SCAMICIATI E SCONTENTI - TSIPRAS: “ABBIAMO VINTO LA BATTAGLIA”, MA IN GRECIA NON SE LA BEVONO: “AVETE FATTO DIETROFRONT DAVANTI ALLA GERMANIA” - DOMANI DEVONO PRESENTARE IL PIANO ALL’EUROPA
1. ACCORDO UE-GRECIA: ESTESI AIUTI, DETTAGLI RIFORME LUNEDÌ. TSIPRAS, VINTA BATTAGLIA MA ORA NEGOZIATI PIÙ DIFFICILI'
Da www.ansa.it
Due giorni per convincere la zona euro a sbloccare gli aiuti, presentando delle riforme accettabili, e quattro mesi per negoziare un nuovo programma di aiuti che sostituisca quello attuale e mandi a casa per sempre l'odiato Memorandum: con l'accordo all'Eurogruppo la Grecia guadagna tempo ma non la fiducia dei 18 partner di Eurolandia, che continuano a tenerla sotto stretta osservazione per evitare che faccia passi falsi. E che Tsipras si allarghi troppo.
Dopo l'Eurogruppo dell' 'ultima chance', la diffidenza resta molto alta. E' stato difficile raggiungere un accordo, tutti hanno dovuto impegnarsi al massimo dentro e fuori la riunione: Draghi, Juncker, Dijsselbloem e lo stesso Tsipras, perché la situazione era troppo delicata e il suo ministro delle finanze Varoufakis non aveva il mandato sufficiente. Italia e Francia hanno mediato, giocando un ruolo centrale che ha portato ad un "successo storico", come lo ha definito il ministro Pier Carlo Padoan.
Tanto che Tsipras oggi ha chiamato Renzi, per ringraziarlo del ruolo 'cerniera' svolto. Ma il negoziato non è stato solo sulle questioni economiche. Molte discussioni sono servite per restaurare la fiducia incrinata dopo due Eurogruppi in cui diversi ministri hanno perso le staffe, e dopo un vertice europeo dove il premier spagnolo Mariano Rajoy era arrivato a sbattere i pugni sul tavolo, accusando Tsipras di voler cambiare tutte quelle regole che invece Spagna, Irlanda, Portogallo e Cipro hanno dovuto rispettare. Il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble non ha ancora perdonato a Varoufakis lo 'scherzo' dell'11 febbraio, quando tentò di cambiare il testo dell'accordo una volta che il tedesco era uscito dalla sala. Non a caso, i due più duri e più reticenti a firmare ieri sono stati proprio Schaeuble e lo spagnolo De Guindos. Restaurare la fiducia non è cosa semplice, ed è ancora più difficile quando la diffidenza è politica.
JUNCKER STROZZA LUIS DE GUINDOS
E siccome nessuno pensa a dare carta bianca all'unico Governo di sinistra europeo, l'intesa raggiunta non lascia molto spazio alla Grecia: sarà monitorata passo dopo passo in tutte le decisioni che prende, e non riceverà nemmeno un euro se le misure che prenderà non saranno approvate dall'Eurogruppo. La prima tappa è lunedì, quando l'ex Troika dovrà valutare le prime misure che Tsipras avrebbe voluto varare già venerdì, ma non ha potuto per non irritare l'Eurogruppo in corso. Deve essere una lista di misure in diverse aree, e quindi non saranno sufficienti quelle anti-evasione, anti-corruzione, o almeno non serviranno come coperture per le misure di sollievo alla popolazione che Tsipras ha annunciato.
2. MA ATENE È SPIAZZATA DALL’INTESA EUROPEA “IL NOSTRO GOVERNO HA FATTO DIETROFRONT”
Ettore Livini per “la Repubblica”
gli ispettori della troika ad atene
La cravatta, per ora, può attendere. «La metterò quando i creditori accetteranno di tagliare il nostro debito», aveva promesso Alexis Tsipras. Molti greci, forse un po’ troppo ottimisti, si erano illusi di vederlo già ieri mattina con il collo fasciato da quella che gli ha regalato Matteo Renzi. Invece no. E malgrado il premier — addosso la solita camicia bianca sbottonata — abbia celebrato come un successo l’intesa all’Eurogruppo, il day-after di Atene è iniziato con l’incubo della “Kolotoumba”, il dietrofront.
poul thomsen capo della troika in grecia
Lo evocano in coro gli avversari: «Ha rinnegato tutte le sue promesse elettorali. L’unico partito anti memorandum siamo noi», dettano alle agenzie sia Alba Dorata che i comunisti del Kke. Ma il dubbio del voltafaccia — e questo è un po’ più preoccupante per il leader di Syriza — serpeggia pure tra le fila di quel 36,3% di greci che il 25 gennaio, esasperato dall’austerity imposta dalla Troika, ha messo la croce sul simbolo della sinistra.
