MONTI FINTI TONTI - MENTRE SI SBILANCIA SULLA RICONFERMA DI OBAMA, MERKEL E SARKO, SUPERMARIO UNA SCELTA L’HA GIA’ FATTO: L’EUROPA - ANCHE SE CASINI, VELTRONI E IL BANANA, CON I SONDAGGI IN DISCESA LIBERA, LO TIRANO PER IL LODEN PER CONVINCERLO A FARE IL CANDIDATO PREMIER NEL 2013 - L'APERTURA DEL POMPETTA A UN GOVERNO DI LARGHE INTESE LO RIGUARDA ECCOME, MA GLI IMPEDIREBBE DI ESSERE “IL” CANDIDATO AL QUIRINALE…

Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"

I leader mondiali che hanno gestito la stagione della grande crisi, a suo parere governeranno anche la fase della ripresa: secondo Monti, infatti, dopo le presidenziali negli Stati Uniti e in Francia, Obama sarà ancora alla Casa Bianca, Sarkozy all'Eliseo, e l'anno prossimo la cancelliera Merkel resterà alla guida della Germania, «magari con una maggioranza diversa» rispetto a quella attuale.

C'è un motivo se il premier italiano predice il futuro degli altri ma non il suo. Non perché sia davvero convinto che la sua esperienza politica si chiuderà nel 2013, o perché sia infastidito dagli endorsement di Casini, Veltroni e ora di Berlusconi. Ma perché teme che una sola parola fuori posto sull'argomento possa «generare anticorpi» tali da mettere in difficoltà l'azione del governo.

Così un presidente del Consiglio pronto a dilungarsi sui prossimi equilibri internazionali - l'ha fatto anche la scorsa settimana a pranzo con Berlusconi - diventa reticente quando gli interlocutori provano a sondarlo sugli scenari nazionali. Fin dall'inizio del suo mandato ha adottato questa linea, e ieri ha avuto la riprova di quanto fragili siano gli equilibri su cui governa. È bastato che nell'intervista a Bloomberg definisse «improbabile» una sua permanenza a palazzo Chigi dopo il 2013 «se il mio esecutivo avrà fatto bene», che dal Pd la Bindi ha dato subito una scadenza al gabinetto dei tecnici, avvertendo che «Monti non deve commissariare la politica».

È questo il motivo per cui il premier, a più riprese, ha esortato i ministri ad astenersi da iniziative politiche che potrebbero destabilizzare la «strana maggioranza» in Parlamento: «Il governo ha compiti limitati, e ciò nonostante difficilissimi. Questo compito riusciremo a svolgerlo se osserveremo una certa distanza rispetto ai partiti». Nei giorni in cui scoppiò la polemica sul diritto di cittadinanza agli immigrati nati in Italia, per esempio, fu duro e determinato nel voler chiudere immediatamente la vertenza.

Ne spiegò le ragioni a Matrix, in un passaggio dell'intervista televisiva che non venne colto a pieno: «Se, per soddisfare la coscienza dei membri dell'esecutivo che hanno delle opinioni su questi temi, noi entrassimo nell'agone del dibattito, ci potremmo anche sentire più contenti. Ma così renderemmo più difficile l'appoggio della parte più larga possibile del Parlamento agli sforzi del governo».

Di qui il decalogo stilato da Monti, che ha imposto l'embargo ai ministri sulle questioni di bioetica, legge elettorale, riforme costituzionali. «Sono temi controversi», ha spiegato il premier: «E io sono prontissimo a essere controverso sui temi del risanamento economico. Su altri temi, importantissimi ma non essenziali in questa fase, assisto più volentieri a un dibattito, senza condizionarlo, per evitare riflessi negativi sulla stabilità di governo».

Ecco la chiave per decrittare il silenzio di Monti, che non va affatto interpretato come una manifestazione di disinteresse. Il capo del governo - che parla del futuro di Obama, Sarkozy e Merkel - vuole «assistere», senza farsi coinvolgere, al «dibattito» politico nazionale che giocoforza lo riguarda. E l'apertura del Cavaliere a un governo di larghe intese per il 2013 lo riguarda eccome, si riflette tanto sulla corsa per Palazzo Chigi quanto per quella al Quirinale.

È chiaro l'obiettivo di Berlusconi, che si propone come l'alfa e l'omega del bipolarismo, e che dopo essere stato protagonista della Seconda Repubblica vorrebbe diventare il regista della Terza, assai simile nel modello alla Prima. La sua sortita non è estemporanea.

C'è traccia di discussioni approfondite avvenute con le persone più fidate, a partire da Confalonieri, che nei suoi ragionamenti - a fronte della «balcanizzazione della politica» - teorizza nuove formule, simili alla Grosse Koalition tedesca «ma più lasche». Secondo il patron di Mediaset, se è vero che «Monti serve per compattare il Paese», e se è vero che «si vuole ridare uno standing all'Italia», è necessario «un certo sincretismo, con politici che facciano anche i tecnici e i tecnici che facciano anche i politici».

Berlusconi ha tradotto tutto in una mossa spregiudicata, che al momento appare solo tattica, ma che ha provocato un effetto domino nel Palazzo: evocando l'ipotesi delle larghe intese dopo il 2013, ha riconosciuto di fatto che la «maggioranza» su cui si regge il governo Monti è politica.

Come in una regata, ha imposto a Bersani di strambare, è andato a navigare sul campo di Casini per tentare di coprirne le vele e disarticolare il Terzo polo, vista la reazione del Fli. Poco gli importa aver posto all'angolo Alfano e aver messo all'incanto il Pdl, lasciando intravvedere una possibile rottura con l'area degli ex An. Il Cavaliere gioca per sé e (all'apparenza) anche per Monti. Il professore si limita a dare per vincenti «Obama, Merkel e Sarkozy»: per il resto vede, sente ma di sé non parla.

 

MARIO MONTI SILVIO BERLUSCONIPIER FERDINANDO CASINI VALTER VELTRONImanuel barroso

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