SINISTRATI IN LAGUNA - LA VITTORIA DI CASSON SCATENA UN PUTIFERIO: CACCIARI ATTACCA L’EX PM (APPOGGERÀ IL CANDIDATO DI CENTRODESTRA?) - CIVATI INFILZA RENZI: “CASSON DIMOSTRA CHE I GUFI SANNO VINCERE”
1. CACCIARI ATTACCA CASSON
Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
Il giorno dopo la vittoria, arriva il sigillo più importante per Felice Casson: cioè la telefonata di auguri di Matteo Renzi, rimasto in silenzio per tutta la campagna per le primarie veneziane del centrosinistra e però considerato vicino all’altro candidato, il giornalista Nicola Pellicani, arrivato secondo. «Mi ha assicurato che il partito lavorerà unito insieme al sottoscritto», assicura il senatore civatiano. «Casson è l’uomo giusto per la guida della città, onesto e trasparente », commenta invece la candidata presidente del Veneto per il centrosinistra, Alessandra Moretti.
Auguri e pacche sulle spalle per l’ex magistrato, che ha vinto con il 55 per cento delel preferenze, anche dai due avversari, che confermano il proprio impegno per vincere le elezioni del 31 maggio. «L’esito elettorale di ieri nulla toglie alla ricchezza e alla vitalità dell’esperienza politica cui abbiamo dato vita: un patrimonio irrinunciabile per la città, che deve continuare ad essere valorizzato in un confronto reale, di merito, sui problemi e le sfide che ci attendono », dice Pellicani. Stesso ragionamento per Jacopo Molina, «complimenti a Casson, ora andiamo avanti con lui».
Ma felicitazioni a parte, è il giorno dell’ira per Massimo Cacciari, sindaco di Venezia per tre legislature e «grande elettore» di Pellicani. Con Casson l’inimicizia è una storia lunga più di dieci anni. Nel 2005 andarono al ballottaggio l’uno contro l’altro e vinse proprio Cacciari («cioè la destra», commentò allora l’avversario). Oggi il filosofo non si trattiene: «La sacrosanta indignazione per gli scandalosi episodi di corruzione emersi l’anno scorso e connessi anche alla operazione del Mose hanno travolto ogni capacità di analisi e di distinzione».
Continua Cacciari: «Si è fatto un unico mucchio di vicende completamente diverse come quelle dell’ex sindaco Orsoni, dei Galan e dei Chisso. Ancora peggio ci si è messo di mezzo l’ultra ventennale vita di un’amministrazione che con me si era sempre opposta, in tutte le sedi, proprio a quella operazione ». Il ragionamento è, in sostanza, che Casson e i suoi sostenitori abbiano fatto di tutta l’erba un fascio. «Al grido «facciamo pulizia» si è scatenato ogni tipo di pulsione palingenetica e tutto questo ha impedito che si apprezzassero la serietà, l’impegno, la competenza, il rigore programmatico di Pellicani, unica vera novità dell’offerta politica veneziana».
A dire il vero non solo Casson ma anche Molina (renziano pure lui) aveva utilizzato parole molto dure contro Cacciari, invitato ad «andare in pensione» e a «farsi un giro ai giardinetti». Mentre la linea adottata dal senatore in campagna elettorale era stata quella del low profile: pochi attacchi diretti agli avversari, quanto piuttosto a un generico «sistema» e «apparato». Incarnati, ovviamente, dal dominus della politica veneziana: Cacciari. Senza mai nominarlo, però. Adesso qualcuno arriva a ipotizzare un impegno dell’ex sindaco a favore dell’esponente di centrodestra vicino a Confindustria, Luigi Brugnaro. Fantapolitica o una nuova guerra fraticida un decennio dopo? Chissà.
2. CIVATI: CASSON DIMOSTRA CHE I GUFI SANNO VINCERE
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Pippo Civati è contento perché le primarie di Venezia non le ha vinte un renziano, ma il «gufo» Felice Casson. Un successo che il più tenace oppositore del premier legge su scala nazionale: «Non è detto che per vincere ci si debba sempre alleare con la destra».
Casson sarà sindaco?
«Lo spero di cuore, è patrimonio di tutto il centrosinistra e sarebbe una buona soluzione per Venezia. Dal Partito democratico nazionale Felice è considerato un gufo, ma ‘sti gufi vedono nel buio».
Pensa ci sia spazio per qualcosa di nuovo a sinistra?
«Si dice che la sinistra è nostalgica, che non ha nomi spendibili. Invece Venezia dimostra che i cittadini, quando possono scegliere, alcune volte scelgono Renzi e altre no».
Per questo volete le preferenze?
«Sulla legge elettorale sarà un duello western, ma mettere un po’ più di preferenze non basta. E se Renzi non prende in considerazione il Senato elettivo, la riforma costituzionale se la approvano lui e Denis Verdini. L’opposizione va organizzata su posizioni che abbiano un senso».
È un appello a Pier Luigi Bersani?
«Se passa un sistema completamente sbilanciato la responsabilità è di tutti, non solo della minoranza del Pd. Se lo avessero fatto gli altri saremmo tutti i giorni a protestare a San Giovanni... Chi parla di svolta autoritaria e vuole essere credibile dovrebbe pensarci prima di arrivare in aula, sennò si spacca il Pd. O c’è un fronte critico e ragionevole che riesce a spiegarsi con Renzi o si va allo scontro finale».
Lei non teme altre sconfitte?
«Renzi è abilissimo a torturare i dissidenti. Chi accetta il suo disegno e va avanti con le tattiche strumentali non protesti, chi invece vuole protestare bene si organizzi prima, con una posizione chiara. Per essere efficace una opposizione deve manifestarsi prima, non ci si può dividere in mille pezzi quando si arriva in Aula».
Sulla Costituzione siete andati in ordine sparso.
«Se io fossi Renzi sognerei una opposizione così. Nella minoranza c’è chi ha votato tutto l’articolato, per poi interrogarsi sul voto finale».
Matteo Renzi davanti ad una foto di Maurizio Landini,
Se l’assemblea del 21 con Bersani non salta, nascerà il correntone anti renziano?
«C’è cautela, non so se si farà. A me fa piacere se condividiamo un giudizio sulle riforme, ma non mi va di fare fronti anti Renzi e non so se ad oggi siamo così uniti, visto che dentro l’area bersaniana ci sono accenti diversi. Speranza è contro Landini, D’Attorre apre, Fassina è ancora più radicale...».
Andrà con Landini?
«È presto, anche Landini deve chiarire fin dove vuole arrivare. Non sono tra gli organizzatori, ma penso si debba trovare una risposta politica alla coalizione sociale. Invece vedo tante gelosie a sinistra».
E la scissione?
«La parola giusta è diaspora. E in Liguria e Sicilia comincia ad avere le proporzioni di un esodo».