islam

RUTELLI, L’ISLAM SPIEGATO AI SALVINI D’ITALIA - ‘’MULTICULTURALISMO, SLOGAN VUOTO. L'ACCOGLIENZA PIÙ EFFICACE SI BASA SULL'INTEGRAZIONE E LA DIVERSITÀ È UNA FORZA SOLO SE REGOLATA. SOPRATTUTTO CON CULTURE CHE RIFIUTANO L'INTEGRAZIONE” – “‘È RIDICOLO DEFINIRE L'ISLAM COME FUCINA DI TERRORISMI’’

Goffredo Pistelli per Italia Oggi

 

«Oggi tutto ciò che supera i 140 caratteri di un tweet genera sbadiglio, ma dobbiamo capire che la realtà è complessa ed evitare le semplificazioni».

 

FRANCESCO 
RUTELLI
FRANCESCO RUTELLI

Raggiungiamo Francesco Rutelli a telefono mentre da Parigi arrivano le notizie dei killer del Charlie Hebdo asserragliati in una tipografia, di altri ostaggi in locale ebraico e di intere piazze della capitale francese chiuse di colpo per allarmi veri o presunti.

 

Questo 60enne romano, oltre a essere stato vicepremier e ministro dei Beni culturali, è il fondatore del Partito democratico europeo che presiede ancora.

 

Domanda.

francesco rutelli giuseppe ferrarafrancesco rutelli giuseppe ferrara

 

Rutelli, quali semplificazioni vede?

 

Risposta. Per esempio è ridicolo definire l'Islam come fucina di terrorismi, accomunando il kebabbaro e il killer col kalashnikov.

 

Ma allo stesso tempo è assurdo che l'Italia e l'Europa non abbiano chiaro che l'integrazione, o postula il rispetto di alcuni criteri di base, o non è.

Non possiamo concedere lo ius soli, per esempio, a chi non riconosce alcuni principi basilari.

 

D. Per esempio?

 

R. Per esempio il rispetto della donna, e non è solo un problema dell'Islam, che significa divieto di pratiche come l'infibulazione o il matrimonio imposto.

 

La laicità, per noi, è primato delle regole che discendono dalla Costituzione.

matteo salvini e lubambamatteo salvini e lubamba

 

Non possiamo dare la cittadinanza a qualcuno che, sebbene nato qui, si rifaccia alle interpretazioni dell'imam di turno per quanto riguarda il vivere civile. E non semplificare significa anche capire che, nel mondo musulmano, sono in atto scontri e guerre vere e proprie.

 

D. A quali si riferisce?

 

R. Fra sciiti e sunniti è in atto una guerra mondiale. E anche per l'egemonia fra componenti sunnite.

 

D. Qualche responsabilità la abbiamo anche noi europei o occidentali? Il politologo Marco Tarchi, da queste colonne, ha ricordato il peso delle guerre del Golfo a questo riguardo.

 

matteo salvini 5matteo salvini 5

R. Distinguerei. La prima, quella del 1991, era un intervento necessario: la sovranità di uno Stato, il Kuwait era stata violata.

 

E fu anche necessario andare in Afghanistan che era il santuario di Al Qaeda. Fu sbagliatissima, invece, la guerra del 2003, come mi disse anche Giovanni Paolo II.

 

D. Che cosa le disse il Papa?

 

R. Che avrebbe lasciato una scia di sangue, riaprendo le guerre di religione. Infatti, reinnescò lo scontro fra sunniti e sciiti, che era già in scena dalla guerra Iraq-Iran del 1982.

 

Di questo conflitto la nascita dell'Isis che, forse non lo comprendiamo bene, ha conquistato l'estensione territoriale dell'Ungheria, è solo l'ultimo e più grave capitolo. Una risposta alla crescita di Teheran da parte del mondo sunnita.

george bush arriva roma lapgeorge bush arriva roma lap

 

D. Quindi molte colpe sono di George W. Bush?

 

R. L'ascesa di Obama nasce da lì, dalla comprensione che gli Stati Uniti non possono più essere il gendarme del mondo, dalla necessità di un ridimensionamento in Medio Oriente, per guardare maggiormente al Pacifico.

 

D. Sì ma lo stesso Barak Obama, qualche responsabilità ce l'ha_

 

R. Nella crisi egiziana è stato ottimista sul ruolo che potevano svolgere i Fratelli musulmani, poi si è corretto sostenendo Al Sisi. Ed ha evitato di bombardare Damasco, che aveva superato la 'linea rossa' delle armi chimiche. Se lo avesse fatto, come fu fatto per Gheddafi, oggi l'Isis sarebbe già a Damasco. È un realismo insoddisfacente rispetto alla tragedia siriana, ma è stato probabilmente evitato un male peggiore_

 

D. Un errore anche intervenire in Libia?

Gheddafi fuma Gheddafi fuma

 

R. Sbaglio grave non restare dopo i bombardamenti, con l'Onu e l'Ue, a garantire sicurezza e una transizione istituzionale. Era un Paese di tribù cui la follia di Gheddafi ha dato stabilità per alcuni decenni. Ora ce ne rendiamo conto: stiamo parlando della nascita di un potere estremista alle porte di casa nostra.

