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SALVINI, GRANDE LEADER DI CONDOMINIO - SE RENZI PIANGE, LA LEGA NON RIDE: IL CARROCCIO HA PRESO SCOPPOLE OVUNQUE - LA SPINTA POPULISTA NON E’ BASTATA PER PRENDERE MILANO E TENERE LA ROCCAFORTE VARESE - I LEGHISTI MENEGHINI SI LAMENTANO: “SALVINI IN CITTA’ SI E’ VISTO POCO”
Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Varese, la culla leghista, è persa. Milano, persa. Bologna, persa. Lui, Matteo Salvini, cerca di consolarsi: «Appare evidente è che i cittadini non credono più in Renzi». Eppure, che la giornata non sarebbe stata buona, già si sapeva: per la prima volta via Bellerio, il quartier generale acquistato nel 1993, rimane chiuso durante una notte elettorale.
A consolare, resta soltanto Novara. E poi, Trieste e Grosseto, dove il centrodestra conquista il sindaco. Lui si stringe nelle spalle: «Chi sbaglia paga. Evidentemente abbiamo sbagliato...».
Il piatto piange. La dura legge del voto segna la distanza tra le aspettative e la realtà, e Salvini questa distanza è costretto a misurarla tutta. Le Amministrative 2016 per la Lega sono state una secchiata d' acqua gelida. E ad uscirne ridimensionato è soprattutto il sogno di un blocco populista capace di risultare determinante. Anche se, sulla scelta di Stefano Parisi come candidato a Milano, Salvini manifesta qualche dubbio: «Ci avevano detto che era necessario avere un candidato moderato, che rassicurasse. Ma abbiamo visto che nelle periferie è mancata la spinta».
Un Parisi che, proprio perché sconfitto, è più libero di giocarsi una partita nazionale nel centrodestra di domani? Salvini tira il freno: «Già basta aver perso, mi sembra sufficiente...». Salvini ammette il disappunto per la sua città: «Mi fa male per Milano soprattutto per quei 500mila milanesi che non hanno trovato tre minuti per andare a votare».
E dunque, da dove ripartire? Dall' appuntamento di sabato prossimo: «Noi sabato come centrodestra che sarà ci ritroveremo a Parma. Sul palco non ci saranno i politici, ma professori universitari per dare idee a un centrodestra in ordine sparso». Di una cosa Salvini resta convinto: «Il centrodestra faccia il centrodestra guardando avanti, non rimpiangendo il tempo che fu».
Di scarsa consolazione è per il capo leghista l' aver fatto risuonare per tutta la campagna elettorale il suo «Sempre contro Matteo Renzi», e l' endorsement per Virginia Raggi è difficile da celebrare come un successo. Certo, la vittoria di Giachetti per la Lega avrebbe trasformato il voto romano in una Caporetto, senza neppure l' elezione di un consigliere in Campidoglio. Resta il fatto che il 2,6% al primo turno nella Capitale, dove la visibilità è stata tutt' altro che scarsa, non è un successo.
Su Bologna, la Lega ha sempre puntato. Già in epoca bossiana era il confine meridionale su cui sfondare. Lucia Borgonzoni ha fatto il suo, è arrivata al ballottaggio ed è andata anche al di là delle attese. Ma, anche qui, la strada da percorrere è ancora lunga. Da rivedere, soprattutto, il sogno più controverso, quello di uno sbarco al Sud: per la Lega come movimento nazionale c' è ancora molto da lavorare. Torna alla mente il nenniano «piazze piene, urne vuote»: in Calabria, a Rossano, in migliaia erano accorsi in piazza per vedere Salvini, lo strano animale padano. Nelle urne, però, i voti sono stati soltanto 242, l' 1,16%.
Ma il buco nero forse è stato proprio Milano. Tra i leghisti, il malumore è tangibile, pochissimi si fanno vedere all' hotel Marriott dove Parisi attende l' esito delle urne. «Ci è mancato il bomber», dicono. Il riferimento è all' enigmatica campagna elettorale di Salvini: «È sempre stato da un' altra parte» brontola qualcuno. Nella sua città, fatti i conti, Salvini si è davvero visto pochino, giusto qualche mercato. Lo ha incontrato poco lo stesso Parisi. Ma non se ne è lamentato, lui è stato ben attento a distinguere il proprio profilo da quello dei leghisti.