SABATO SCORSO MARPIONNE HA RIDICOLIZZATO DAVANTI A RIGOR MONTIS AIRONE PASSERA: “SEI UN BANCHIERE E DOVRESTI SAPERE COME VANNO LE COSE. PROVA A RICORDARTI QUANDO ERI DALL’ALTRA PARTE. SAI ANCHE TU CHE IN CERTI CASI LE DECISIONI VANNO PRESE” - LO SBERLEFFO: “A TE LE MIE MACCHINE NON PIACCIONO. NON SEI PROPRIO UN ESEMPIO DI ITALIANITÀ” - LA PROSSIMA VOLTA MEJO INVITARE LA MOGLIE DI PASSERA: È PIÙ SVEGLIA…
Paolo Griseri per "la Repubblica"
«Caro Corrado, so bene che a te le mie macchine non piacciono». Più che un confronto, quello tra Sergio Marchionne e Corrado Passera è stato un vero match, un confronto-scontro a tratti duro che ha caratterizzato il vertice di cinque ore sabato a Palazzo Chigi. Era nelle premesse. Con il ministro dello Sviluppo che giovedì aveva stuzzicato il manager dal Brasile: «Dovremo cercare di capire perché, a differenza di altri costruttori, la Fiat non riesce a produrre margini in Europa ». E la risposta dura di Marchionne: «Passera dovrebbe sapere che in Brasile la Fiat gode di agevolazioni che in Europa non sono possibili».
Così quando Marchionne e Passera si sono trovati uno di fronte all'altro intorno al tavolo di noce di Palazzo Chigi, sono state scintille. La miccia l'ha accesa del tutto involontariamente Fabrizio Barca, ministro della Coesione territoriale: «Caro Marchionne, lei ci sta dicendo che la Fiat non sta perdendo quote di mercato. Ma i dati dicono il contrario. Tutti i dati, anche quelli degli osservatori indipendenti». E' qui che l'uomo del maglioncino ha avuto il primo sussulto.
Era del tutto evidente che un ministro della Repubblica stava mettendo in dubbio i dati del Lingotto: «Caro ministro, l'osservatorio indipendente di cui lei parla non è molto indipendente, è anzi controllato da Volkswagen. Si fidi, so quel che dico. I dati reali sono quelli che le ho fornito io».
E' a questo punto, in questo clima, che Corrado Passera è intervenuto con un'osservazione solo apparentemente innocente: «Caro Sergio, sarà tutto vero, i dati saranno quelli che avete voi. Ma resta il fatto che il problema di fondo non cambia: qui le macchine non le vendete. Perché?».
Un bel cerino gettato su un cumulo di paglia già irrorato di benzina. Marchionne diventa irrefrenabile: «E' vero, qui non le vendiamo ma nel resto del mondo sì. E poi lo so che a te le mie macchine non piacciono. Non sei proprio un esempio di italianità . Sei un banchiere e dovresti sapere come vanno le cose. Prova a ricordarti quand'eri dall'altra parte. Sai anche tu che in certi casi, in certi momenti le decisioni vanno prese.
E poi il problema non è ora, è dopo». Una frase che lascia intravedere anche scenari difficili. Il problema che arriverà «dopo » se la Fiat non riuscirà a riprendersi è evidentemente quello di ridurre la capacità produttiva in Italia. Interviene Monti a bloccare quello scenario e quella fosca previsione: «Del dopo - dice il Presidente del Consiglio - non voglio parlare. Non è questa la sede. Se volete ci alziamo e in un'altra stanza parliamo del dopo. Qui parliamo della Fiat oggi».
Monti sa che non può permettersi di assumere impegni che vadano oltre la durata del suo governo che scade a primavera. Marchionne lega invece direttamente le scelte del Lingotto al fatto che a Palazzo Chigi ci sia una figura di garanzia. Il manager lo dice chiaramente in avvio di riunione.
Il premier chiede: «Intendete chiudere stabilimenti? Noi crediamo che la Fiat possa essere il volano per raggiungere un accordo sulla produttività . Voi, in fondo, siete l'esempio concreto di quel che accade se in Italia non si recupera produttività . Ma vogliamo sapere se siete intenzionati a chiudere delle fabbriche..». La risposta di Sergio Marchionne è molto chiara: «Mi assumo la responsabilità di dirvi che non chiuderemo un solo stabilimento in Italia. Caro Mario, ci sei tu e lo farò».
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