SCAZZI D'IRAN - SCONTRO DI POTERE TRA IL PRESIDENTE ROHANI E I SUPERFALCHI DELL'ALA MILITARE CHE SI MUOVONO DIETRO L'AYATOLLAH KHAMENEI

Maurizio Molinari per "la Stampa"

Il mancato arrivo dell'Iran alla Conferenza di pace sulla Siria cela lo scontro a Teheran fra il ministro degli Esteri Javad Zarif, braccio destro del presidente Hassan Rohani, e l'establishment militare. L'ex ambasciatore all'Onu ha già inferto alle Guardie della Rivoluzione uno smacco firmando l'accordo di Ginevra sulla limitazione di un programma nucleare che ritenevano intoccabile e ora stava per cogliere un nuovo successo facendo partecipare l'Iran ai lavori di Montreux grazie alla rinuncia della difesa a oltranza del regime di Assad, sorretto dall'intervento di pasdaran ed Hezbollah.

Quando Ali Akbar Velayati, consigliere del Leader Supremo Ali Khamenei, ha impedito a Zarif di accettare le condizioni dell'Onu sulla conferenza siriana è stato l'apparato militare a imporsi. A dare la misura della battaglia su Zarif sono nomi e parole di chi lo attacca. Il generale Mohammed Jafari, comandante delle Guardie della Rivoluzione, ha reagito all'intesa interinale sul nucleare chiedendo a «chi guida la politica estera» di «cessare di danneggiare la nazione» ma Zarif ha ribattuto, dal podio dell'ateneo di Teheran, che «a garantire la nostra sicurezza non sono le armi visto che tutte quelle che abbiamo potrebbero essere neutralizzate da un'unica bomba Usa».

La controreplica di Jafari è stata aspra: «Zarif non si occupi di temi militari, dall'elezione di Rohani l'Iran è stato intossicato dall'Occidente, serve un fondamentale cambio di marcia». Rahim Safavi, consigliere militare di Khamenei, gli ha dato manforte: «Fino a quando l'America non muterà approccio non dobbiamo cessare di combatterla» senza seguire il dialogo voluto da Zarif.

Nasce così la lettera con cui 20 deputati del Parlamento di Teheran hanno chiesto a Rohani di «rivedere la nomina di Zarif a ministro». Ali Larijani, presidente del Parlamento e già collaboratore dell'ex presidente Mahmud Ahmadinejad sul nucleare, liquida la strategia di dialogo di Zarif con l'Occidente accusandolo di dimenticare che «sono loro ad aver incendiato il Medio Oriente». La strategia di Larijani è opposta rispetto a Zarif: «Dobbiamo dire ai Paesi della regione di liberarsi dall'influenza di americani e sionisti, siamo noi i loro fratelli perché abbiamo l'unico Profeta e l'unica fede».

L'Iran deve ambire ad essere il Paese-leader dell'area, senza concessioni agli avversari. Hossein Naghavi, portavoce del comitato parlamentare sulla Sicurezza, ritiene che Zarif sia «solo un diplomatico» e come tale «non deve occuparsi della sicurezza». È la tesi del quotidiano conservatore «Kayhan» mentre il settimanale riformista «Aseman» difende Zarif paragonandolo a all'"«eroe» Mohammad Mossadegh, l'ex premier rovesciato da un golpe ispirato dagli Usa nel 1953. «Zarif è l'alter-ego di Mossadegh» ha scritto «Aseman» perché «interpreta il desiderio degli iraniani di veder risolvere i problemi dai politici, non dai militari».

La strategia dei conservatori è sconfiggere Zarif per impedirgli di ostacolare un establishment militare che continua ad alzare il profilo, come dimostra l'invio nell'Atlantico di due navi da guerra - il caccia Salaban e la portaelicotteri Khark - per dimostrare di saper operare a ridosso delle coste americane. In realtà Zariff non persegue l'indebolimento dell'Iran bensì ha una visione della supremazia regionale basata più sulla politica che sulle armi. Ma gli altri ministri riformisti di Rohani hanno pochi strumenti per difenderlo. Ali Tayebnia e Nijan Namdar Zanganeh, titolari di Economia e Petrolio, non possono duellare con veterani della sicurezza come Jafari e Safavi.

Khamenei, leader dei conservatori, gioca invece una delicata partita: da un lato ha consentito l'accordo di Ginevra sul nucleare ma dall'altro, con il fidato Velayati, ha fermato quello sulla Siria. D'altra parte alle spalle di Khamenei c'è l'ultraconservatore Mohammed Yazdi che tuona: «Se Rohani e i suoi perseguiranno politiche ostili all'Islam saremo noi a occuparcene». Ovvero, se Khamenei non riesce a frenare Rohani e Zarif, potrebbe essere un altro ayatollah a farlo.

 

 

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