
SCAZZO TV FRA DI PIETRO E COLOMBO SU RIINA DALLA BERLINGUER: “CARO ANTONIO, TI RICORDAVO DIVERSO”, “NON E’ VERO GHERARDO, LITIGAVAMO ANCHE AI TEMPI DI MANI PULITE. POI ARRIVAVA DAVIGO E DAVA TORTO A TUTT’E DUE” (VIDEO) – CHIOSA FILIPPO FACCI: "ANDAVANO D’ACCORDO SOLO PER INCOLPARE IL BERLUSCONI..."
Filippo Facci per Libero Quotidiano
Che cosa li teneva insieme, all' epoca? Magari la scena l' avete vista, l' altra sera: Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo che battibeccano in tv a "Cartabianca" su Raitre (l' argomento non conta) con Di Pietro a ricordare che in realtà "litigavano anche allora" (durante Mani pulite) e che a fare da paciere era uno come Piercamillo Davigo, figurarsi.
Bene, come non intravederci una metafora di Mani pulite? Meglio: come non chiedersi che cosa unisse personaggi così diversi, se non una cieca determinazione nel puntare l' avversario attraverso quelle guerre lampo che Francesco Saverio Borrelli, il capo della procura, definiva "Blitzkrieg"? Avversario che, dapprima, poteva essere Craxi e il Psi, poi l' intera Dc che si sciolse assieme ai vecchi partiti, poi imprenditori selezionati modello Gardini, infine e soprattutto Silvio Berlusconi.
tribunale di milano mani pulite
Lo schema può sembrare tirato per i capelli, ma a vedere quei due tizi canuti e spazientiti che bisticciavano, l' altra sera, veniva proprio da chiederselo: potrebbero mai lavorare insieme, due così? Che cosa potrebbe unirli? Che cosa li teneva insieme? La risposta risiede nella più formidabile coalizione che l' Italia del Dopoguerra possa ricordare: quella contro Berlusconi.
Per il resto, agli albori di Mani pulite, nel 1992, il primo ad avere dubbi su Di Pietro fu proprio Gherardo Colombo, archetipo dell' intellettuale appartenente a una sinistra esistenziale in cui i migliori dovessero sbaragliare prima o poi i peggiori. Era, lui, quello dello scandalo dei fondi neri Iri e della P2, svagato, i jeans stinti, la Lacoste, le scarpe da vela consumate, la pipa e poi le sigarette, il circolo Società civile, oltre a una fisiologica repulsione per i magistrati traffichini e invischiati col potere: chiaro che Di Pietro non gli piaceva.
All' alba di Mani pulite, Colombo non voleva saperne di Di Pietro, no: il molisano aveva la fama che aveva e comunque sperava che gli potessero affiancare Piercamillo Davigo, che aveva già conosciuto. Borrelli, dapprima, preferì Colombo anche per controllare meglio Di Pietro, per quanto Colombo, appunto, si fosse mostrato perplesso. Di Pietro aveva ricambiato i dubbi, peraltro.
Ma Davigo, tempo un paio di mesi, arriverà lo stesso, e troveranno un accordo come Di Pietro annoterà in un suo libro: «Io andavo da Davigo o da Colombo e segnalavo un' operazione che mi puzzava. "Vedi che cosa è successo qui? Questo secondo me è un reato di porcata... Cari Davigo e Colombo, dicevo, cavoli vostri, entro domattina trovate una soluzione che dal punto di vista giuridico non faccia una piega, perchè devo procedere"».
Voglio metterlo dentro: il modo trovatelo voi. Sta di fatto che Colombo potè occuparsi in prevalenza di quelle rogatorie internazionali che tanto l' appassionavano, ma non solo: il suo ruolo sarà essenziale nello stilare la legislazione materiale di Mani pulite, quel rito ambrosiano fatto di carcere facile, libertà per chi confessa e incolpa altri, patteggiamenti come regola, verbali utilizzati come fonti di prova, benedizione di un nuovo Codice ormai ridotto a brandelli e contro il quale, non a caso, sia lui che Davigo dapprima si erano detti contrari.
Insomma, si divisero i ruoli. Davigo, finché furono previste, perdette tutto il suo tempo a stilare richieste di autorizzazione a procedere per parlamentari. Quando il Parlamento tentò di varare il decreto Biondi per limitare le carcerazioni (estate 1994) Colombo fu in prima fila nel redigere il documento che poi Di Pietro, il testimonial ufficiale del gruppo, lesse davanti alle telecamere. Poi finì come finì: la sinistra venne recepita come "salvata", la missione salvifica dei magistrati milanesi si riversò a collo di bottiglia verso quel Silvio Berlusconi verso cui tanti italiani (molti più del previsto) avevano deciso di riporre nuove speranze.
Per dirla con Di Pietro: l' acqua non arrivò più al mulino. E l' acqua era il carcere, l' uso smodato del carcere come strumento d' indagine. Mani pulite finì: e i caratteri, le velleità e le differenze tornarono a stagliarsi. Di Pietro col suo giro politico dell' oca, le sue ambiguità che in breve gli bruciarono quasi tutti i consensi. Colombo e Davigo a ricominciare da dov' erano rimasti, ma dall' alto di un potere togato incredibilmente accresciuto. Le carriere si divisero. Solo l' avversario rimase identico.