SALVINI ''SFRATTA'' BOERI PER COLPIRE LA FORNERO: ''FA IL FENOMENO SUI MIGRANTI, C'È DA CAMBIARE'', MA IL PRESIDENTE INPS OGGI TORNA SUL PUNTO: ''C'È SEMPRE PIÙ RICHIESTA PER LAVORI CHE GLI ITALIANI NON VOGLIONO FARE. BISOGNA CONTRASTARE L'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA MA FAVORIRE QUELLA REGOLARE. SENZA, SONO A RISCHIO PENSIONI E WELFARE'' - ''CAPISCO PERCHÉ MOLTI ODINO LA RIFORMA FORNERO, MA TORNARE INDIETRO SULLE PENSIONI NON È POSSIBILE''
1. BOERI: “C’È SEMPRE PIÙ RICHIESTA DI LAVORI CHE GLI ITALIANI NON VOGLIONO FARE”
Nicola Lillo per www.lastampa.it
jhon r phillips e tito boeri (1)
«Tutti sono d’accordo sul fatto che bisogna contrastare l’immigrazione irregolare. Bene, ma si dimentica un fatto importante: per ridurre l’immigrazione clandestina il nostro paese ha bisogno di aumentare quella regolare». Anche perché senza i regolari il sistema pensionistico e il welfare sono a rischio.
A dirlo è il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel corso della sua relazione in Parlamento per presentare il rapporto annuale dell’istituto di previdenza. Boeri è stato recentemente criticato in modo molto duro dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, proprio per le sue parole sull’immigrazione. Il leader della Lega ha spiegato infatti che «in giro c’è ancora qualche fenomeno, penso al presidente dell’Inps e ci sarà tanto da cambiare anche in questi apparati pubblici».
Ma per Boeri, che si rifà ai dati contenuti nel rapporto dell’istituto di previdenza, in Italia «sono tanti i lavori per i quali non si trovano lavoratori alle condizioni che le famiglie possono permettersi nell’assistenza alle persone non autosufficienti, tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere». Nel lavoro manuale qualificato, ad esempio, sono impiegati il 36% dei lavoratori stranieri, contro l’8% di quelli italiani. Per questo motivo secondo il presidente dell’Inps «c’è una forte domanda di lavoro immigrato in Italia», spiega riferendosi in particolare ai lavori domestici.
Il problema demografico
Il problema dell’Italia, «molto più vicino nel tempo di quanto si ritenga», è comunque il declino demografico. Ai ritmi attuali infatti secondo l’Inps la popolazione potrebbe ridursi in cinque anni di 300 mila unità, in pratica è come se sparisse la città di Catania. «Dimezzando i flussi migratori - aggiunge Boeri - in cinque anni perderemmo in aggiunta una popolazione equivalente a quella odierna di Torino, appesantendo ancora di più il rapporto tra popolazione in età pensionabile e quella in età lavorativa».
Azzerando l’immigrazione, secondo le stime di Eurostat, perderemmo 700 mila persone con meno di 34 anni nell’arco di una legislatura. E’ qui dunque che entra in gioco il problema della stabilità del nostro sistema pensionistico, anche a causa della fuga verso l’estero di più di 100 mila giovani all’anno.
“Tornare indietro sulle pensioni non è possibile”
«E’ difficile trovare un nostro connazionale che non aspiri ad andare in pensione quanto prima», dice Boeri spiegando che i redditi da pensione in Italia sono molto più vicini a quelli che si ottengono dal lavoro che in altri paesi. Da noi infatti in media la pensione vale circa l’85% del reddito da lavoro, mentre in Europa è il 60%. «Non è perciò sorprendente che la riforma pensionistica del 2011 (la legge Fornero, ndr) sia così odiata dagli italiani», visto che ha allontanato per molti l’età a cui si può andare in pensione.
Tornare indietro però, secondo Boeri, non è possibile. «Secondo le nostre stime, quota 100 pura (che è contenuta nel contratto di governo Lega-M5s, ndr) costa fino a 20 miliardi all’anno, quota 100 con 64 anni minimi di età costa fino a 18 miliardi che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni, quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento della legislazione vigente costa fino a 8 miliardi». Insomma, spese non indifferenti che per Boeri dovranno essere coperte aumentando il prelievo fiscale su ogni lavoratore, innescando così «un circolo vizioso in cui più tasse riducono l’occupazione e dunque scaricano l’onere di finanziarie le pensioni su di una platea sempre più piccola».
“Non smontare il Reddito di inclusione. Servono altri 6 miliardi”
Il reddito di inclusione (il Rei) per il contrasto alla povertà, introdotto e ampliato dai governi Renzi e Gentiloni e in vigore dallo scorso dicembre, «è diventato in questi giorni uno strumento universale selettivo», in cui non valgono più alcune condizioni per accedere agli aiuti, come il numero dei figli o lo stato di disoccupazione. Il problema del Rei però è che «è sottofinanziato», spiega Boeri.
Secondo le stime dell’Inps con 6,2 miliardi aggiuntivi - oltre agli attuali 1,8 impegnati - si potrebbe raggiungere l’80% delle famiglie povere, contro il 29% coperto con le risorse attuali. Per questo motivo l’Inps chiede al nuovo Parlamento e al governo «di non disperdere il lavoro svolto nel mettere in piedi una infrastruttura nazionale capace di raggiungere le famiglie povere».
