DUE LEGHE E DUE MISURE - SALVINI CONTINUA A FLIRTARE CON I NO-VAX E NO-PASS PER RACCATTARE QUALCHE VOTO MA RISCHIA DI PERDERE LA “SUA” BASE: IN LOMBARDIA E VENETO, TERRE DI IMPRENDITORI E AZIENDE, SONO INCAZZATI NERI PER LE AMBIGUITÀ DEL “CAPITONE”. L’ULTIMATUM DEGLI INDUSTRIALI DI VICENZA AL SEGRETARIO: “SCELGA SE STARE DALLA PARTE DI DRAGHI, CHE STA RAPPRESENTANDO BENE IL MONDO DELLE IMPRESE. O SE INVECE PREFERISCE CONTINUARE AD AVERE QUELL'ATTEGGIAMENTO IPOCRITA SU VACCINI E GREEN PASS
Paolo Bracalini per “il Giornale”
matteo salvini con caffe e green pass sul tavolo
Nel giro di una settimana la Lega è passata dal voto contro il green pass a definire il green pass un «mezzo per ottenere la libertà» (copyright Attilio Fontana, governatore leghista).
Il gioco delle parti, tenendo la Lega a metà strada tra Draghi e gli scettici del vaccino per non regalare quell'elettorato alla Meloni, non è semplice da mandare avanti a lungo e alla fine infatti si è rotto.
Su pressione dei governatori e dell'ala più moderata del partito (che fa riferimento a Giancarlo Giorgetti) Salvini si è deciso a mollare la presa e dare il via libera al green pass, lasciando perdere le sirene del «borghismo», quel settore leghista che pure gli ha portato molti consensi con le campagne No Euro e gli ha permesso di allargarsi fuori dalla ex «Padania» sposando temi più da destra sociale.
MATTEO SALVINI E GIANCARLO GIORGETTI ALL HOTEL MIAMI DI MILANO MARITTIMA
Ma la Lega è anche, o soprattutto, un partito che governa l'area più produttiva del Paese, la Lombardia, la «locomotiva» del nord-est (Veneto e Friuli-Venezia Giulia), terre da dove è arrivato un fortissimo vento pro vax e pro green pass.
Salvini non ci ha messo molto ad accorgersene e ha modificato la rotta del Carroccio, riportandola sulle coordinate che guardano ai settori produttivi più che alla minoranza che non vuole vaccinarsi e magari preferiva il lockdown e la chiusura delle attività (altrui).
Un simulacro di ammiccamento ai «no pass» resta con il no all'obbligo vaccinale generalizzato (ma Salvini è d'accordo a introdurlo per categorie specifiche) e la disponibilità a votare alcuni emendamenti di Fdi, per il resto la Lega rientra anche sul tema Covid nei ranghi governativi, da cui non ha alcuna intenzione di uscire peraltro. Si diceva del Veneto, e della voce di chi produce il Pil nel regno di Luca Zaia. Proprio dagli industriali di Vicenza, per voce della loro presidente, è arrivato l'ultimatum più perentorio a Salvini.
«Scelga se stare dalla parte di Draghi, che sta rappresentando bene il mondo delle imprese. O se invece preferisce continuare ad avere quell'atteggiamento ipocrita su vaccini e green pass» ha detto al Foglio Laura Della Vecchia, numero uno di Confindustria Vicenza (1600 imprese), riferendosi agli «oltranzisti» alla Borghi.
Anche Confartigianato Veneto, che pure rappresenta anche settori che hanno storto il naso per il green pass, non ha dubbi, «va fatto tutto il possibile affinché non si verifichi una quarta ondata della pandemia che potrebbe portare a nuovi stop della produzione e conseguente nuova cassa integrazione, ad una nuova riduzione dei consumi ed ad una gelata sul turismo. Il nostro obiettivo deve essere: zero ricoverati e 100% di vaccinati» ha detto Roberto Boschetto, presidente di Confartigianato Imprese Veneto.
Un sentiment che gli amministratori locali veneti della Lega conoscono benissimo e portano avanti in prima persona. La Liga veneta, da Zaia in giù, è senza dubbi Sì-Vax e Sì-green pass. Tutti i principali esponenti della Lega in Veneto (dove il Covid ha colpito pesantemente sia in termini di vittime che di perdite economiche, -9% il Pil regionale nel 2020) sono promotori della vaccinazione.
«Essere contro la scienza è da Medioevo, ed è finito da qualche secolo» ha detto l'assessore regionale Roberto Marcato, 11mila preferenze alle ultime elezioni, fedelissimo di Zaia, come quasi tutti del resto da quelle parti. Le intemerate dei «no-pass» leghisti (come prima le posizioni ambigue di Durigon sul fascismo) hanno molto infastidito i veneti. Secondo Marzio Favero, ex sindaco di Montebelluna ora consigliere regionale della Lega, la polemica a Roma contro il green pass è stata «la politica dell'opportunismo, non certo della responsabilità.
Mi chiedo cosa faremmo di fronte ad una nuova ondata di contagi e decessi». Ancora più diretto lo Zaia boy Fulvio Pettenà, ex presidente della Provincia di Treviso: «Inaccettabile, roba da non credere. Ma questi eletti a Roma fanno qualche telefonata ai loro territori, o si sono isolati nella dolce vita romana? Sanno cosa stanno facendo qui Zaia e la sua giunta, i sindaci, per far vaccinare la gente, per fronteggiare la pandemia, per far girare nuovamente l'economia?»
MATTEO SALVINI CLAUDIO BORGHI 2matteo salvini claudio borghi