L’UE PUÒ FERMARE LA RUSSIA CON LE SANZIONI? SÌ, PERCHÉ L’ECONOMIA DI MOSCA È INTEGRATA CON LA FINANZA INTERNAZIONALE: NEGARLE L’ACCESSO AL SISTEMA BANCARIO GLOBALE LA BLOCCHEREBBE - MA PUTIN CERCA SOSTEGNO DA IRAN, CINA E PAESI ARABI

1. CREDITI BLOCCATI E GAS MENO CARO SAREBBERO FATALI
Paolo Mastrolilli per ‘La Stampa'

Europa e Usa hanno in mano alcune leve, che potrebbero mettere in ginocchio la Russia. La Ue ha preparato sanzioni individuali contro 17 leader ucraini legati al presidente deposto Yanukovich, e altrettanto si può fare contro i loro alleati russi. Questo è il primo strumento più efficace.

L'economia di Mosca ormai è integrata con la finanza internazionale, e negarle l'accesso al sistema bancario globale la bloccherebbe. Sarebbe uno sviluppo inaccettabile per gli oligarchi, i ricchi imprenditori, e lo stesso Putin, sospettato di avere capitali all'estero.

Questo punto si lega all'economia ucraina, verso cui le banche russe sono esposte per circa 30 miliardi di dollari, secondo i calcoli pubblicati sul «Wall Street Journal» dall'ex vice segretario al Tesoro Kimmitt. Gli occidentali potrebbero impedire il recupero dei crediti, che sarebbero bruciati se Kiev finisse in default.

Il miliardo che il segretario di Stato Kerry ha portato ieri in Ucraina serve a ripararla dagli effetti immediati della crisi, incluso l'aumento del prezzo del gas da parte della Gazprom, ma è solo il primo passo di un pacchetto da circa 20 miliardi che l'Occidente prepara insieme al Fondo monetario internazionale.

Se verrà concesso, porterebbe con sé una serie di riforme che escluderebbero Mosca dal paese, e soprattutto lo spingerebbero verso una maggiore autonomia sul fronte delle fonti di energia. Questo è l'altro punto su cui fare male a Putin.

È vero che la Germania dipende dal suo gas per rimpiazzare l'energia nucleare, e la stessa Italia ne ha bisogno. Questa arma, però, negli ultimi anni si è indebolita. Nel 2006 e 2009, quando la Russia bloccò per la prima volta le esportazioni verso Kiev, l'Ucraina importava da lei il 58% del suo gas e l'Europa il 40%.

Ora le percentuali sono scese al 10 e il 20%, e si potrebbe andare anche oltre, se gli Usa cominciassero a esportare il loro shale gas. E se a ciò si aggiungesse il calo del prezzo del greggio sotto una certa soglia la Russia andrebbe in crisi. Mosca ieri ha risposto col consigliere economico Sergei Glazyev, che ha minacciato di cogliere l'occasione delle eventuali sanzioni per eliminare la dipendenza dal dollaro, ma poco dopo il Cremlino ha chiarito che parlava a titolo personale.

2. ARABI, CINA, IRAN: LA RETE DI ALLEATI CHE LO PROTEGGE
Maurizio Molinari per ‘La Stampa'

L'entusiasmo di Hezbollah e di Assad, l'avallo di Teheran e le ambiguità di Pechino sono i tasselli di una coalizione che il Cremlino sta tentando di rafforzare, incontrando più attenzione in Medio Oriente che nelle ex repubbliche dell'Urss.

La prima e più netta presa di posizione a favore dell'intervento in Crimea arriva da al Manar, la tv di Hezbollah in Libano, che parla di «difesa della popolazione etnica russa» facendo propria in maniera netta la posizione di Mosca.

Dietro il linguaggio di Hezbollah, alleato militare di Damasco nella guerra civile in Siria, c'è la convinzione di Bashar Assad che adesso il sostegno russo è destinato a rafforzarsi, in ragione dei forti disaccordi di Putin con Usa e Ue. Hezbollah rappresenta gli interessi di Teheran e le ripetute dichiarazioni da parte dei portavoce non sarebbero potute avvenire senza il consenso iraniano.

A tal riguardo è diffusa fra gli analisi politici arabi la convinzione che possa essere proprio Teheran il vincitore della crisi ucraina perché il corto circuito fra Putin e Obama può spingere il Cremlino ad accelerare la normalizzazione con l'Iran, a prescindere dalle trattative di Ginevra sul nucleare. Per Putin tuttavia ciò che più conta in queste ore è il consenso di Pechino in ragione del timore che la crisi possa arrivare sul tavolo del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dove Mosca non vuole trovarsi isolata nell'esercitare un eventuale veto a propria difesa.

Da qui il pressing di Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, sul collega cinese fino al punto da attribuirgli una «coincidenza di opinioni» al termine di una lunga telefonata. In realtà il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Qin Gang, mostra ambiguità perché afferma di «mantenere il rispetto» per il principio del non intervento negli affari interni degli Stati mentre assicura di voler considerare gli «aspetti storici in Ucraina» ovvero la presenza di russi.

Più in generale l'impatto del blitz fa guadagnare credibilità a Putin in Medio Oriente come riassume il «Jerusalem Post» contrapponendo l'«audacia di Putin» alle «esitazioni di Obama». Diverso invece il clima nelle repubbliche ex Urss dove anche la Bielorussia, alleata del Cremlino, mantiene un profilo basso tradendo il timore di doversi confrontare con l'aggressività militare del potente vicino.

 

 

Viktor Yanukovych fa l occhiolino a Vladimir Putin PUTIN MEDVEDEV YANUKOVICH ohn Kerry con il presidente Barack Obama JOHN KERRY OBAMAENRICO LETTA E BARROSO

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