750 mila lavoratori nella gig economy, solo il 10% sono riders
L’Inps ha infine analizzato la gig economy, quelle nuove forme di lavoro su richiesta, molto spesso legate alle nuove tecnologie (come i riders). Per l’istituto di previdenza in Italia sono circa 750 mila i lavoratori coinvolti in questi lavori, di questi poco più del 10% sono riders. Inoltre il 70% svolge lavoretti come secondo lavoro o durante gli anni di studio e tra questi il grado di soddisfazione del proprio lavoro è «relativamente elevato. Vi sono però anche persone, a volte non più giovanissime - spiega Boeri - che trovano in questi impieghi saltuari l’unica fonte di reddito»: si tratta di un lavoratore su cinque della gig economy.
«Un numero piccolo in termini assoluti (lo 0,85% del totale degli occupati in Italia), ma nondimeno è opportuno tenerne conto», secondo il presidente dell’Inps. Per questo motivo non serve intervenire «con l’accetta. Ci vuole il cesello per non correre il rischio di distruggere il lavoro - aggiunge Boeri - come purtroppo avvenuto nel caso dell’intervento draconiano sui voucher di un anno fa». Solo un terzo dei buoni lavoro usati nel 2016 è stato infatti sostituito da contratti a termine: per la parte restante si è ricorso soprattutto al nero.
2. SALVINI «SFRATTA» BOERI PER COLPIRE LA FORNERO - IL VICEPREMIER AL CAPO DELL' INPS: «FA IL FENOMENO SUI MIGRANTI, C' È DA CAMBIARE». LA GUERRA PERÒ È SU QUOTA 100
Claudio Antonelli per la Verità
Tito Boeri stai sereno. Parafrasandro il celebre motto renziano scagliato contro Enrico Letta c' è da attendersi l' imminente sfratto del numero uno dell' Inps. Con la differenza che il vicepremier Matteo Salvini non ama gli hashtag ma preferisce impugnare la mannaia e farsi inquadrare durante una diretta Facebook.
Ieri ha detto: «L' immigrazione positiva, pulita, che porta idee, energie e rispetto è la benvenuta. Il mio problema sono i delinquenti, come quello che ha ammazzato un italiano di 77 anni a Sessa Aurunca, preso a pugni da una di queste "risorse" che ci dovrebbero pagare le pensioni. Perché c' è ancora qualche fenomeno, penso anche al presidente dell' Inps, che dice che senza immigrati è un disastro. Ma ci sarà tanto da cambiare anche in questi apparati pubblici». Solo quattro giorni fa il presidente dell' Inps aveva ribadito che il «calo degli immigrati è un problema per le pensioni».
L' azzeramento dei flussi ha sempre sostenuto Boeri impatterebbe sul gettito contributivo. Le proiezioni demografiche «ci dicono», ha sbandierato più volte, «che nel giro di pochi anni, se i flussi dovessero ridursi ulteriormente o addirittura azzerarsi, perderemmo città intere di popolazione italiana». La posizione però non ha numeri a suo sostegno. E il parere non è nostro ma addirittura di Bankitalia che smonta le posizioni liberal con uno studio sintetico e dalla mentalità aperta e scevra di pregiudizi. Tant' è che i risultati ne sfatano più di uno, a cominciare dal ruolo benefico (sbandierato dalla sinistra) che gli immigrati svolgono per il nostro sistema Paese e dal contributo che portano alla crescita del Pil, dei consumi e della produttività.
Innanzitutto nell' occasional paper di Palazzo Koch, firmato da Federico Barbiellini Amidei, Matteo Gomellini e Paolo Piselli, si spiega che il dividendo demografico è rimasto sostanzialmente positivo fino al 2010. Natalità e tasso di mortalità hanno consentito un trend positivo fino a otto anni fa.
PENSIONATI IN FUGA DALL ITALIA
A quel punto si apre una forbice tra i due tassi che è destinata ad accentuarsi nel futuro: le proiezioni dell' Istat indicano per il prossimo cinquantennio un rialzo dei tassi mortalità, «dinamica su cui incide la composizione per età che vede una quota di popolazione anziana sempre più consistente. La natalità rimarrà, invece, sui livelli attuali eccezionalmente bassi». Ne segue che «i flussi migratori previsti limiteranno l' ampiezza di tale contributo negativo», anche se «non saranno in grado di invertirne il segno».
A pagina 18 del documento si comprende numericamente il senso dell' affermazione. «Nel decennio 2001-2011, con una popolazione straniera residente che supera i 4,5 milioni (7,7% del totale), il contributo demografico degli immigrati è considerevole (1,1%) e compensa parzialmente il dividendo demografico negativo che origina dalla popolazione italiana (-4,2%). Nell' ultimo difficile quinquennio, il contributo degli stranieri si attesta su un più modesto 0,2%».
In pratica, la componente dell' immigrazione vale solo nel breve termine. Esaurito l' effetto della prima generazione, le nuove comunità si adeguano anche ai trend demografici autoctoni «depressi».
A pagina 19 del paper i tre economisti lo scrivono chiaramente: «L' apporto specifico dell' immigrazione sarebbe favorevole nei prossimi tre decenni, ma partire dal 2041 anche il contributo dell' immigrazione diverrebbe negativo». Una frase che da sola smonta tutte le teorie sostenute dal governo uscente e pure dal numero uno dell' Inps. A questo punto viene da chiedersi perché insista sulla linea.
Forse per mantenere alto l' allarme sulla riforma delle pensioni. Per creare una cortina fumogena che impedisca un intervento contro la legge Fornero. Perché al di là del battibecco sugli immigrati il nodo è proprio questo. Salvini sa bene che finché Boeri resterà al vertice dell' Inps avrà serie difficoltà a fra passare quota 100, e successivamente quota 41.