Il primo assaggio della maretta il presidente del Consiglio l’ha avuto nelle riunioni informali di ieri a Koumoundourou, nella sede del partito. Incontri tesissimi dove ha faticato a tenere a bada gli umori della minoranza del partito («io non voto questa retromarcia » minacciano in molti). «Non potevamo fare altrimenti — ha spiegato — Anzi. Abbiamo salvato il paese da una congiura dei conservatori greci ed europei che volevano metterci all’angolo, facendo chiudere le banche con la scusa della fuga dei capitali».
Spiegazione, dicono i suoi collaboratori, seguita da un appello: «Giudicatemi tra quattro mesi. Manterremo le promesse elettorali — ha garantito — . E sarà chiaro a tutti da domani, quando finalmente potremo iniziare a scrivere da soli la ricetta per salvare la Grecia, senza farcela dettare dalla Troika».
Il suo pressing diplomatico sul fronte interno, per ora, non ha dato molti risultati. «Syriza approverà il pacchetto senza problemi anche se non contiene tutti i punti del programma», ha detto fiducioso il ministro all’Economia George Stathakis, uomo del cerchio magico del premier. Più bellicoso il leader di Piattaforma della sinistra, l’ala radicale del partito: «Ci sono linee rosse che non possono essere valicate — ha sottolineato sibillino — se no non sarebbero rosse».
Preoccupante anche il silenzio del partner di governo Panos Kammenos, leader della destra nazionalista di Anel, che la scorsa settimana aveva detto di essere pronto a farsi esplodere a Bruxelles «se l’Eurogruppo non avesse accettato le richieste greche». Senza i voti dei suoi 13 parlamentari, l’esecutivo non ha la maggioranza. Anche se Stavros Theodorakis, leader di Potami, ha detto di essere pronto a lanciare un salvagente a Tsipras, complimentandosi per il risultato “ragionevole” dei negoziati.
«Se fossi tra gli elettori di Syriza, stamattina mi sarei svegliato con una diavolo per capello », ha twittato perfido ieri all’alba Nigel Farage, leader della destra anti-europea inglese. Arrabbiati no. Molto dubbiosi però sì. «Sono confusa — racconta prendendo un tiepido sole primaverile su una panchina a Syntagma Katerina, una delle donne delle pulizie licenziate dal governo Samaras e riassunte («così hanno promesso, le carte dovrebbero arrivare nei prossimi giorni») da quello di Tsipras — Hanno combattuto come leoni. Hanno ribattuto colpo su colpo ai tedeschi. Alla fine però mi sembra che siamo rimasti con un pugno di mosche in mano».
«L’80% dei greci che sosteneva Syriza perché convinti riuscisse a domare Wofgang Schaeuble si è alzato oggi di cattivo umore — dice fatalista Stathis Masouras al mercatino delle pulci di Monastiraki — Ma l’80% dei greci che voleva rimanere nell’euro si è svegliato contento». Lui, per capirci, appartiene a entrambi i campioni.
«Capisco la delusione. Venerdì il Parlamento avrebbe dovuto discutere la legge per bloccare la confisca delle prime case alle famiglie che non sono in grado di pagare i mutui, fregandosene del parere della Troika — ammette Stelios Papakonstantinou, 22 anni, studente di economia e altro elettore spaesato — . Io però ho detto ai miei amici di non aver fretta. A Bruxelles siamo stati lasciati da soli. La vera partita inizia ora. Se l’austerità e il memorandum sono davvero alle spalle lo giudicheremo dai piani che Tsipras e Varoufakis presenteranno ai creditori ». Altrimenti toccherà a tutti rassegnarsi alla Kolotoumba.