SE LE RIFORME SONO GRATIS, ALLA POLITICA NON CONVENGONO - CASSESE SPIEGA CON MOLTA CHIAREZZA PERCHÉ IN ITALIA PER APRIRE UNA GELATERIA SONO NECESSARI FINO A 73 ADEMPIMENTI CON 26 ENTI DIVERSI, O PERCHÉ I 6 MILIARDI DEL CONTRATTO CON L'ANAS DOVEVANO ESSERE EROGATI ENTRO 90 GIORNI E NE SONO PASSATI PIÙ DI 900. NONOSTANTE LE BELLE PAROLE DI CONTE SULLA RIDUZIONE DELLA BUROCRAZIA, NESSUNO FA MOSSE CONCRETE. E C'È UN MOTIVO…
Sabino Cassese per il “Corriere della Sera”
Per aprire una gelateria, sono necessari fino a 73 adempimenti, con 26 enti diversi, e un costo di 13 mila euro, secondo una accurata ricerca svolta dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa. I sei miliardi del contratto di programma con l'Anas dovevano esser erogati entro 90 giorni. Ne sono passati più di 900.
E tutto ciò senza che la procedura abbia superato gli scogli del Cipe, dei diversi ministeri, della Corte dei conti, dei pareri parlamentari. L'elenco degli interventi necessari ed urgenti è noto: accelerare i pagamenti dell'amministrazione, ridurre il numero delle stazioni appaltanti, abbreviare i tempi delle valutazioni ambientali, non scaricare sui cittadini l'onere di raccogliere da un'amministrazione certificati da esibire a un'altra amministrazione, modificare le norme sul subappalto, e così via.
Sono riforme che presentano due paradossi. Non hanno costi, ma ciononostante non si fanno. Allevierebbero le tensioni prodotte dalle mancate riforme costituzionali, a cui ci si è dedicati per quaranta anni senza successo: in assenza della modernizzazione dei «rami alti», modernizzare almeno i «rami bassi» (un inglese ha scritto una volta che un Paese ben amministrato è ben «costituito»).
Queste riforme non richiederebbero referendum, sono reclamate a gran voce tutti i giorni, ma senza successo. Il problema della modernizzazione dello Stato è affrontato dal «programma nazionale di riforma», presentato in Parlamento dal presidente del Consiglio dei ministri e dal ministro dell'Economia e delle Finanze l'8 luglio scorso.
Vi si può leggere che «modernizzare il Paese significa innanzitutto disporre di una pubblica amministrazione efficiente, digitalizzata, sburocratizzata, veramente al servizio dei cittadini». Bei propositi, seguiti purtroppo da ben poco: semplificazione, sblocco delle opere pubbliche, digitalizzazione, nuove assunzioni, regolamento per gli appalti. Anche su questi pochi obiettivi, non una parola su tempi, strumenti, responsabili. Nulla su come dare nuovo impulso alla macchina dello Stato, come scegliere i migliori per la funzione pubblica, come motivare il personale, come riorganizzare i metodi di lavoro, come ridare dignità alla dirigenza.
Come si spiega questa contraddizione per cui tutti invocano una migliore macchina statale, ma nessuno vi pone mano, anche se non vi sono costi? Il primo motivo riguarda il governo: le riforme necessarie non costano, ma non rendono alla politica. Richiedono tempo per essere attuate e producono risultati sul medio-lungo periodo, un arco temporale che va al di là degli obiettivi di qualunque politico di oggi. Paradossalmente, chi vi ci si dedicasse, lavorerebbe per i propri successori (e semmai competitori).
Il secondo coinvolge il Parlamento, un organo che pensa di risolvere problemi complicati con la bacchetta magica della legge, mentre un migliore rendimento dello Stato è semmai legato a un minore numero di leggi, e a leggi di principio piuttosto che di dettaglio.
Il terzo riguarda il deficit di competenza, legato a un carente addestramento della classe politica, ma anche a disattenzione dei grandi centri di rilevazione dei dati. Ad esempio, perché la Ragioneria generale dello Stato, che meritoriamente raccoglie da un secolo le statistiche sul pubblico impiego, non ci dice quanti sono coloro che sono entrati per concorso e quanti per altri «meriti», qual è la qualificazione dei dipendenti pubblici, quanti sono i dipendenti degli organismi satelliti di Stato, Regioni e Comuni? Perché l'Istat, che pure aveva avviato la redazione di un annuario statistico della pubblica amministrazione, non ha continuato a impegnarsi nel settore?
La disattenzione per il buon funzionamento dello Stato dipende però anche dall'opinione pubblica, distratta dal «balletto della politica» e poco informata dai «media» su ciò che accade e su ciò che non accade nelle stanze del potere burocratico. Buoni ultimi, sono causa della disattenzione per le riforme che non costano anche coloro che ne beneficerebbero, i burocrati, ogni giorno accusati di impedire la modernizzazione del Paese, ma adagiati nel «tran tran» quotidiano, e quasi afoni, mentre dovrebbero far sentire la loro voce competente sulle grandi questioni quotidiane.
Alcuni, purtroppo, parlano in altra veste, quella sindacale, ma per difendere diritti (o pretesi diritti, come quello di esser assunti senza concorso), non per far valere doveri verso la collettività, operando quindi come forza di conservazione, non di modernizzazione del Paese.