‘’SONO TROPPO SESSUATO PER ESSERE MONOGAMO” - GIORNO DOPO GIORNO, LA GELOSIA DI CLARETTA SI GONFIA E DALLA STAGIONE DELLA PASSIONE, BENITO ERA PASSATO A QUELLA DEL MANROVESCIO: ‘’VI SONO DECINE DI DONNE NELLA MIA VITA CHE IO HO PRESO UNA VOLTA SOLA E POI NON HO PIÙ RIVEDUTO. QUESTA SIGNORA’’, SPIEGÒ A CLARETTA A PROPOSITO DEL VELOCE AMPLESSO CONSUMATO CON UNA GENTILDONNA TORINESE RICEVUTA IN UDIENZA PRIVATA, “NON LA RIVEDRÒ MAI PIÙ. PIUTTOSTO ME LO TAGLIO..."
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Mirella Serri, “Claretta l’hitleriana. Storia della donna che non morì per amore di Mussolini”, Longanesi - Estratto
Amore e manrovesci
Claretta, come conseguenza del malumore e del momento di incertezza politica (gennaio-febbraio 1938) che Ben stava attraversando, vide andare in pezzi l’armonia del 1937 e dei mesi in cui era aumentata la sua vicinanza al « Fondatore dell’Impero » ed era cresciuto, in parallelo a quello di amante, il suo ruolo di amica e di confidente…
Dalla stagione della passione Ben era passato a quella della violenza fisica. Al primo inaspettato manrovescio, Clara avvert?` un ronzio confuso nel timpano destro... Mussolini l’aveva colpita con forza sull’orecchio e Clara temette di essersi giocata l’organo dell’udito. «Si esalta e fa una scena tremenda, dando dei colpi alla sedia, calci ai giornali, dicendo parole tremende che non trascrivo… E’ una furia scatenata senza più freni. Mi spavento e mi viene da piangere. Non riesco a calmarlo», scrisse sul diario la Petacci.
Benito Mussolini Claretta Petacci
Erano nel bel mezzo di un litigio che saliva come una marea. «Si monta, si sfoga. Vado via piangendo, lui dice che vuole andare a casa che é tardi... non mi vuoi più, io muoio, cado svenuta, non so più nulla.»
Per via del ceffone ricevuto in piena faccia, piombando a terra aveva preso un gran colpo e un rivolo di sangue le uscì dalla narice destra. « Ti riempirei di calci », le grido`. La trascinò per un braccio per estrometterla dal loro nido d’amore... «Grida, mi offende, ansima, passeggia, è fuori di sé », annotò Clara che fu accompagnata a strattoni alla porta mentre il suo amante urlava: « Devo lavorare, ho da lavorare, non sono un garzone di bottega ».
La bella (gelosa) e la bestia
Nonostante i buoni propositi di moderazione nelle scenate di gelosia, Clara in ogni tradimento di Ben vedeva una trappola, un possibile attentato al loro rapporto, che per lei era come un abito sontuoso il cui tessuto di volta in volta veniva lacerato da uno strappo.
« Vi sono decine di donne nella mia vita che io ho preso una volta sola e poi non ho più riveduto. Questa signora», spiegò contrito Ben a Clara a proposito del veloce amplesso consumato con una gentildonna torinese ricevuta in udienza privata, « non la rivedrò mai più. Piuttosto me lo taglio. … Io sono una bestia che non ragiona. Se tu mi vuoi lasciare, se non mi vuoi perdonare, dimmelo... ma credi alla mia parola... ho torto, ho torto... ma voglio essere creduto.»
Le proteste di Clara erano violente e Ben ripeteva in un leitmotiv: «Sono troppo sessuato per essere monogamo». Bastavano pochi giorni, la « bestia » che era in lui lo aggrediva e lui ripiombava nei suoi soliti errori.
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