SE IN MEDIORIENTE SI FA LA PACE, È MERITO DELL’INTELLIGENCE – L’ARCHITETTO DELLE TRATTATIVE È IL CAPO DELLA CIA, WILLIAM BURNS, DETTO “BURNS D’ARABIA” PER LA SUA ESPERIENZA NELL’AREA: È STATO LUI, INSIEME AL NUMERO UNO DEL MOSSAD, DAVID BARNEA, ALL’OMOLOGO EGIZIANO ABBAS KAMEL E A QUEI PARAGURU DEI QATARINI, AD ACCHITTARE LA PROPOSTA DI CESSATE IL FUOCO – L’ANNUNCIO DI BIDEN È PREMATURO? È STATA UNA FORZATURA PER METTERE ALL’ANGOLO NETANYAHU. ORA LA PALLA (COME SEMPRE) È IN MANO AI TERRORISTI DI HAMAS…
Estratto dell’articolo di Sara Miglionico per “il Messaggero”
A Washington la chiamano ormai «diplomazia dell'intelligence», perché a portare avanti l'offensiva per la pace del presidente Biden è il capo della Cia, William Burns detto "Burns d'Arabia".
Grande la sua esperienza di Medio Oriente a cominciare da quando lavorava come diplomatico junior nel 1983 all'Ambasciata Usa in Giordania, fino alla dozzina di missioni (quelle di cui si sa ufficialmente) compiute finora nella regione per mettere a punto un accordo di tregua e rilascio degli ostaggi tra Israele e Hamas.
Raccontano che nei momenti cruciali Burns è capace di parlare arabo. Ed è consapevole della difficoltà dell'impresa. «Onestamente, non posso dire che sicuramente ci riuscirò», ha confessato a Dallas alla metà di aprile. «Ma se fallirò, non sarà certo per non averci provato abbastanza. E so che in ogni caso le alternative sono peggiori».
[…] Tutto è cominciato, secondo la ricostruzione del Wall Street Journal, con la creazione lo scorso ottobre di una cellula segreta per i negoziati composta da Burns, dal capo del Mossad David Barnea, dal responsabile dell'intelligence egiziana Abbas Kamel e dal primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdul Rahman al-Thani. È stato proprio il "Quartetto" a trovare la quadra per il primo accordo che ha portato allo scambio di 100 ostaggi israeliani con 240 detenuti palestinesi, e una tregua di una settimana. Da allora, i "magnifici 4" hanno continuato a incontrarsi.
Mohammed bin Abdul Rahman al-Thani
In particolare, lo scorso gennaio a Parigi, per rimettere sui binari un dialogo che era diventato problematico. A marzo, una bozza di compromesso era già in visione ai capi di Hamas nella Striscia, Sinwar e Deif, così come sul tavolo del Gabinetto di guerra di Tel Aviv. Ai primi di maggio sembrava che l'intesa fosse definita e Burns ha fatto la spola tra le capitali mediorientali per raccogliere gli ultimi desiderata.
Il punto cruciale è sempre lo stesso: Hamas vuole la fine del conflitto e, di conseguenza, la possibilità di restare al governo di Gaza, mentre Israele preferisce parlare di «pausa umanitaria» e di «cessate il fuoco provvisorio», mantenendo come obiettivo la distruzione totale di Hamas, militare e politica.
[…] In realtà, è lo stesso nodo che sembra non essere stato sciolto neppure con l'annuncio di Biden, che appare un po' come […] una forzatura […] per mettere fine a una guerra che non conviene più a nessuno.
Parallelamente, esistono però altre due trattative. La prima riguarda gli alleati Israele e Stati Uniti, e si concentra su cosa si debba intendere per "linea rossa" che secondo Biden l'esercito israeliano non deve superare. Stando a un retroscena del New York Times, gli americani avrebbero ottenuto che Israele rinunciasse a inviare due divisioni a Rafah, il che avrebbe comportato un numero esorbitante di vittime civili, e optasse invece per sigillare il confine tra Gaza e l'Egitto, affidandosi poi a raid mirati. In pratica, è quello che Israele sta facendo. Non a caso, nei giorni scorsi l'amministrazione Biden ha dichiarato pubblicamente che Tel Aviv non aveva «superato la linea rossa». […]
valico di kerem shalom foto di micol flammini 1
L'altro negoziato riguarda invece la riapertura del valico di Kerem Shalom fra la Striscia e l'Egitto, controllato oggi dagli israeliani dalla parte di Gaza, per riattivare il flusso di aiuti verso l'enclave palestinese. I tre fronti del negoziato - la tregua in cambio degli ostaggi, la "linea rossa" militare di Israele e gli aiuti a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom - sono fra loro intrecciati.
E l'ostacolo, ancora una volta, è rappresentato dalle divisioni interne ai due schieramenti. I leader di Hamas in Qatar contano ormai poco rispetto alla decisione finale che deve prendere Sinwar […], così come Netanyahu deve bilanciare le pressioni dell'estrema destra di governo […] e quelle dell'opposizione, della diaspora americana e del movimento dei familiari degli ostaggi […].
MOHAMMED DEIFvalico di kerem shalom foto di micol flammini MOHAMMED DEIFDAVID BARNEA sinwar hamas gazaYahya Sinwar in fuga nei tunnel di hamas BENJAMIN NETANYAHU DAVID BARNEAWilliam Burns