giuseppe conte

CONT, MY NAME IS JAMES CONT - PRIMA O POI SI SAPRÀ SE LA COLLABORAZIONE DELLA NOSTRA INTELLIGENCE OFFERTA DA CONTE SIA EFFETTIVAMENTE SERVITA A SOSTENERE LA TESI USA CHE IL RUSSIAGATE FU UN COMPLOTTO ORDITO AI DANNI DI TRUMP NEL 2016 CON LA COLLABORAZIONE DEL GOVERNO RENZI E DEGLI UOMINI DELL'INTELLIGENCE DI ALLORA...

 

Carlo Bonini e Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

giuseppe conte gennaro vecchione

Nella partita tutt' altro che chiusa del Russiagate, il presidente del Consiglio gioca il suo "all-in" scommettendo sull' anello più debole della catena: il direttore del Dis Gennaro Vecchione.

 

WILLIAM BARR JOHN DURHAM

Il Carneade della Finanza issato nel novembre del 2018 al vertice della piramide del nostro sistema di sicurezza nazionale. Il corresponsabile del pasticcio consumato sull' asse Roma-Washington tra il 15 agosto e il 27 settembre, quando le informazioni delle nostre due agenzie di spionaggio e controspionaggio, Aise e Aisi, sul ruolo del professore maltese Joseph Mifsud, sulla Link University e i suoi rapporti con la nostra Intelligence, vennero messe a disposizione del ministro di Giustizia Usa William Barr e del procuratore John Durham. Questo, in cambio di notizie che gli stessi americani sostenevano di avere su un asserito ruolo politico svolto nel 2016 dall' allora premier Matteo Renzi e dalla nostra Intelligence nell' agevolare la diffusione del dossier che doveva colpire Donald Trump alle Presidenziali.

george papadopoulos simona mangiante

 

«Vecchione è blindato». «Non si tocca», va ripetendo Conte, assicurandosi che si sappia. Di più. Il direttore del Dis è talmente al centro della considerazione del premier che è a lui che promette di affidare quella che racconta come una futura riforma dell' organizzazione dei Servizi «in chiave olistica » (aggettivo non a caso speso due giorni fa in occasione del giuramento dei nuovi assunti nei nostri Servizi). Ispirata a fare tabula rasa di «personalismi». Come intenda farlo, si vedrà. Un' ipotesi è portare Gennaro Vecchione a Palazzo Chigi come consigliere militare. L' altra, di nominarlo sottosegretario con delega ai Servizi.

Conte e Gennaro Vecchione

 

Una mossa che, politicamente, Conte immagina come risposta di "rottura", al limite della provocazione, a Renzi e ad alcune isolate voci del Pd (che gli avevano chiesto di spogliarsi del controllo diretto dei Servizi). Ma che gli consentirebbe di avere con sé a Palazzo Chigi un uomo - Vecchione - che vive come una sua personale appendice in un mondo di specchi e ombre, quello degli apparati, che il premier non conosce, di cui diffida e che per certi aspetti teme.

 

Va da sé che la mossa di portare Vecchione a Palazzo Chigi, se mai Conte dovesse risolversi a farla, avrà bisogno di qualche tempo. Necessario a far uscire il Russiagate - così spera il premier - dall' agenda politica. Soprattutto, necessario a consumare la promessa purga negli apparati.

 

MIFSUD MANGIANTE BARR

Dell' ostilità con Luciano Carta, direttore dell' Aise, Repubblica ha scritto ieri. Ma nella lista degli epurandi di Vecchione c' è un altro nome cerchiato in rosso. È Carmine Masiello, esemplare generale dell' esercito con un passato di comando in teatri internazionali (Kurdistan, Somalia, Bosnia, Libano, Afghanistan), colpevole di essere stato nominato vicedirettore del Dis nel dicembre 2017 da Paolo Gentiloni, dopo essere stato consigliere militare di Renzi a Palazzo Chigi. Ora individuato da Vecchione come una delle "talpe" che avrebbero messo tempestivamente sul chi vive Renzi e il Pd sul doppiofondo del Russiagate, contribuendo a farlo diventare caso politico.

JOSEPH MIFSUD 1

 

Masiello, del resto, come anche l' altro vicedirettore del Dis, Roberto Baldoni, già a maggio - quando Conte era 1 e non ancora bis - si era visto intimare proprio da Vecchione e su indicazione di Conte un invito a presentare le dimissioni. Non era ritenuto politicamente affidabile allora. A maggior ragione, oggi.

