giuseppe conte giorgia meloni mario draghi

CHI HA SBAGLIATO SUL PNRR? - GIORGIA MELONI HA SCARICATO LE COLPE SU DRAGHI SOSTENENDO CHE IL SUO GOVERNO “STA LAVORANDO SU UN PIANO SCRITTO DA ALTRI” - VERDERAMI: "DRAGHI DOVETTE INTERVENIRE IN EXTREMIS SUL PIANO REDATTO DA CONTE E I CAMBIAMENTI CHE RIUSCI' A APPORTARE FURONO LIMITATI PERCHÉ NON POTEVA SCONFESSARE I GRILLINI CHE ERANO IL PARTITO DI MAGGIORANZA RELATIVA. NE' SI POTE' MODIFICARE LA CIFRA RICHIESTA DALL'ITALIA ALL'EUROPA E CHE PALAZZO CHIGI RITENEVA TROPPO ELEVATA PER LE CAPACITA' DI SPESA DEL SISTEMA NAZIONALE"

Estratto dell'articolo di Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

DRAGHI MELONI

«La tentazione di dare la colpa agli altri è irresistibile». Per certi versi Mario Draghi non è sorpreso. L’aveva messo in conto ben prima che lasciasse la presidenza del Consiglio un anno fa, ma già dal momento in cui aveva ricevuto da Sergio Mattarella l’incarico di formare il governo nel febbraio del 2021.

 

In quei giorni infatti non si fece irretire dagli auguri e dalle lusinghe che ricevette, e si rifugiò dietro una delle sue battute: «Anche dei nuovi collaboratori si parla un gran bene la prima settimana. Poi...».

 

Poi persino chi sventolava «l’agenda Draghi» al pari di un vessillo se n’è dimenticato.

Figurarsi perciò se è stato preso alla sprovvista dalle critiche sul Pnrr e persino sul superbonus. Questioni che peraltro aveva ereditato e sulle quali invece di giocare a scaricabarile aveva provato a mettere una pezza. Non furono le uniche.

 

LA DRAGHETTA - MEME MELONI DRAGHI

D’altronde il gabinetto Draghi è stato il «governo delle crisi». Quella pandemica era in atto quando entrò a palazzo Chigi, e venne affrontata elaborando ex novo una campagna vaccinale.

 

Gli esordi non furono semplici: mancavano le dosi e il premier — seccato dal comportamento dei partner europei — prese a chiamare insistentemente i suoi potenti amici ai vertici delle multinazionali farmaceutiche americane perché lo aiutassero.

 

«Devono sentirsi stalkerizzati», confidò un giorno a un ministro: «Non mi rispondono più». Alla fine risposero e il piano anti-Covid risultò vincente, sottratto come fu alle dinamiche politiche che puntavano a trasformare ogni decisione di apertura o chiusura in una disputa ideologica.

meloni draghi

La crisi bellica invece non era in preventivo.

(...)

 

Dopo le iniziali incomprensioni, è stato il più importante sostenitore di Volodymyr Zelensky nella Ue. Fu lui a convincere Parigi e Berlino, che resistevano all’idea di far entrare Kiev in Europa. Persuaso che fosse la strada giusta, organizzò il famoso viaggio in treno con Emmanuel Macron e Olaf Scholz, e durante il tragitto verso l’Ucraina lasciò che fossero loro a spingere verso questa soluzione.

 

Usò il metodo del soft power in molte occasioni, anche sul «price cap», così osteggiato a Bruxelles quanto utile ad abbassare il prezzo del gas. Nel frattempo elaborò il piano nazionale per uscire dalla dipendenza energetica da Mosca e realizzò l’accordo sui rigassificatori nonostante l’opposizione di quasi tutto il Parlamento.

 

MARIO DRAGHI E GIORGIA MELONI

Oggi l’ex presidente della Bce gira il mondo per conferenze. Nell’ultima — tenuta Oltreoceano — ha ribadito la necessità di una maggiore integrazione dell’Europa, convinto com’è che a chiederlo adesso siano gli europei. Periodicamente è inseguito da voci che lo danno di volta in volta prossimo ad assumere un incarico. Una sera si è voluto togliere lo sfizio di gabbare chi gliene chiedeva conto: «Sono appena salito in aereo per andare a occupare la poltrona».

 

Le società demoscopiche lo hanno tolto dai rilevamenti a inizio anno, quando era ancora in alto negli indici di gradimento e aveva già smesso di occuparsi di politica «perché fa bene alla salute».

 

Eppure continua a incontrare suoi ex ministri, quelli con i quali iniziò a darsi del tu dopo molti mesi. Ci volle una lunga fase di adattamento perché si capissero. L’approccio iniziale fu brusco. Terminata la prima riunione impedì il rito delle dichiarazioni: «Oggi non comunicheremo nulla perché non abbiamo fatto nulla. Quando faremo qualcosa, lo comunicheremo».

GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI

 

Lui, abituato alle stanze di Francoforte dove tutti sono educati al silenzio, appena si accorse degli spifferi che filtravano dal Consiglio minacciò i ministri di fargli lasciare i cellulari fuori dal salone. In quel gabinetto multicolore, cercò di limitare per ovvi motivi le discussioni politiche. In alcuni casi però capì di non potersi esimere.

 

Epici restano i duelli con Dario Franceschini, con il quale tuttavia si è lasciato bene. La forma in ogni caso fu sempre salva. Dopo il passaggio delle consegne con Giuseppe Conte, per esempio, raccontò ai collaboratori che l’incontro era stato «discreto»: «Di sicuro non è stato come quello tra Enrico Letta e Matteo Renzi».

 

MARIO DRAGHI GIORGIA MELONI - BY EDOARDO BARALDI

Fu la corsa al Quirinale a rompere gli equilibri nel governo e non è ancora chiaro se la crisi fu un divorzio consensuale o, come disse Draghi, «un divorzio inaspettato». Di sicuro il percorso del premier verso il Colle — comunque difficile perché non aveva precedenti — venne reso se possibile ancor più accidentato quando nacque il suo esecutivo, da chi si adoperò per la formazione della squadra. Nessuno è esente da errori e non lo è nemmeno «super Mario».

 

Lui sapeva dove mettere le mani in economia e infatti con il «debito buono» ha consentito all’Italia una ripresa più rapida e forte di quella degli altri Paesi europei. Ma la politica è un’altra cosa e sulla presidenza della Repubblica i politici ebbero la meglio. Ora che il tecnico Draghi è stato sostituito da una premier politica, si discute se e fino a che punto Giorgia Meloni abbia raccolto l’eredità ricevuta.

mario draghi cambridge

 

Dal passaggio delle consegne ad oggi i rapporti tra i due non si sono interrotti ma si sono fisiologicamente allentati. Qualche settimana fa le polemiche con l’opposizione sul Pnrr hanno indotto la presidente del Consiglio a sostenere — in un’intervista al Corriere — che «il mio governo sta lavorando su un piano scritto da altri». Il punto è che Draghi dovette intervenire in extremis sul progetto redatto da Conte e i cambiamenti che potè apportare furono limitati perché non poteva sconfessare i grillini che erano il partito di maggioranza relativa.

 

Tantomeno si potè modificare la cifra richiesta dall’Italia all’Europa e che palazzo Chigi riteneva troppo elevata per le capacità di spesa del sistema nazionale. Il 21 luglio di un anno fa Draghi rassegnò le dimissioni e Mattarella sciolse le Camere. In questi giorni, come ogni estate, il tifoso della Roma si chiede cosa farà la sua squadra in campionato.

LA DRAGHETTA - BY EMAN RUSmario draghiGIORGIA MELONI - MARIO DRAGHI - VIGNETTA BY ALTAN

Ultimi Dagoreport

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

funerale di papa francesco bergoglio

DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E LAIDI, INTELLETTUALI E BARBARI, E TENERE PRIGIONIERI CARTA STAMPATA E COMUNICAZIONE DIGITALE, SCODELLANDO QUELLA CHE RESTERÀ LA FOTO DELL’ANNO: TRUMP E ZELENSKY IN SAN PIETRO, SEDUTI SU DUE SEDIE, CHINI UNO DI FRONTE ALL’ALTRO, INTENTI A SBROGLIARE IL GROVIGLIO DELLA GUERRA? - LO STRAORDINARIO EVENTO È AVVENUTO PERCHÉ LA SEGRETERIA DI STATO DEL VATICANO, ANZICHÉ ROVESCIANDO, HA RISTABILITO I SUOI PROTOCOLLI SECOLARI PER METTERE INSIEME SACRO E PROFANO E, SOPRATTUTTO, PER FAR QUADRARE TUTTO DENTRO LO SPAZIO DI UNA LITURGIA CHE HA MANIFESTATO AL MONDO QUELLO CHE IL CATTOLICESIMO POSSIEDE COME CULTURA, TRADIZIONE, ACCOGLIENZA, VISIONE DELLA VITA E DEL MONDO, UNIVERSALITÀ DEI LINGUAGGI E TANTE ALTRE COSE CHE, ANCORA OGGI, LA MANIFESTANO COME L’UNICA RELIGIONE INCLUSIVA, PACIFICA, UNIVERSALE: “CATTOLICA”, APPUNTO - PURTROPPO, GLI UNICI A NON AVERLO CAPITO SONO STATI I CAPOCCIONI DEL TG1 CHE HANNO TRASFORMATO LA DIRETTA DELLA CERIMONIA, INIZIATA ALLE 8,30 E DURATA FINO AL TG DELLE 13,30, IN UNA GROTTESCA CARICATURA DI “PORTA A PORTA”, PROTAGONISTI UNA CONDUTTRICE IN STUDIO E QUATTRO GIORNALISTI INVIATI IN MEZZO ALLA FOLLA E TOTALMENTE INCAPACI…- VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...