 

D. Si diceva della realtà complessa, appunto_

 

R. Certo. Per questo non si può oggi dire «crepi l'Islam» o, viceversa, «l'Islam è una religione di pace». Lo sarà certo, ma se ci sono milioni di persone che la declinano secondo l'ideologia della jihad, hanno un enorme problema da risolvere. E anche i musulmani che sono in Europa - intorno a 18 milioni di persone, largamente oneste e pacifiche - riflettono queste differenze, queste tensioni, questi scontri interni.

 

LA DINAMICA DELL ATTENTATO JIHADISTA A LONDRA LA DINAMICA DELL ATTENTATO JIHADISTA A LONDRA

D. I nuovi protagonisti del terrorismo sono spesso le seconde generazioni di immigrati. Gente nata ed educata in Gran Bretagna che va a tagliare le gole in Siria, francesi delle periferie, come i killer di Parigi. Il multiculturalismo ha fallito?

 

R. Il multiculturalismo è oggi uno slogan vuoto. Paesi come la Gran Bretagna o la Germania, che ne avevano fatto una bandiera, tornano ormai sui loro passi.

 

La via è l'integrazione, anche attraverso i valori delle culture accolte, come è anche nella nostra storia, del resto. I Romani seppero valorizzare l'eredità classica dei Greci e integrare le culture di molti altri popoli. La diversità è una forza e un valore, ma solo se regolata. Soprattutto di fronte a culture che rifiutano l'integrazione.

 

ATTENTATO ALLE OLIMPIADI ATTENTATO ALLE OLIMPIADI

D. Torniamo al tema dell'immigrazione che abbiamo toccato col riferimento allo ius soli. Lei, nei giorni scorsi, aveva proposto di andare a distruggere i barconi nei porti di partenza, impedendo l'immigrazione clandestina.

 

R. Come d'altra parte avvenne con le ondate di immigrazione albanese ai primissimi anni '90: la nostra polizia, d'accordo con quella di Tirana, si incaricò di bloccare così gli scafisti.

 

Oggi nell'area del Mediterraneo ci sono, secondo alcune stime, almeno 45 milioni di persone propense a partire: va da sé che non possiamo pensare di controllare numeri tanto giganteschi in entrata.

 

L'unica soluzione è prevenire, colpendo il potere criminale dei trafficanti e sostenendo i profughi nelle aree di crisi.

 

D. Non è un problema soltanto italiano.

immigrati barconi 3immigrati barconi 3

 

R. Ovviamente no. A cosa serve l'Europa, se non fa questo?

 

Perciò mi fa sorridere il presidente del lander della Baviera che protesta con l'Italia perché gli arrivano i clandestini sbarcati qui.

 

Noi, con i nostri 8mila chilometri di coste, siamo una piattaforma, chi entra vuole quasi sempre andare altrove: dei 23mila profughi sbarcati due anni fa, 21mila se ne sono andati.

 

Dunque, occorre una risposta europea.

 

immigrati barconi 2immigrati barconi 2

D. È una questione che, oggi, si riconnette anche al tema della sicurezza_

 

R. Fra le migliaia di persone che arrivano può esserci chiunque. E c'era chi si opponeva ai Centri per l'identificazione e l'espulsione-Cie. Va da sé che devono essere luoghi umani e non dei lager, ma se uno arriva e non ha documenti e non dice chi è, che cosa devi fare?

 

D. Sempre in tema di sicurezza, c'è chi vorrebbe bloccare o chiudere le moschee_

 

R. È la risposta semplicistica dei populisti: ridurre i diritti civili e religiosi. Meglio le moschee controllate, dove magari sia possibile capire chi c'è e cosa fa, dei garage e degli scantinati, dove la religione si mischia al fanatismo.

 

Senza dimenticarsi di battersi per la reciprocità, perché sia possibile costruire chiese cristiane in certi Paesi. Di nuovo: il vero tema è prevenire, nel campo della sicurezza. Inutile mettere un poliziotto a ogni angolo se i terroristi usano il kalashnikov.

IL MAXI RADUNO DI AL QAEDA NELLO YEMEN IL VIDEO DELLA CNN IL MAXI RADUNO DI AL QAEDA NELLO YEMEN IL VIDEO DELLA CNN

 

Cerchiamo di far funzionare l'intelligence, e bloccare chi va a combattere in Siria o ad addestrarsi nello Yemen, piuttosto.

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