE, FINTO MEDICO, CANTANTE FALLITO, CHE PER 20 ANNI È RIUSCITO AD ABBINDOLARE UN POPOLO” 3- “È QUASI PRODIGIOSO CHE LA GRANDE SIMULAZIONE DI BOSSI ABBIA POTUTO REGGERE COSÌ A LUNGO. È COME SE UN "AMICI MIEI" DI BASSO RANGO FOSSE ARRIVATO A GOVERNARE UN PAESE”
1- LA GRANDE SIMULAZIONE DI BOSSI
Michele Serra per "la Repubblica" - Più che alla disonestà vera e propria, gli scandali della Lega fanno pensare alla disperata precarietà strutturale di un partito inventato da un fanfarone di paese, finto medico, cantante fallito, che per oltre vent´anni è riuscito ad abbindolare un popolo evidentemente abbindolabile. Tutto, nella storia leghista, è improvvisato e cialtrone, a partire da quel logo fantasma, "Padania", che non ha alcuna attinenza con storia e geografia e pare sortito da un partita notturna a Risiko annaffiata da troppo alcol.
Proseguendo con il ridicolo crak del credito padano, l´inverosimile carriera politica del povero Trota, il cerchio magico con le fattucchiere e le badanti, l´università dell´Insubria, gli amiconi illetterati messi alla Rai per puro sfregio, i finti ministeri a Monza, gli elmi cornuti, gli affaroni in Tanzania...
à quasi prodigioso che con ingredienti così poveri la grande simulazione di Bossi abbia potuto reggere così a lungo. à come se un "Amici miei" di basso rango fosse arrivato a governare un Paese. Poi i giudici, non per colpa loro, arrivano sempre dopo. Dopo che milioni di italiani l´hanno bevuta, ci hanno creduto, si sono tappati occhi e orecchie per non sentire e non vedere.
2- DA ROMA LADRONA A PADANIA LADRONA
Giovanni Cerruti per La Stampa
Il 16 marzo una mano e un pennello ignoti, forse ben informati, di sicuro preveggenti, avevano sfregiato l'enorme scritta che sta sullo sfondo del pratone di Pontida. Era bastata una lettera: da «Padroni in casa nostra» a «Ladroni in casa nostra».
Dei maneggi del tesoriere Francesco Belsito già si sapeva, già si temeva. Ma nessuno poteva immaginare che si arrivasse a tanto, a quest'inchiesta su otto anni di bilanci allegri, a questi sospetti, e pesanti, sui quattrini dirottati dalle casse del partito «alle esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord». C'era una volta Roma Ladrona, ora tocca a Gemonio.
Basta leggere le pagine della Procura e si può capire l'impaccio della Lega. Otto anni di baldoria con la cassa, proprio da quel 2004 del coccolone, da quando Umberto Bossi non è più quell'Umberto Bossi. E, attorno, quella famiglia allargata che già un anno dopo era definita «Cerchio Magico». La moglie Manuela, i figli allora ragazzini, l'immancabile Rosi Mauro più un paio di favoriti di turno con relativi clienti. Bossi, in questo come Bettino Craxi, ha sempre avuto pochi spiccioli in tasca, ma qui torna buona una vecchia battuta del socialista Rino Formica: «Il convento è povero, ma i frati sono ricchi...».
Raccontano che il vecchio Bossi abbia passato il pomeriggio di ieri a domandarsi cosa sia successo, o cosa gli sia successo. E' dall'inizio dell'anno che Francesco Belsito è accompagnato da pessima fama. Il 22 gennaio, Milano, Piazza Duomo, al comizio di Bossi sventolavano bandiere della Tanzania, giusto per segnalare la rabbia dei leghisti dopo le notizie sugli investimenti dell'esperto e affidabile Belsito. Quel pomeriggio, in Consiglio Federale, Bobo Maroni aveva portato la voce della «Lega degli onesti». A Belsito, tempo una settimana, erano stati chiesti i conti. Niente. Son passati due mesi e sono arrivati i carabinieri.
Il martedì di imbarazzo tra Gemonio e via Bellerio, casa e bottega che per la famiglia Bossi (e le Procure) sono ormai la stessa cosa, segnala incubi per il futuro. Non era solo Maroni a chiedere pulizia e verità , era buona parte dei parlamentari, tanto che il nuovo capogruppo Gianpaolo Dozzo, come primo atto, aveva deciso lo sfratto dell'ufficio di Belsito a Montecitorio. Ma la Lega di Famiglia e di Gemonio aveva resistito. Di più, a difendere Belsito e i suoi investimenti tanzaniani avevano mandato allo scoperto proprio Bossi, uno che con i soldi ha sempre pasticciato, anche prima del coccolone. Bossi che salva Belsito. Ma perché?
Non c'è leghista che si permetta di prendersela con Bossi, nemmeno Maroni e i suoi «Barbari Sognanti». Però è l'ex ministro, in mattinata e per primo, a commentare le notizie di cronaca giudiziaria: «Una brutta vicenda iniziata tempo fa, con indiscrezioni su operazioni diciamo strane, ed è una conseguenza molto negativa su cui non si è fatta sufficiente chiarezza». Ora, mentre la Lega di Famiglia più che con Belsito vorrebbe prendersela con Maroni, si capisce qualcosa in più. Si aspettavano le dimissioni di Belsito, e sono arrivate. Ora si attendono conti e nomi. Chi si è arricchito con i soldi dei leghisti?
E rieccole, «le esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord». E non solo, visto che le perquisizioni riguardano anche la sede del «Sin.Pa.», che dovrebbe essere un sindacato padano guidato da Rosi Mauro. Con i soldi della Lega, sostiene la Procura di Milano, non solo viaggi e cene e alberghi. Anche altro, ad esempio macchine. Come sanno i militanti, l'amministratore Belsito con loro ha il braccino corto, mancano i soldi per l'affitto di sedi, per i manifesti, perfino la mazzetta dei giornali a «Radio Padania», che ha dovuto saltare le rassegne stampa. Per i famigli, pronta la cassa della ditta «Bossi».
La Bmw di Renzo Bossi, chissà a chi è intestata. E un appartamento appena comprato a Milano, si dice in piazza Cinque Giornate, pieno centro, sempre per Renzo. Una cascina per Roberto Libertà , l'altro figlio che la Lega di Famiglia vorrebbe candidare alle prossime elezioni politiche. E una casa in Sardegna per Rosi Mauro, o almeno così sospettano in Procura. Insomma, otto anni di spese in conto Lega. Che potrebbero costare carissime, al futuro della Lega. O Bossi non ha capito, e sarebbe già grave; o Bossi sapeva, e sarebbe ancora peggio. E prima o poi rischia davvero di trovarsi quella scritta sul muro di casa: «Gemonio Ladrona».
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