 

Un' aria irrespirabile. Di cui, per dire, fa fede la singolare notizia - diffusa ieri via agenzie di stampa - di «un incontro a Roma tra i vertici dei nostri servizi e il capo della Cia». Ma solo per spiegare che era stata «fissata due mesi e mezzo fa e non per discutere di Russiagate». Un' aria che racconta certamente la fibrillazione degli apparati, ma anche quella di Palazzo Chigi. Che ha cominciato a vivere una paura nuova.

donald trump william barr

 

Da quando ha compreso che aver giocato con l' informalità apparentemente bonaria dei messi da Washington è stata una pessima idea. L' ossessione con cui infatti Palazzo Chigi continua ufficiosamente a provare a mettere una pezza a colori sul contenuto dei colloqui del 15 agosto e del 27 settembre o a far dire, sempre attraverso fonti ufficiose, che «le ricostruzioni di stampa rasentano il ridicolo e servono solo a gettare discredito sulle istituzioni», nasconde la disperata fuga da una domanda. Semplice. Decisiva.

Che Repubblica pone da giorni: quali le informazioni ricevute e scambiate con gli americani? Di che natura? Sul conto di chi?

JOSEPH MIFSUD E Ivan Timofeev

 

L' afasia di Palazzo Chigi su questo punto tradisce il timore blu di non sapere cosa William Barr abbia messo per iscritto dei suoi colloqui a Roma con Dis, Aise e Aisi.

Perché, a quel punto, si porrebbe una domanda diversa e questa sì dagli effetti potenzialmente dirompenti. Per giunta, di fronte a un Copasir ora a presidenza leghista.

Vale a dire, se Conte abbia rispettato o meno quanto previsto dalla legge di riforma dei Servizi circa i limiti posti al compito delle nostre agenzie di Intelligence.

 

Che il ministro di Giustizia Barr abbia redatto un appunto sui suoi colloqui italiani è circostanza che viene riferita a Repubblica come pacifica da diverse fonti qualificate.

carmine masiello

Così come che quell' appunto sia confluito nei documenti difensivi prodotti dalla Casa Bianca su cui il Congresso sta istruendo la procedura di impeachement di Trump. Prima o poi, dunque, se ne conoscerà il contenuto. Prima o poi si saprà cosa gli americani hanno consegnato a Roma.

JOSEPH MIFSUD E GIANNI PITTELLA ALLA FESTA DEI GIOVANI DEMOCRATICI DI ROMA NEL 2017

 

E cosa Roma agli americani. Prima o poi si saprà se, e in questo caso fin dove e in che misura, la collaborazione della nostra Intelligence offerta da Conte sia effettivamente servita a sostenere la contro narrazione secondo cui il Russiagate fu un complotto ordito ai danni di Trump nel 2016 con la collaborazione del governo Renzi e degli uomini dell' Intelligence di allora.

 

Roberto Baldoni

Una tesi accreditata da un uomo chiave del "Russiagate", l' avvocato George Papadopulos, colui attraverso il quale venne veicolato il dossier con la mail hackerate alla Clinton, già arrestato nell' indagine di Mueller e dell' Fbi e ora testimone chiave della contro-inchiesta di Barr e Durham. Un avvocato che, querelato per questo da Renzi per 1 milione di dollari, ha reagito spensierato con un tweet in cui si dà appuntamento in Tribunale. Come se qualche carta dovesse riservare sorprese.

Annalisa Chirico Roberto Baldoni

Il gioco di specchi continua. E Palazzo Chigi è avvisato.

Ultimi Dagoreport

roberto gualtieri alessandro onorato nicola zingaretti elly schlein silvia costa laura boldrini tony effe roma concertone

DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI MEGALOMANI CHE È DIVENTATO IL PD DI ELLY SCHLEIN: UN GRUPPO DI RADICAL-CHIC E BEGHINE DEL CAZZO PRIVI DELLA CAPACITÀ POLITICA DI AGGREGARE I TANTI TONYEFFE DELLE DISGRAZIATE BORGATE ROMANE, CHE NON HANNO IN TASCA DECINE DI EURO DA SPENDERE IN VEGLIONI E COTILLONS E NON SANNO DOVE SBATTERE LA TESTA A CAPODANNO - DOTATA DI TRE PASSAPORTI E DI UNA FIDANZATA, MA PRIVA COM’È DI QUEL CARISMA CHE TRASFORMA UN POLITICO IN UN LEADER, ELLY NON HA IL CORAGGIO DI APRIRE LA BOCCUCCIA SULLA TEMPESTA CHE STA TRAVOLGENDO NON SOLO IL CAMPIDOGLIO DELL’INETTO GUALTIERI MA LO STESSO CORPACCIONE DEL PD -  EPPURE ELLY È LA STESSA PERSONA CHE SCULETTAVA FELICE AL GAY PRIDE DI MILANO SUL RITMO DI “SESSO E SAMBA” DI TONY EFFE. MELONI E FAZZOLARI RINGRAZIANO… - VIDEO

giorgia meloni - matteo salvini - open arms

DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI GRIDERA' ANCORA ALLE “TOGHE ROSSE” E ALLA MAGISTRATURA “NEMICA DELLA PATRIA”? -L’ASSOLUZIONE È DI SICURO IL PIÙ GRANDE REGALO DI NATALE CHE POTEVA RICEVERE GIORGIA MELONI PERCHÉ TAGLIA LE UNGHIE A QUELLA SETE DI “MARTIRIO” DI SALVINI CHE METTEVA A RISCHIO IL GOVERNO – UNA VOLTA “ASSOLTO”, ORA IL LEADER DEL CARROCCIO HA DAVANTI A SÉ SOLO GLI SCAZZI E I MALUMORI, DA ZAIA A FONTANA FINO A ROMEO, DI UNA LEGA RIDOTTA AI MINIMI TERMINI, SALVATA DAL 3% DI VANNACCI, DIVENTATA SEMPRE PIÙ IRRILEVANTE, TERZA GAMBA NELLA COALIZIONE DI GOVERNO, SUPERATA PURE DA FORZA ITALIA. E LA DUCETTA GODE!

bpm giuseppe castagna - andrea orcel - francesco milleri - paolo savona - gaetano caltagirone

DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA DI VEDERE CHE FINE FARÀ L’ESPOSTO DI CASTAGNA ALLA CONSOB: ORCEL ORA HA DUE STRADE DAVANTI A SÉ – PER FAR SALTARE L'ASSALTO DI UNICREDIT, L'AD DI BPM, GIUSEPPE CASTAGNA, SPERA NELLA "SENSIBILITA' POLITICA" DEL PRESIDENTE DELLA CONSOB, PAOLO SAVONA, EX MINISTRO IN QUOTA LEGA – IL NERVOSISMO ALLE STELLE DI CASTAGNA PER L’INSODDISFAZIONE DI CALTAGIRONE - LA CONTRARIETA' DI LEGA E PARTE DI FDI ALLA COMPLETA ASSENZA IN MPS - LE DIMISSIONI DEI 5 CONSIGLIERI DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA DAL “MONTE”: FATE LARGO AI NUOVI AZIONISTI, ''CALTARICCONE" E MILLERI/DEL VECCHIO - SE SALTA L'OPERAZIONE BPM-MPS, LA BPER DI CIMBRI (UNIPOL) ALLA FINESTRA DI ROCCA SALIMBENI, MENTRE CALTA E MILLERI SAREBBERO GIA' ALLA RICERCA DI UN'ALTRA BANCA PER LA PRESA DI MEDIOBANCA-GENERALI...

pier silvio marina berlusconi fedele confalonieri

DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA LASCIATO DAL TRAMONTO DI GIANNI LETTA (L'UOMO PER RISOLVERE PROBLEMI POLITICI) E DALL'USCITA DI SCENA DI GINA NIERI, EX MOGLIE DI PAOLO DEL DEBBIO, PUPILLA DI CONFALONIERI, ADDETTA AI RAPPORTI ISTITUZIONALI DI MEDIASET) - FUORI NIERI, IN PANCHINA LETTA, GLI STAFF DEI FIGLI DI SILVIO STANNO FACENDO DI TUTTO PER PRIMEGGIARE. TRA I PIÙ ATTIVI E AMBIZIOSI, SI SEGNALA IL BRACCIO DESTRO DI “PIER DUDI”, NICCOLÒ QUERCI - COME MAI OGNI SETTIMANA CONFALONIERI SI ATTOVAGLIA DA MARTA FASCINA? AH, SAPERLO...