TOGLIETE IL FIASCO A SALVINI! OSPITE A "VINITALY" MATTARELLA, PARLANDO DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI, DICE “IL DESTINO DELL’ITALIA E’ LEGATO AL SUPERAMENTO DELLE FRONTIERE” - SALVINI EQUIVOCA E SBROCCA: “COMPLICE E VENDUTO”
Marzio Breda per il “Corriere della Sera”
Sergio Mattarella parla ai produttori di vino. Elogia le loro performance da record nell’export (5,4 miliardi di euro nel 2015), traino dell’economia nazionale, e spiega che il successo di quei numeri è una «conferma di come il destino dell’Italia sia legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino».
Un passaggio logico e perfino banale, visto che si riferisce alle dinamiche della libera circolazione delle merci e ai mercati internazionali. Ma quando le agenzie di stampa mettono in rete la sintesi del discorso, Matteo Salvini s’impenna subito su Facebook. Frontiere? Per lui, quasi in un’ossessione, basta la parola. «È come dire avanti tutti, in Italia può entrare chiunque. Se lo ha detto da sobrio, un solo commento: complice e venduto».
Automatismi da politica ringhiosa, che ormai si esprime per scatti isterici. Sul leader della Lega le critiche del mondo politico. Il presidente del Senato, Pietro Grasso: «Offese inaccettabili. È ora che Salvini impari a rispettare la frontiera che separa la politica dall’insulto». La presidente della Camera, Laura Boldrini, parla di un «attacco scomposto e rozzo». Critiche anche dal vicesegretario pd Lorenzo Guerini, dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, e da molti altri.
E a parte gli insulti espliciti o sottintesi («complice e venduto»... «se lo ha detto da sobrio»), la mezza correzione del leader leghista, qualche ora più tardi, peggiora le cose. «La mia non è una frase contro Mattarella. Io difendo il diritto dell’Italia e degli italiani. Il presidente non può invitare i clandestini di tutto il mondo a venire in Italia». Se c’era bisogno di una conferma della sgangherata deriva presa da certi settori di una politica in campagna elettorale permanente, ieri il presidente della Repubblica l’ha avuta.
Ed è stato un vero peccato, perché la provocazione — non raccolta dal Quirinale, per quanto sbigottimento abbia creato — ha un po’ guastato una visita nata per onorare quella parte del Paese che non si rassegna alla retorica del declino e lavora per una ripartenza. Gente che, nonostante i morsi della crisi, «guarda con orgoglio al futuro, guidando l’innovazione e investendo sulla qualità, recuperando tradizioni e tutelando la natura». Il mondo del viticultori, insomma, che è andato in scena alla cinquantesima edizione del Vinitaly di Verona.
«Il vino è impresa, ambiente, cultura, territorio ed è società», dice Mattarella, contagiato dal clima di festa in Fiera (e prima che scatti l’agguato a distanza di Salvini). «Società», insiste, spiegandosi, «con tanti giovani che hanno portato tecniche innovative» nel settore, cui si affiancano «autentiche rivincite della legalità che hanno il nome di vini prodotti nelle terre confiscate alla mafia» o prodotti addirittura in carcere, come succede nel penitenziario dell’isola di Gorgona.
«Un paradigma virtuoso dell’economia», che per il capo dello Stato conferma «il nostro ruolo di leader internazionale». Per rinsaldare il quale ricorda che «grandi opportunità possono venire dai nuovi strumenti, a partire dall’e-commerce. Oppure dai blog, dai siti web, dai mezzi online, che consentono di sviluppare e fidelizzare una comunità di appassionati».
Ora, consapevoli del fatto che «la domanda d’Italia si fa più forte nel mondo» e che «non abbiamo paura della competizione con nuovi produttori e con Paesi emergenti», per Mattarella è comunque necessario porci «un obiettivo più ambizioso». Cioè «innalzare la qualità dei nostri standard e dell’intero mercato».
In altre parole: «Far salire l’asticella della sicurezza alimentare e quindi della tracciabilità, delle garanzie sanitarie, dell’autenticità e originalità dei marchi, delle condizioni dell’ambiente e della qualità del lavoro». Tutto questo sapendo due cose: che, «se lo facciamo noi, dovranno farlo anche gli altri». E che «c’è un marchio Doc che riguarda tutti noi, da Nord a Sud, dal piccolo al grande centro: è il marchio Italia. Da questo marchio dipende molto del nostro futuro e di quello dei nostri figli».